C’è più ordine nell’individuo che in tutto lo stato. Lo stato comincia col saccheggiare l’individuo e poi gli impone un ordine approssimativo.
HERBERT ACHTERNBUSCH
Noi
siamo diversi, ma siamo uguali, ma siamo diversi, ma siamo uguali, ma siamo
diversi, ma siamo uguali…
NANNI MORETTI
Dovrò
rialzare la vasta vita
che ancora adesso è il tuo specchio:
ogni mattina dovrò ricostruirla.
Da quando ti allontanasti,
questi luoghi sono diventati vani
e senza senso, uguali
a lumi nel giorno.
Sere che furono nicchia della tua immagine,
musiche in cui sempre mi attendevi,
parole di quel tempo,
io dovrò frantumarle con le mie mani.
In quale profondità nasconderò la mia anima
perché non veda la tua assenza
che come un sole terribile, senza occaso,
brilla definitiva e spietata?
La tua assenza mi circonda
come la corda la gola
il mare chi sprofonda.
JORGE LUIS BORGES
Mi
batterò sempre affinché ogni diversità non diventi una disuguaglianza.
ANONIMO
…quel
vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti
dentro, cioè vivere.
FRANCESCO GUCCINI (e altri)
A
ciascuno secondo le sue necessità; da ciascuno secondo le sue possibilità.
KARL MARX
Il
giorno infonde ai laghi
il colore che investe il suo pallore.
Una perdita di contorni sorprende
il paesaggio e l’orizzonte sostiene
come una bandiera sconfitta l’opaca
inutilità della sua linea morta.
Il mio cuore rinunci a ogni cosa.
Sarò più ricco in tutto il mio io.
Ogni sospiro, ogni ala che passa
mi sottrae a me stesso. Tutto il cielo
si nutre della mia autocoscienza
e offusca la mia reale sofferenza.
Poiché la mia vera tristezza non è l’essere
il giorno così triste come me,
ma il non potere alcun momento alleviare
il dolore, ché nient’altro che dolore ho dovuto
sopportare e vedere e sentire
mentre la vita gira come una semplice ruota.
No: cose più vaghe dei cieli e le pianure
si sono abbattute oscure su di me;
le mie pene sono dolori più vuoti
di quelli che possono simboleggiare le pianure;
e il mio inutile peso della vita e dell’io
non assomigliano che a se stessi.
FERNANDO PESSOA
Esiste
un esempio rivoluzionario, che, mentre fa tremare i governi sfruttatori di
tutto il mondo, diventa la speranza di tutti quei popoli condannati alla fame,
alla miseria ed alla morte dal dominio imperialista.
ERNESTO CHE GUEVARA
[Che
Guevara] era persuaso che, a volte, la coscienza potesse prevalere
sull’interesse.
ADRIANO SOFRI
Dovere
d’ogni cosa è d’essere felicità; se non sono tali le cose sono inutili o
dannose.
JORGE LUIS BORGES
…bisogna
saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà.
FRANCESCO GUCCINI
Un
pezzo di pane si esaurisce sfamando una sola persona, una stessa verità può
saziare mille uomini e rimanere intatta.
FRANCESCO POLI
Quando
ero giovane pensavo solo ad amare, adesso amo solo pensare.
HENRY BERGSON
Oggi
a molti mancherebbero gli altri se non ci fossero. Da noi ormai una componente
della nostra identità, del nostro modo di vivere, della nostra vita di paese,
ecc. è anche la presenza degli altri.
ALEX LANGER
…e
pensavo , dondolato dal vagone
cara amica il tempo prende, il tempo dà
noi procediamo in una direzione
ma quale sia e che senso abbia chi lo sa
restano i sogni senza tempo,
le impressioni di un momento
le luci nel buio di case intraviste da un treno
siamo qualcosa che non resta :
frasi vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno.
FRANCESCO GUCCINI
Forse
un mattino andando in un’aria di vetro, arida
rivolgendomi vedrò compirsi il miracolo :
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro me
con terrore di ubriaco.
Poi come su uno schermo si accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l`inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi ed io me ne andrò zitto
fra gli uomini che non si voltano col mio segreto.
EUGENIO MONTALE
Cos’è
un assassino se non un eroe senza uniforme.
BERTRAND RUSSELL
Per
coloro che si afferrano alle sbarre della prigione,
senza speranza, perché noi si cammini liberi, un pensiero
Per coloro che marciscono nella tenebra
perché noi si possa camminare nel sole, un pensiero
Per coloro le cui costole sono state spezzate
perché noi si respiri a pieni polmoni, un pensiero
Per coloro la cui schiena è stata piegata
perché noi si possa stare eretti, un pensiero
Per coloro che sono stati schiaffeggiati perché noi si
possa andare avanti senza timore di essere colpiti, un pensiero
Per coloro le cui bocche sono state imbavagliate
perché noi si possa parlare liberamente, un pensiero
Per coloro la cui dignità giace lacerata sulla pietra del
carcere perché noi si cammini a testa alta, un pensiero
Per coloro le cui spose vivono nell’angoscia
perché le nostre vivano felici, un pensiero
Per coloro il cui paese è in catene
perché il nostro sia libero, un pensiero
E per chi imprigiona e tortura,
un pensiero, il più triste di tutti,
perché essi sono i più degni di compatimento,
nell’aspettazione del giorno della verità.
SALVADOR DE MADARIAGA
Un
libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi.
FRANZ KAFKA
Il
combattimento per il comunismo è il comunismo. E` la possibilità che il maggior
numero possibile di esseri umani viva in una contraddizione diversa da quella
odierna. Unico progresso, ma reale, sarà un luogo di contraddizione più alto e
visibile, capace di promuovere i poteri e le qualità di ogni singola esistenza.
Riconoscere e promuovere la lotta delle classi è condizione perché ogni singola
vittoria tenda ad estinguere quello scontro nella sua forma presente e apra
altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di progresso lineare e
senza conflitti.
Meno consapevole di sé quanto più lacerante e reale, il conflitto è fra
classi di individui dotati di diseguali gradi e facoltà di gestione della
propria vita. Oppressori e sfruttatori con la non – libertà di altri uomini si
pagano quella, ingannevole, di scegliere e regolare la propria individuale
esistenza. Il confine di tale loro “libertà” non lo vivono essi come confine
della condizione umana, ma come un nero Nulla divoratore. Per rimuoverlo gli sacrificano
quote sempre maggiori di libertà, cioè di vita, altrui; e, indirettamente,
della propria. Oppressi e sfruttati, vivono inguaribilità e miseria di una vita
incontrollabile, dissolta in insensatezza e non-libertà. Né questi sono
migliori di quelli, finché si ingannano con la speranza di trasformarsi in
oppressori e sfruttatori. Migliori cominciano ad esserlo invece da quando
assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta durezza ed odio per
tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone alla gestione
sovraindividuale delle esistenze; e flessibilità ed amore per tutto quel che la
promuove e la fa fiorire.
Il comunismo in cammino [altro non esiste] è dunque un percorso che passa
anche attraverso errori e violenze, tanto più avvertite come intollerabili,
quanto più chiara sia la consapevolezza di che cosa siano gli altri, di che
cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri.
