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domenica 23 dicembre 2007

Una buona notizia: l'ONU ha approvato la mozione per la moratoria della pena di morte


Hola carissim*,
ogni tanto una bella notizia, che ce ne era proprio bisogno: settimana scorsa l'Assemblea dell'ONU ha approvato la moratoria della pena di morte; 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti, un risultato migliore di quanto ci si aspettasse. E' solo un primo passo, ma importante e soprattutto di buon augurio per l'anno che viene.
Ma siccome noi non ci accontentiamo mai, ora puntiamo ad altre moratorie: quella assoluta delle guerre e quello degli omicidi sul lavoro (che ancora qualcuno chiama incidenti...); in merito a ciò vi rigiro i commenti di Enrico Peyretti e Gabriele Polo.
Caire atque vale
Giuseppe


Il 18 dicembre l'Italia ha ottenuto dall'Assemblea dell'Onu la moratoria
delle esecuzioni delle sentenze di morte. Ottima cosa. Sara' rispettata? A
quando la moratoria effettiva - gia' dichiarata nel 1928 nel patto
Briand-Kellogg e poi nella Carta dell'Onu - della guerra? Le vittime della
guerra sono innocenti, non hanno neppure le colpe delle vittime dei
tribunali. Queste potrebbero dire, riguardo alle prime, le parole generose
di quel ladrone: "Noi riceviamo la giusta pena, lui invece non ha fatto
nulla di male". Oggi gli stati che accetteranno la moratoria tireranno giu'
il ladrone dalla croce, ma vi lasceranno l'innocente, oggi che la croce e'
la guerra tecnologica contro i popoli.
Enrico Peyretti

Ci son voluti più di duecentocinquant'anni perché i princìpi illustrati da Cesare Beccaria nel suo famoso libretto su delitti e pene assumessero la forma solenne del voto con cui l'Onu ha chiesto la fine del castigo mortale con cui gli stati si fanno boia. E ci sono voluti quasi sessant'anni per tradurre la dichiarazione dei diritti fondamentali degli uomini delle Nazioni unite in un atto che - almeno a livello di principio - garantisca il più elementare tra i diritti, quello all'esistenza, senza negare il dovere del giudizio morale e giuridico sulle azioni dei singoli individui. Ma nonostante questi ritardi bisogna salutare con gioia la moratoria votata ieri: un atto di civiltà che magari non eviterà nuovi delitti di stato mache ridà forza e dignità a un organismo internazionale troppo spesso svuotato e reso «innocuo». E, in tempi in cui la forza prevale sul diritto, non è poca cosa. Il voto di ieri è stato anche un successo del nostro governo. L'Italia, all'inizio, è stata tirata un po' per i capelli in questa avventura internazionale: in troppi dicevano che non sarebbe stato possibile, che gli Usa lo avrebbero impedito e che - in subordine - fare un dispetto all'amico americano sarebbe risultato sgradevole o inopportuno. Ma così non è stato e, alla fine, il governo di centrosinistra sulla moratoria si è molto impegnato. E di ciò gli va dato atto. Semmai stride un po' la contraddizione evidente tra quest'impegno per i diritti individuali a livello internazionale e l'incapacità di tradurla sul piano interno[...]Tuttavia non si può avere tutto nella vita e, per oggi, incassiamo il voto dell'Onu e la bella figura che ci facciamo dentro. Eppure in questa felice giornata c'è qualcosa che offusca la messa in mora della pena di morte. E' un'altra pena, quella della strage continua che avviene sui luoghi di lavoro. Lì di moratoria non si parla proprio: ieri cinque morti in poche ore, una media impressionante, che getta al vento tutti i pianti fatti dopo la strage di Torino, che sembra render vano ogni provvedimento in materia di sicurezza sul lavoro. Perché, in questo caso (e ancor di più che sulla pena di morte), nessun voto e nessun provvedimento giuridico può bastare senza prima rimettere il ruolo del lavoro e le condizioni dei lavoratori al centro dell'interesse comune. Con una svolta di 180 gradi rispetto alla mercificazione operata nell'ultimo ventennio. Una scelta politica da cui, poi, potrebbero venire le leggi, i contratti, gli stanziamenti per garantire al sicurezza sul lavoro. Cioè per pensare alla vita finché è ancora viva.
Gabriele Polo

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