Comporterà che uomini siano usati come mezzi per un fine che nulla garantisce
invece che, come oggi avviene, per un fine che non è mai la loro vita. Ma chi
sia dalla lotta costretto ad usarli come mezzi, mai potrà concedersi buona
coscienza o scarico di responsabilità sulla necessità e la storia. Dovrà
evitare l’errore, angelistico, di un perfezionamento illimitato; ossia di
credere che l’uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Con le
manipolazioni più diverse quell’errore ha già prodotto e può produrre dei
sottouomini o dei sovrauomini; ossia questi su quelli. Comunismo è rifiutare
ogni specie di mutamenti per preservare la capacità di riconoscerci nei passati
e nei venturi.
Il comunismo in cammino adempie l’unità tendenziale tanto di uguaglianza e
fraternità, quanto di sapere scientifico e di sapienza etico – religiosa. La
gestione individuale, di gruppo e internazionale dell’esistenza [con i nessi
insuperabili di libertà e necessità, di certezza e rischio] implica la
conoscenza dei limiti della specie umana e della sua infermità radicale [anche
nel senso leopardiano], specie che si definisce dalla capacità di conoscere e
dirigere se stessa e avere pietà di sé. Il comunismo è il processo materiale
che vuol rendere sensibile e intellettuale la materialità delle cose dette
spirituali.
FRANCO FORTINI
Non
so ancora quale è la tua elemosina, ma la mia è spaventosa. Ti rimangono i
giorni e le notti, il buon senso, le abitudini, il mondo.
JORGE LUIS BORGES
Se
potessi racchiudere in un’immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei
questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle
spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di
pensiero.
PRIMO LEVI
Il
computer è inutile, può dare solo risposte.
PABLO PICASSO
Ieri
ho celebrato la sepoltura di Lucio, sedici anni. Viveva nella favela del Lixao
della città. Lì si combatte, ogni giorno, a ogni camion di spazzatura che
arriva, una lotta feroce fra bambini, adulti, porci, cani e corvi. Ognuno cerca
il suo in una fraternità sinistra, di pura assistenza.
Lucio viveva frugando nella spazzatura. È morto vittima della società che
espelle i suoi figli e figlie perché vivano alimentandosi della spazzatura
delle città.
A sette anni ha iniziato a bere. Certo per sopportare questa esclusione
sociale. a sedici, sotto-alimentato, ha ceduto alla cirrosi. È morto.
Al cimitero la madre disperata, in un sussurro interrotto, diceva: ”Non ho
potuto crescere mio figlio. Lui non ha resistito alla vita. Non ha superatoi
problemi. Non aveva fede. È stato debole. Per questo è morto”. E piangeva
disperata.
Improvvisamente compresi lo strazio del momento. Tentando di consolarla,
cercai parole dolci che, tuttavia, mi morivano in gola. Nessuna parola rimuove
la piaga del cuore che non vuole più conforto. È il lamento delle madri di
Betlemme i cui figli furono assassinati da Erode. Dicono i testi sacri: Una
voce si ode a Ramà, tanti lamenti e tanti gemiti: è Rachele che piange i suoi
figli e rifiuta di essere consolata, perché essi non sono più”.
Ma le balbettai: “Signora, Dio è il Dio di coloro che muoiono prima del
tempo. Il Dio di coloro che non riescono a credere perché, forse, la vita è
stata per loro troppo dura ed indegna dello stesso Dio. Dio è il Dio dei deboli
che gridano come gli ebrei in Egitto, come le madri degli innocenti di
Betlemme, uccisi da Erode, come le amiche di Gesù, Marta e Maria, che piangono perché
hanno perso il fratello Lazzaro. Dio è il Dio di coloro che cadono come Gesù
sulla croce. Egli ha ascoltato il singhiozzo di tutti loro. Per questo gli
ebrei hanno ottenuto la loro terra. Lazzaro è stato restituito alla vita. Gesù
è stato resuscitato. Tuo figlio Lucio soffriva troppo. Dio, vedendolo
distrutto, ha avuto pietà di lui. L’ha chiamato a Sé. Non voleva più che Lucio
continuasse ad essere vittima della cachaça e della società che non offre
opportunità di educarsi e lavorare. L’ha chiamato a Sé, per vivere di più e
meglio. Per ricevere l’abbraccio infinito di Dio. Le assicuro, signora, Dio
nostro padre buono e nostra dolce madre, ha detto a Lucio ed io l’ho ben
sentito: “Vieni, figlio mio. Ho nostalgia di te. Perché hai tardato tanto?
Vieni. Riposa, adesso. Tu, che non mangiavi, sarai saziato di tutto, di tutto…
Basta frugare nella spazzatura e basta cibi avariati. Mai più… Rallegrati. Io
giocherò conte.”
La madre, con mia sorpresa, si rassenerò.
Incominciai a dire le ultime orazioni sulla bara aperta. Tutto povero e di
poveri. Non era una bara. Erano tavolette da quattro soldi, inchiodate le une
alle altre con grandi spazi fra di loro, ricoperte di stoffa nera. Intorno
altri raccogliatori di spazzatura, tristi, perché sapevano come Lucio era
vissuto e perché era morto così giovane e consumato dal bere.
La madre guardava il figlio morto, in silenzio, con uno sguardo perso, come
di chi cerca un senso che non trova da nessuna parte. Lucio, poveramente
vestito, con la bocca semiaperta, senza denti. Si chinò su di lui.
Io avevo terminato le orazioni. Stavamo già per chiudere la bara. Ma lei,
con un gesto delicato, lo impedì. Fissò lungamente il figlio. Gli tolse dal
collo alcuni petali di rosa appassiti. Poi tornò a guardare il figlio morto
come guarda la pietà di tutti i tempi: con infinita dolcezza ed illimitata
rassegnazione.
Il colletto era disfatto, sbottonato. Glielo sistemò con grande cura, come
se Lucio stesse andando a una festa o a un grande incontro. Ridistribuì i pochi
fiori già appassiti sul cadavere. Sistemò di nuovo la camicia consumata. Tutto
deve essere bene in ordine.
LEONARDO BHÖFF
Trasforma
il tuo fucile in un gesto più civile.
LITFIBA
…sempre
pronta a spettegolare
in nome del civile rispetto
sempre lì fissa ad ascoltare
un orizzonte che si ferma al tetto…
…vecchia piccola borghesia
vecchia gente di casa mia,
per piccina che tu sia
il vento un giorno forse,
forse ti spazzerà via
CLAUDIO LOLLI
Is
a dream a lie, if it doesn’t come true. (un sogno è solo una menzogna, se non
si avvera).
BRUCE SPRINGSTEEN
Per
te sarò pure ateo, ma per il Padreterno sono solo una leale opposizione.
WOODY ALLEN
Non
condivido la tua idea, ma mi batterò fino alla morte affinché tu la possa
esprimere.
VOLTAIRE
Forse
il vero modo di stare in un posto è starne lontano e sentirne la nostalgia. Il
non starvi è un modo di stare in un luogo, no?
JORGE LUIS BORGES
Insegnami
una preghiera
semplice da ricordare,
raccontami di un dio
di cui mi possa fidare,
insegnami una preghiera
facile da ricordare,
parlami di un dio
che non debba per forza pregare!
PAOLO ARCHETTI MAESTRI
Apriamo
la storia: e per quello che ancora non è stato scritto, ciascuno legga nella
propria memoria.
SIMON RODRIGUEZ
La
democrazia è un lusso del nord. Nel sud si esibisce in teatro: lo spettacolo
non si nega a nessuno. e poi non dà fastidio a nessuno che la politica sia
democratica, basta che non sia democratica l’economia. Quando i voti sono già
tutti nelle urne e cala il sipario, la realtà impone la legge del più forte,
cioè a dire la legge del denaro.
EDUARDO GALEANO
Il
nostro compito, quali esseri umani, consiste nel compiere, all’interno della
nostra propria, unica, personale esistenza, un passo in avanti sulla strada che
dalla bestia porta all’uomo.
HERMANN HESSE
Morirò
di cancro alla colonna vertebrale
Accadrà una sera orribile
Chiara, calda, profumata, sensuale,
Morirò della putrefazione
Di certe cellule poco conosciute
Morirò per una gamba amputata
Da un topo gigante sbucato da una fogna gigante
Morirò di cento tagli
Il cielo mi sarà caduto addosso
Fracassandosi come una vetrata pesante
Morirò d’un fragore di voci
Che farà scoppiare le mie orecchie
Morirò di ferite segrete
Inflitte alle due del mattino
Da assassini vaghi e calvi
Morirò senza accorgermi
Di morire, morirò
Sepolto sotto le rovine secche
Di mille metri di cotone sprofondato
Morirò annegato nell’olio di spurgo
Calpestato da bestie indifferenti
E, subito dopo, da bestie differenti
Morirò nudo, o vestito di tela rossa
O cucito in un sacco con delle lame di rasoio
Morirò forse senza preoccuparmi
Di verniciare le unghie delle dita dei piedi
E di lacrime piene le mani
E di lacrime piene le mani
Morirò quando scolleranno
Le mie palpebre sotto il sole arrabbiato
Quando mi diranno lentamente
Delle cattiverie all’orecchio
Morirò nel vedere torturare bambini
E uomini sbigottiti e lividi
Morirò mangiato vivo
Dai vermi, morirò
Con le mani attaccate sotto una cascata
Morirò bruciato in un incendio triste
Morirò un poco, molto,
Senza passione, ma con interesse
E poi quando tutto sarà finito
Morirò.
BORIS VIAN
Quello
che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.
LAO-TZE
Osiamo
inventare l’avvenire.
THOMAS SANKARA
Voi
che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
PRIMO LEVI
Qualcuno
era comunista perche` il nonno, lo zio, il papa`…la mamma no
Qualcuno era comunista perche` vedeva la Russia come una promessa, la Cina
come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre
Qualcuno era comunista perche` si sentiva solo
Qualcuno era comunista perche` aveva avuto un’educazione troppo cattolica
Qualcuno era comunista perche` era nato in Emilia
Qualcuno era comunista perche` il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva
,la pittura lo esigeva , la letteratura lo esigeva… insomma lo esigevano tutti
Qualcuno era comunista perche`…la storia e` dalla nostra parte
Qualcuno era comunista perche` glielo avevano detto
Qualcuno era comunista perche` non gli avevano detto tutto
Qualcuno era comunista perche` prima era fascista
Qualcuno era comunista perche` aveva capito che…la Russia andava piano, ma
lontano
Qualcuno era comunista perche` Berlinguer era una brava persona
Qualcuno era comunista perche` Andreotti non era una brava persona
Qualcuno era comunista perche` era ricco ma amava il popolo
Qualcuno era comunista perche` beveva il vino e si commuoveva alle feste
popolari
Qualcuno era comunista perche` era talmente ateo che aveva bisogno di un
altro Dio
Qualcuno era comunista perche` era talmente affascinato dagli operai che
voleva diventare come loro
Qualcuno era comunista perche` non ne poteva piu` di fare l’operaio
Qualcuno era comunista perche` voleva l’aumento di stipendio
Qualcuno era comunista perche`…la rivoluzione oggi no, domani forse ,
dopodomani sicuramente
Qualcuno era comunista perche`guardava sempre Rai TRE
Qualcuno era comunista perche`…viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse Tung
Qualcuno era comunista per far rabbia a suo padre
Qualcuno era comunista perche`era un po’ bruttino, non aveva la ragazza e
non andava in discoteca
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per
vocazione
Qualcuno era comunista perche` la borghesia, il proletariato, la lotta di
classe…
Qualcuno era comunista perche` voleva statalizzare tutto
qualcuno era comunista perche` non conosceva gli impiegati statali
parastatali ed affini
Qualcuno era comunista perche` aveva scambiato il materialismo dialettico
col Vangelo secondo Lenin
Qualcuno era comunista perche` credeva di avere dietro di se` la classe
operaia
Qualcuno era comunista perche` era piu` comunista degli altri
Qualcuno era comunista perche` c’era il grande partito comunista
Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande partito comunista
Qualcuno era comunista perche` non c’era niente di meglio
Qualcuno era comunista perche` abbiamo il peggior partito socialista
d’Europa
Qualcuno era comunista perche`…lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda
Qualcuno era comunista perche` non ne poteva piu` di quarant’anni di governi
viscidi e ruffiani
Qualcuno era comunista perche`…Piazza Fontana, Brescia, la strage di
Bologna, l’Italicus, Ustica etc.etc….
Qualcuno era comunista perche` chi era contro era comunista
Qualcuno era comunista perche` non sopportava piu` questa cosa sporca che
chiamano democrazia
Qualcuno credeva di essere comunista, ma era un’altra cosa
Qualcuno era comunista perche` sognava una liberta` diversa da quella
americana
Qualcuno era comunista perche` credeva di essere vivo e felice solo se lo
erano anche gli altri
perche` aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo
perche` sentiva la necessita` di una morale diversa
perche` era solo una forza, un sogno, un volo, era solo uno slancio, un
desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita
Si`, qualcuno era comunista perche` con accanto quello slancio, ognuno era…
come piu` di se stesso. Era… come due persone in una. Da una parte la personale
fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva
spiccare il volo e cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza
essere capaci di volare… come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente … come in due. Da una parte l’uomo inserito che
attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e … dall’altra il gabbiano senza piu` neanche l’intenzione del volo perche`
ormai il sogno si e` rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
GIORGIO GABER / SANDRO LUPORINI
Non
siate tristi, continuate in ciò che è giusto.
ALEX LANGER
Non
discuterò qui l’idea di Patria in sé, non mi piacciono queste divisioni. Se voi
però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi
dirò che, nel vostro senso io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il
mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori
dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi
avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che
italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda,
allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono
combattere i ricchi. e almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le
armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere,
far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo
sciopero e il voto.
DON LORENZO MILANI
…il
cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me…
IMMANUEL KANT
Io
sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro, come quelli che
ossessionavano Edgar Allan Poe; e non sono neppure uno di quegli ectoplasmi dei
film di Holliwood. sono un uomo che ha consistenza, di carne e ossa, fibre e
umori, e si può persino dire che posseggo un cervello. Sono invisibile semplicemente
perché la gente si rifiuta d vedermi.
RALPH ELLISON
Non
si conosce mai attraverso l’amore. L’amore butta due persone una verso l’altra,
ciecamente, ancora prima che esse sappiano chi è che amano. Poi attraverso le
cose più comuni, i gesti più semplici, per un tono di voce un po’ diverso, si
comincia a capirsi.
GIORGIO SCERBANENCO
Vi
amo voi tutti che siete in questo bar.
NANNI MORETTI
Noi
faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra
capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica
con la nostra forza d’animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad
amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi
ingiuste, perché la non cooperazione col male è un obbligo morale non meno
della cooperazione col bene. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora.
Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell’ora di
mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma
siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno,
noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente
appello al nostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo
voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria.
MARTIN LUTHER KING
Venerdì,
Gennaio 1995. Ambulatorio Caritas, Via Marsala 109, stazione Termini. Due mesi
esatti dall’inizio del servizio Civile.
Stasera vi parlo di Ahmed. Atterrato dall’alto dei suoi due litri e più di
vino in mezzo al mio pomeriggio. Ahmed ha una giacca di pelle marrone, un
cappello di lana rosso e in mezzo una faccia sorridente e a volte nervosa, un
paio d’occhiali con una montatura che sembra il Pasolini del Maghreb e due
lenti che gli rimpiccioliscono gli occhi.
Ahmed l’ho conosciuto per via di un taglio di vetro a un pollice, un pezzo
di bottiglia finito in lite, e per Suor Marcellina, una grandissima cosa a sua
insaputa confezionata in un metro e cinquanta di infermiera sarda (perché la
“ragion superiore” non le ha fatto finire Medicina) che mi è venuta a chiamare
perché lo vedessi. È così, risalendo dal dito al viso, ho conosciuto Ahmed, la
sua chiacchiera gioviale, la sua saggezza islamica e il suo odore di vino
italiano. A dir la verità è la prima volta in due mesi che lo vedo ubriaco
(tranne – forse – quella volta del gatto nella busta), che arriva fumando e
strillando, perché sa che in ambulatorio non si fuma. Ha quasi sempre la barba
fatta, ma stasera si nota di più. C’è rimasta male, Marcellina, che prima ha
visto la pelle liscia e poi ha sentito, insieme, quel farfugliare ruvido e
quell’odore diverso, che non era dopobarba.
Ahmed ha un sacco a pelo che tiene al deposito della Stazione Tiburtina, il
suo Grand Hotel, che paghi 1500 lire, ma nessuno te lo ruba. Ha poi una borsa
dove tiene parte della sua roba, che caso mai quell’altra gliela rubano
qualcosa rimane. Perché Ahmed è un soldato che va alla guerra; sentinella di se
stesso ogni giorno, che dorme con gli occhi aperti. Che ti puoi trovare
cosparso di gasolio da un momento all’altro. In guerra.
Ahmed ha la mia età, siamo intorno ai trenta. Ha una laurea o qualcosa di
simile. Lo volevano mandare nel deserto, fregandosene della sua
specializzazione. non c’è voluto andare. Un anno dopo era già in Italia. E
stasera, nel vino, mi dice qualcosa di nuovo. Mi dice di sua mamma, piccola,
nana, dice. Ma bella. Dice che è nato a Casablanca. Penso che per me è il nome
di un film. Il Film. È andato in galera, in Marocco. Poi forse anche in Italia,
ma è un’altra storia. È andato in galera perché c’era la rivoluzione e lui era
all’università. Non c’entravo niente, mi dice. Ma a me piacciono i
rivoluzionari, gli dico. Allora, sporcandosi della cenere della sua sigaretta,
cerca di tirarsi le maniche del giubbotto marrone. E sotto quella pelle
esterna, compare, per la prima volta la sua pelle e in quella pelle profonde
cicatrici di profonde ferite. Molte, ad intervalli regolari. E mi fa un segno
anche sul resto del corpo. Un fiume di sangue, mi dice. Neanche un parente,
impiegato, importante, nella filiale di una grossa azienda europea, ha potuto
fare niente. Niente.
Ahmed mi chiama fratello, dice che sono capace di calmare i nervosi. si
preoccupa della mia tosse. Mi chiede se la mia ragazza è bella. Bella e
intellettuale la vuole per me, se no s’arrabbia. Ti voglio bene, dice.
Tra qualche giorno è Ramadan. Per questo ha bevuto tanto adesso. Ramadan. Il
Corano non dice le cose che dicono gli integralisti, non dice che bisogna
convertire a forza gli infedeli. In Algeria ci sono gli integralisti perché c’è
il gas, il petrolio e le elezioni; è come se giocassimo a carte, tu vinci e io
ti punto una pistola e ti dico che non hai vinto. Lui c’è stato in Algeria.
Proprio lì dove hanno ucciso gli italiani, il dito sulla gola. a fare il
contrabbandiere. Era in gamba. Era il più bravo perché parlava con tutti,
polacchi, italiani, francesi. Poi ha detto “perché vendere agli altri quello
che noi non abbiamo?”. E ha smesso. Non gli piace la prostituzione. Non si può
costringere una donna a stare per strada. Bisogna picchiarla se ci va, caso
mai. Niente da fare: lo sa benissimo, Ahmed, di essere un uomo, non un animale.
“Vieni con me alla Moschea” mi dice, “tu non puoi entrare ma io rimango fuori
con te, col mio tappeto. E poi mi faccio dare un po’ di riso anche per te e
mangiamo tutti insieme”. Ahmed mi chiama fratello. Ti voglio bene, mi dice.
E Marcellina che esce e ci vede lì sulla panchina e ci sente in
quell’istante in quell’anfratto di mondo, sulla soglia di quella grotta scavata
nel bastione della Grande Fortezza Bianca delle Frontiere che è Termini, compie
la sua composizione teologica, il suo presepe interiore e dice di un Signore
compagno dei diversi e dei malfattori e per questo giudicato. Ahmed, pensa ai
giudizi che darebbero di noi: tu marocchino, barbone e ubriaco. Lei, monaca,
sempre allegra, quindi mezza svampita. E io, che ho bisogno di sentirmi buono e
faccio il radical – chic, e papà paga.
Ho paura della paura, Ahmed!
Il mio pensiero schizza altrove. Al tentativo di ricostruirmi in testa una
storia assurda. La storia di Sara* e di chi l’ha investita. Quella ragazza che
ho visto morire nel reparto dove lavoro prima di venire a Termini, Ahmed. Nel
buio di una sera. Quei ragazzini sospesi tra il “vivere sopra” di Ambra e il
“sopravvivere”, vero, di Torvaianica, seduti per terra a toccarsi; nel
corridoio della rianimazione, a imparare la morte. A scacciare l’angoscia con
la vendetta.
Come raccontargli, Ahmed, che mi chiami fratello?
* Sara Folino investita a Torvaianica da un auto guidata da un
extracomunitario ubriaco.
ANDREA SCAPIGLIATI (obiettore medico)
Non
sa niente, crede di saper tutto; direi che è adatto per la carriera militare.
BERTRAND
RUSSEL
Non
fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all’improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all’improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
di essere malmaritata,
l’appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d’aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni animo sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell’anima gemella,
quella parte che ci completa,
l’ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell’ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda -
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.
FERNANDO PESSOA
La
scelta non è difficile: o il boia, o l’impiccato; chi ha rispetto per
quest’ultimo, non può averne per il primo. E non importa se l'impiccato di oggi
è il boia di ieri; chi insapona la corda avrà sempre la mia pena, mai il mio
sostegno.
GIUSEPPE
GUERNICA REITANO
E
soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi ogni
ingiustizia, in qualunque parte del mondo essa venga inflitta: è certamente
questa la qualità più bella di un rivoluzionario.
ERNESTO CHE GUEVARA
Odio
l’arroganza razziale che decreta che le cose belle della vita siano un diritto
esclusivo di una minoranza della popolazione e che riduce la maggioranza della
popolazione ad una posizione di sottomissione e di inferiorità e la considera
un insieme di schiavi senza volto che lavorano e si comportano come gli viene
detto dalla minoranza dominante. [...] Ho combattuto contro la dominazione
bianca e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho avuto caro l’ideale di
una società democratica e libera in cui tutte le persone vivono insieme e con
uguali opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e di
raggiungere. Ma se è necessario è un ideale per il quale sono pronto a morire.
NELSON MANDELA
“So
che nulla dipende da me, ma agisco come se tutto dipendesse da me.” Tradotto in
lingua laica: equilibrio fra realismo critico, senso del limite, che non è
disincanto, e passione rivoluzionaria, che non è solo rabbia e fantasia.
S.TA TERESA DEL BAMBIN GESÙ/LUCIO MAGRI
Se
non ora, quando?
Se non qui, dove?
Se non io, se non tu, chi?
THE GANG
Nella
mia vita ho incontrato donne di grande forza. Non potrei vivere senza una donna
al mio fianco. Sono solo un pezzo d’un essere bicefalo e bisessuato, che è il
vero organismo biologico e pensante.
ITALO CALVINO
In
piena facoltà
Egregio Presidente
Le scrivo la presente
Che spero leggerà
La cartolina qui
Mi dice terra terra
Di andare a far la guerra
Quest’altro lunedì
Ma io non sono qui
Egregio Presidente
Per ammazzar la gente
Più o meno come me
Io non ce l’ho con lei
Sia detto per inciso
Ma sento che ho deciso
E che diserterò
Ho avuto solo guai
Da quando sono nato
E i figli che ho allevato
Han pianto insieme a me
Mia mamma e mio papà
Ormai son sottoterra
E a loro della guerra
Non gliene fregherà
Quand’ero in prigionia
Qualcuno mi ha rubato
Mia moglie il mio passato
La mia migliore età
Domani mi alzerò
E chiuderò la porta
Sulla stagione morta
E mi incamminerò
Vivrò di carità
Sulle strade di Spagna
Di Francia e di Bretagna
E a tutti griderò
Di non partire più
E di non obbedire
Per andare a morire
Per non importa chi
Per cui se servirà
Del sangue ad ogni costo
Andate a dare il vostro
Se vi divertirà
E dica pure ai suoi
Se vengono a cercarmi
Che possono spararmi
Io armi non ne ho.
BORIS VIAN (TRAD: G. CALABRESE)
…Così,
nella memoria, egli prese a contrapporre allo scenario che aveva davanti agli
occhi il clima che c’era stato in Italia dopo la liberazione, per un paio
d’anni di cui ora gli pareva che il ricordo più vivo fosse la partecipazione di
tutti alle cose e agli atti della politica, ai problemi di quel momento, gravi
ed elementari (erano pensieri d’adesso: allora aveva vissuto quei tempi come un
clima naturale, come facevano tutti, godendoselo – dopo tutto quel che c’era
stato – arrabbiandosi contro ciò che non andava, senza pensare che potesse mai
essere idealizzato); ricordava l’aspetto della gente d’allora, che pareva tutta
quasi egualmente povera, e interessata alle questioni universali più che alle
private; ricordava le sedi inprovvisate dei partiti, piene di fumo, di rumore
di ciclostili, di persone incappottate che facevano a gara nello slancio
volontario (e questo era tutto vero, ma soltanto adesso a distanza di anni,
egli poteva cominciare a vederlo, a farsene un’immagine, un mito); pensò che
solo quella democrazia appena nata poteva meritare il nome di democrazia; era
quello il valore che invano poco fa egli andava cercando nella modestia delle
cose e non trovava; perché quell’epoca era ormai finita, e piano piano a
invadere il campo era tornata l’ombra grigia dello Stato burocratico, uguale
prima durante e dopo il fascismo, la vecchia separazione tra amministratori ed
amministrati.
ITALO CALVINO
Vorrei
capire bene che cosa si intende con “mitezza”. La parola è troppo grande per
farne un uso ambiguo o sommario. Se il riferimento è al libro “Il diritto mite”
di Gustavo Zagrebelsky, il concetto di mitezza sembra assai vicino alla nozione
di moderazione, di contemperamento, di “medietà”. E questo stride con l’idea
che io mi faccio della mitezza. Mi spiego, la parola è alta. Sta pure nel
“Discorso della Montagna”. Ma oggi per me è una parola conflittuale, e in fondo
lo è anche nel Vangelo. La mitezza mi pare del tutto estranea al mondo che ho
di fronte. Il simbolo incarnato di questo mondo è la violenza. In tre quarti
della fiction che vedo, la pistola è il principale mezzo di comunicazione con
l’altro. È l’ideologia di questo mondo: è la forza, l’osanna per chi vince.
Essere “miti” significa essere in discordia profonda con questo mondo: e dunque
domanda una radicalità, non un contemperamento e una moderazione. Non una
“normalità”, ma un sentirsi acutamente anormali rispetto a questo ordine così
violento e selvaggio, in cui impera la supremazia onnivora del profitto.
PIETRO INGRAO
La
debolezza può essere una risorsa e un’opportunità. È una virtù. Dalla debolezza
si potrebbe raccontare la storia in un altro modo e si potrebbero aprire nuove
prospettive. Nella debolezza c’è una ricchezza che, volendo, sarebbe capace di
governare il mondo, di renderlo diverso.[...] Quando la debolezza vincerà
finalmente la guerra?
ALESSANDRA BOCCHETTI
E
l’acqua si riempie di schiuma e il cielo di fumi
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
uccelli che volano a stento malati di morte
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte
un’isola intera ha trovato nel mare una tomba
il falso progresso ha voluto provare una bomba
poi pioggia che toglie la sete alla terra ch’è viva
invece porta la morte perché è radioattiva.
Eppure i vento soffia ancora
spruzza l’acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie.
Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
ha dato il suo putrido segno all’istinto bestiale
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
e tutta la terra si è avvolta in un nero sudario
e presto la chiave nascosta di nuovi segreti
così copriranno di fango persino i pianeti
vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli
i crimini contro la vita li chiamano errori.
Eppure i vento soffia ancora
spruzza l’acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie
eppure sfiora le campagne
accarezza sui fianchi le montagne
e scompiglia le donne tra i capelli
corre a gara in volo con gli uccelli
eppure il vento soffia ancora!!!
PIERANGELO BERTOLI
È
talmente stupida che, quando sbadiglia, il cervello tenta la fuga.
ANTONIO SODA detto “TONNO”
Anch’io,
seduto sulla soglia della capanna, guardo stelle e razzi apparire e sparire,
penso alle esplosioni che avvelenano i pesci nel mare e agli inchini che si
scambiano, tra un’esplosione e l’altra, quelli che decidono le esplosioni.
Vorrei capire di più.
ITALO CALVINO
Le
nostre vite sono solo un momento, un lieve respiro immaginato dai sensi. E tale
momento è un grande pensiero, e tale pensiero è un desiderio, la pressante
esigenza di essere amato e di essere amore a sua volta. Subito, noi tutti.
DUANE MICHALS
Attentatori.
Attentatori. Finiti gli attentatori. Sono altri, tutti, altri ori… i dottori, i
professori, i pretori, i curatori, i contestatori, i lavoratori, i direttori
ori ori, tutti colpevoli, laureati, rispettati, illustrati che si scambiano
soldi, puttane bombe. Altro che governo. Il governo predica, abbraccia,
inaugura, taglia… taglia centri, borse, torte, prosciutti, protocolli,
capocolli, budelli, salami! Salami! Noi, noi che davvero restiamo in silenzio.
In silenzio davanti a questo teatrino, che fa tutto da solo, inventa e
commenta: e spaventa.
PAOLO VOLPONI
Nulla
si edifica su pietra, tutto sulla sabbia, ma noi dobbiamo edificare come se la
sabbia fosse pietra.
JORGE LUIS BORGES
Se
dovessimo attenerci a tutti gli assiomi cari ai fisici, che ogni integrale è
convergente, che ogni serie è convergente e che ogni operatore Hermitiano è
autoaggiunto, bhé… allora.
SERGIO DOPLICHER
E
l’alba sul Danubio a Marco parve fosforo e miele, forse una ragazza bionda gli
voleva dire: l’uomo è grande, l’uomo è vivo, l’uomo non è guerra, ma i generali
rispondono che l’uomo è vino e che combatte bene e muore meglio solo quando è
pieno.
E il primo disse: “Sì, va bene, non vuoi comprare il nostro giornale.”, gli
altri: “Lo teniamo fermo soltanto per parlare.”, ed io pensavo: “Ora gli dico
sono anch’io fascista.”, ma ad ogni pugno che arrivava dritto sulla testa, la
paura non bastava a farmi dire basta.
Forse non lo sai ma pure questo è amore.
ROBERTO VECCHIONI
La
mia strada non è La Legge, la mia strada, forse, è la cultura.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO
E
tu da che parte stai? Dalla parte di chi ruba nei supermercati, o di chi li ha
costruiti… rubando?
FRANCESCO DE GREGORI
Ma
tu che ascolti una canzone, lo sai che cosa è una prigione, lo sai a che cosa
serve una stazione. Tu lo sai cosa è una guerra, e quante ce ne sono in terra;
tu lo sai a cosa può servire una chitarra.
CLAUDIO LOLLI
Ancora
non ho capito se nella vita c’è qualcosa di meglio da fare che non scrivere
equazioni. È preoccupante.
Mi fossi rincoglionito all’ 87%? Venga avanti dottò!
FRANCESCO POLI
Io
non chiedo un coltello nelle mani della Patria.
nè un coltello nè un fucile per nessuno:
la terra è per tutti, come l’aria.
Mi piacerebbe avere enormi mani
violente, anzi selvagge
per strappar le frontiere, ad una ad una
e lasciar per confine solo l’aria.
Che nessuno possieda della terra
come si possiede un vestito:
che tutti abbiano terra
come hanno l’aria.
E strapperei le guerre alla radice,
neppure una ce ne lascerei
a infestare il paesaggio.
Ed aprirei la terra a tutti, come
se fosse l’aria.
Ché l’aria è di nessuno, di nessuno…
Tutti, di aria, hanno una porzione.
JORGE DEBRAVO
Tutto
quello che è umano nell’uomo, e più di ogni altra cosa la libertà, è il
prodotto di un lavoro sociale.
MICHAIL ALEXANDROVICH BAKUNIN
L’umano
arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo.
ITALO CALVINO
Mi
ha detto: ci vediamo dalvanti alle Poste, se arrivi prima tu fai un segno con
la matita, se arrivo prima io lo cancello… Ma chi lo capisce?
CARLO PAMPANINI
Siamo
sazi di armi e di proiettili… La fame che abbiamo è di giustizia, di cibo, di
medicine, di educazione, di programmi realmente tesi ad un equo sviluppo. Se si
arriverà a rispettare i diritti umani, ciò di cui meno avremo bisogno saranno
le armi e i metodi di morte.
MONSIGNOR OSCAR ARNULFO ROMERO
So
benissimo come sia di moda ora negare che il socialismo abbia qualcosa in
comune con l’uguaglianza. In ogni paese del mondo un’immensa tribù di galoppini
di partito e di soavi professorucoli è indaffaratissima a provare che il
socialismo non è che un capitalismo di Stato pianificato, ma con l’istinto di
rapina rimasto intatto. Ma per fortuna esiste anche una visione del socialismo
completamente diversa. La cosa che attrae gli uomini comuni al socialismo e li
rende favorevoli a rischiar la pelle per la sua causa, la“mistica” del
socialismo, è l’idea dell’uguaglianza; per la vasta maggioranza della gente il
socialismo significa una società senza classi, o non ha significato alcuno.
ERIC ARTHUR BLAIR (per gli "amici" GEORGE ORWELL)
Nessuno
può detenere una proprietà che non sia ipotecata: su ogni proprietà privata
grava un’ipoteca sociale, l’ipoteca del bene comune [...] E se il bene comune
lo esige, non si può dubitare che un’espropriazione vada fatta, nelle debite
forme…
KAROL WOYTILA (PAPA GIOVANNI PAOLO II)
Nessuna
catena, nessuna divisa, nessuna punizione fa smettere agli uomini di essere
liberi e di volare via, pur restando fermi, e qui ogni singolo disgraziato
ragazzo è dotato di un bellissimo paio d’ali.
V.G. (Bersagliere di leva, durante i turni di guardia al Tribunale di Gela
nell’ambito dell’operazione “Vespri Siciliani”)
L’inferno
sono gli altri.
JEAN PAUL SARTRE
L’inferno
siamo noi.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO
La
prima quantizzazione è un mistero, ma la seconda è un funtore.
EDWARD NELSON
Il
deserto è un vino, ed è una droga, e accende un’ira che non si sfoga se non nel
sangue, o in lentissimi amori.
GIUSEPPE UNGARETTI
Cadranno
i secoli, gli dei e le dee
cadranno torri, cadranno regni,
e resteranno di uomini e idee
polvere e segni.
Ma ora capisco il mio non capire,
che una risposta non ci sarà,
che la risposta per l’avvenire
è in una voce che chiederà:
“Shomer ma mi-llailah?”
(Vedetta, quanto resta della notte?)
FRANCESCO GUCCINI
Noi
comunisti italiani eravamo schizofrenici. Sì, credo che questo sia il termine
esatto. Con una parte di noi eravamo e volevamo essere i testimoni della
verità, i vendicatori dei torti subiti dai deboli e dagli oppressi, i difensori
della giustizia contro ogni sopraffazione. Con un’altra parte di noi
giustificavamo i torti, le sopraffazioni, la tirannide del partito, Stalin, in
nome della Causa. Schizofrenici. Dissociati. Ricordo benissimo che quando mi
capitava di andare in viaggio in qualche paese del socialismo, mi sentivo
profondamente a disagio, estraneo, ostile. Ma quando il treno mi riportava ,
quando ripassavo il confine, mi domandavo: ma qui, in Italia, in quest’Italia,
che cos’altro poterei essere se non comunista? Ecco perché il disgelo, la fine
dello stalinismo, ci toglieva un peso terribile dal petto: perché la nostra
figura morale, la nostra personalità dissociata, finalmente poteva ricomporsi,
finalmente rivoluzione e verità tornavano a coincidere. Questo era, in quei
giorni, il sogno e la speranza di molti di noi.
ITALO CALVINO
Lentius,
profundius, suavius. (Più lento, più profondo, più dolce.)
ALEX LANGER
…
c’è la nostalgia , che non è il pianto funebre per la dittatura, la censura, il
Gulag. È la nostalgia per il bambino, gettato via insieme con l’acqua, per la
nostra speranza, infranta, di un socialismo dal volto umano. E non si capisce
ancora se il nostro capitalismo avrà un volto umano. Per ora non gli somiglia.
Io non difendo il falso romanticismo che la propaganda ci iniettava come
fiale di buoni impulsi, non meno cinica del Dottor Mengele. Nessun esperimento
è giustificabile se gli uomini hanno il ruolo di cavie.
E io non amo che si beffino le speranze, anche se infrante.
Sì, la tragedia può diventare farsa. Ma anche la farsa tragedia.
Sfortunamente, le speranze del nostro popolo, ingannate dalla rivoluzione
comunista, risultano tali anche dalla rivoluzione anticomunista. Possibile che
il destino delle speranze sia quello di essere ingannate? Possibile sia meglio,
tutto sommato, vivere senza ideali per non ingannarsi? Ma allora il senso della
vita è in un’esistenza vegetativa? E questo è tutto? È spaventoso crederlo.
EVGENIJ EVTUŠENKO
Ma
sia questa realtà o sogno una sola cosa importa: operare per il bene. Se è
realtà perché lo è, se è sogno per ritrovare amici al momento del risveglio.
P. CALDERON DE LA BARCA
La
vita è una merda, … la morte pure!
GIUSEPPE GUERNICA REITANO
Chi
sarà il mandante di tutte le cazzate che dico?
ALTAN
Ho
visto
la gente della mia età andare via,
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa
che non trovano nel mondo che hanno già;
lungo le notti che dal vino son bagnate,
dentro le stanze da pastiglie trasformate,
lungo le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città,
essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà
e un Dio che è morto,
ai bordi delle strade Dio è morto,
nelle auto prese a rate Dio è morto
nei miti dell’estate Dio è morto.
Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso ha mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell’eroe
perché è venuto ormai il momento
di negare tutto ciò che è falsità:
le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un Dio che è morto,
nei campi di sterminio Dio è morto,
coi miti della razza Dio è morto,
con gli odii di partito Dio è morto.
Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo
che se Dio muore è per tre giorni
e poi risorge.
In ciò che noi crediamo Dio è risorto,
In ciò che noi vogliamo Dio è risorto,
nel mondo che faremo
Dio è risorto.
FRANCESCO GUCCINI
Hanno
l’abito blu
Hanno lenzuola nere
Hanno l’insonnia
Hanno il potere
Hanno giornali e telegiornali
Hanno le galere
Hanno le banche
Hanno l’avere
Hanno molti segreti
Hanno pochi rimorsi
Hanno messaggi in codice
Hanno il decodificatore
Hanno metà dei Carabinieri
Hanno tutti i Corazzieri
Ancora incerti i Pompieri
Hanno Dio
Hanno Patria
Hanno Famiglia
Hanno la testa devastata
Da tutto questo avere
Hanno la forza di considerarsi
Vittime del dovere
Hanno praticamente tutto
Hanno il potere di uccidere
E le parole del lutto
Le informazioni riservate
E l’eleganza delle parate
Hanno la storia
Hanno la geografia
Hanno le caserme
Hanno le frontiere
Hanno il rispetto della maggioranza
Perfino quello hanno
Ma fra tutto quello che hanno
Gli manca l’essenziale
Perché noi non ci hanno
E per questo stanno male.
MICHELE SERRA
Tutto
ci porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte o
l’assurdo. Poiché tutto è passaggio, è un ponte le cui estremità si perdono
nell’infinito e al cui confronto tutti i ponti di questa terra sono solo
giocattoli da bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su
quell’altra sponda.
IVO ANDRIC
La
conoscenza delle leggi fisiche non ci dà automaticamente e direttamente una
comprensione degli aspetti essenziali del mondo […] La natura sembra essere
fatta in modo che le cose più importanti appaiano essere conseguenze complicate
ed accidentali di una molteplicità di queste leggi.
RICHARD FEYNMAN
Le
vicende ungheresi del 1956 mi si sono rapprese dentro in una fotografia: un
funzionario [del partito comunista] appeso ad un fanale davanti alla Csepel, il
collo spezzato ed il volto scomposto dell’impiccato, mentre sotto di lui ridono
due operai della fabbrica in rivolta. Fu la prima volta che mi dissi: Ci
odiano. Non i padroni, loro, i nostri, ci odiano.
Non sono mai stata populista: non lo può essere chi è venuto alla politica
dal rifiuto del fascismo. Avevo visto il poveraccio fascista, quello che si era
messo nelle milizie nel 1944, perché non sapeva dove andare. Conoscevo al sud
chi si faceva carabiniere o seminarista per necessità ma diventava poi molto
carabiniere e molto seminarista. Le scelte prime le facciamo poi ci fanno. Il
povero e l’oppresso non hanno sempre ragione. Ma i comunisti che si fanno
odiare hanno sempre torto. E quello era un odio massiccio, sedimentato, non si
arriva a queste enormità senza un’offesa lungamente patita. Quei giorni mi
vennero i capelli bianchi, è proprio vero che succede, avevo trentadue anni.
ROSSANA ROSSANDA
Il
nuovo paradigma […] è completamente differente dalle concezioni classiche. Alla
luce di questo paradigma l’evoluzione ha luogo, passo dopo passo, e livello
dopo livello, alternando fasi di determinazione e di indeterminazione […] A
partire da condizioni iniziali identiche e nei limiti delle possibilità
definite dalle leggi, possono aver luogo differenti sequenze di eventi. Queste
sequenze creano a loro volta nuovi insiemi di limiti e di possibilità, che
serviranno da base per nuovi giocatori. Così l’evoluzione è sempre possibilità,
mai fato. Il suo corso è logico e comprensibile, ma non è prederminato né
prevedibile.
ERWIN LASZLO
Il
vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere
nuovi occhi
MARCEL PROUST
Uccidere
un uomo non è difendere una religione, è uccidere un uomo
MAHATMA GHANDHI
L’uomo
è più dell’uomo. Conosce veramente l’uomo chi crede nelle sue possibilità
ancora inedite. Il tratto essenziale del nuovo umanesimo è la fede nell’uomo e
precisamente la fede nella possibilità della specie di abbandonare l’età delle
guerre come, un tempo remotissimo, abbandonò le caverne e come, in tempo
recente, abbandonò la pratica della schiavitù come legge di natura. La fede
nell’uomo non è dunque una virtù mistica, è una virtù razionale, vorrei dire
laica, poggiata su di una lettura realistica della nostra storia e sul senso
dell’attuale congiuntura in cui si ripetono i princìpi che hanno governato le
grandi mutazioni della specie. Quando gli imperativi della coscienza e la
stretta della necessità vitale vanno nello stesso senso, allora si ha una nuova
possibilità di sintesi tra libertà e natura, e cioè, direbbero gli
evoluzionisti, di una mutazione. La certezza di questa possibilità è la fede di
cui sto parlando. Una virtù laica, come ho detto, che è, insieme, il modo
storico di esercitare la fede teologale. E dunque virtù ecumenica, come
nessun’altra, in quanto offre la possibilità di una comunione creaturale che
metta in second’ordine tutte le appartenenze, anche quelle religiose.
PADRE ERNESTO BALDUCCI
Questo
argomento (la guerra) mi induce a parlare della peggiore delle creazioni,
quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto
il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle
formazioni al seguito di una musica; costui ha ricevuto solo per errore il
cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente.
ALBERT EINSTEIN
Il
popolo ha perso la fiducia del governo, perciò il governo dovrebbe eleggersi un
nuovo popolo.
BERTOLT BRECHT
Quando
gli oppressori mi danno due scelte, io scelgo sempre la terza.
MEIR BERLINER (Morto a Treblinka combattendo le SS)
Se
è per una culla felice
Se è per un letto d’amore
Se è per la bara di un vecchio
Và boscaiolo fa del tuo meglio
Ma se è per il trono di un re
Pensaci su due volte
JACQUES PREVERT
Il
pensiero positivo funziona, ma per aprire le bottiglie è meglio il cavatappi!
JACOPO FO
Fu
cambiato l’ordine degli anelli ma la catena rimase una catena
GIANNI RODARI
L’uomo
buono è intelligente, quello cattivo è, in più, imbecille. Le doti morali non
possono essere separate da quelle intellettuali
JORGE LUIS BORGES
Se
comincio da me, qualcosa cambierà.
Striscione scout alla Marcia Perugia Assisi del 12 ottobre 2003
Il
perdurare del nazionalsocialismo nella democrazia è potenzialmente più
pericoloso del perdurare di tendenze fasciste contro la democrazia.
THEODOR WIESENGRUND ADORNO
Hai
scritto che hai passato gran parte della tua vita concentrandonti sul comunismo
e sulla fisica. Ora viviamo in un mondo…
… in cui non c’è il comunismo e non c’è la fisica.
Oggi non farei più il fisico, anche se ho lavorato fino a pochi mesi fa
sulla meccanica quantistica, perché quando uno ha un’idea fissa, continuo a
girarci attorno.
Devo dire che la scienza mi affascina ancora. Sono un grande curioso, anche
delle ricerche sul cervello, sulla mente, sulla vita, perché a livello di
divulgazione elevata posso non solo apprezzarle, ma leggerle in una certa
ottica, inquadrarle. Il comunismo era un’utopia, come la fisica.
Quand’ero ragazzo la fisica era l’utopia della conoscenza, della
razionalizzazione; il comunismo era l’utopia di una società di uguali, felici,
che possono dispiegarsi e rispettarsi. In fondo queste due utopie le ho ancora.
C’è la curiosità per tutto quel che mi circonda, per il mondo, per le
infinite manifestazioni del pensiero. Per quanto riguarda la società, i
problemi sono lì, anzi si complicano: allora pensavamo che bastassero ricette
molto semplici per rendere giusta la società e felici gli uomini. Si è rivelato
molto più complicato, ma non credo che i giovani debbano rinunciare a queste
utopie.
Nei prossimi cinquant’anni i nodi dell’ambiente e delle diseguaglianze
verranno al pettine. È un mondo minaccioso, ma è una ragione in più per
impegnarcisi.
MARCELLO CINI (intervistato da Marco D’Eramo per “Il Manifesto” – 31 gennaio
2004)
Se
il porco è uno solo si grida allo scandalo, se sono dieci non si dice più
nulla, se sono venti si dubita di se stessi, se sono ancora di più si grugnisce
beatamente nel coro.
ANDREA POCATERRA
Odio
gli indifferenti. Credo che “vivere vuol dire essere partigiani”. Chi vive
veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è
parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente
nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; e ciò su cui non si
può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio
costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò
che succede non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto
all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto
perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica
alla sua volontà, lascia fare, lascia promulgare le leggi che poi solo la
rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un
ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è
altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo
assenteismo. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: “se avessi anch’io fatto il mio dovere, se
avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo
ciò che è successo?” Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro
indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro
attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male,
combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
Odio gli indifferenti anche perché mi dà noia il loro piagnisteo di eterni
innocenti. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli
indifferenti.
ANTONIO GRAMSCI
Chi
muore (Ode alla vita)
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia, chi non rischia
e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce
il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova la grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce .
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà
al raggiungimento di una splendida felicità.
PABLO NERUDA
Non
ci può essere cultura della pace se non con l’eliminazione del sacro.
PADRE ERNESTO BALDUCCI
In
quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi
che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi
dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono
giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non
sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno
battersi perché siano cambiate.
DON LORENZO MILANI
Il
prossimo capitolo della vita consiste nel sostituire la vita fondata sulla
lotta e la violenza con un vita fondata sull’amore e sul ragionamento.
LEV N. TOLSTOJ
Di
tutte le cose sicure, la più certa è il dubbio.
BERTOLT BRECHT
Sciur
padrun, sciur padrun
Dalla tua parte del guinzaglio
Anche se tira, si sta molto meglio.
IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI
Il
dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza.
JORGE LUIS BORGES
Non
ci sono norme. Tutti gli uomini sono eccezioni a una regola che non esiste.
FERNANDO PESSOA
L’etica,
con la sua determinazione negativa e a priori del Male, si impedisce di pensare
la singolarità delle situazioni, cioè quel che è l’inizio obbligato di ogni
azione propriamente umana.
ALAIN BADIOU
Il
comunismo ha sbagliato, ma non è sbagliato.
ROSSANA ROSSANDA
[Fedro]
intuiva che istituzioni quali le scuole, le chiese, i governi, e le
organizzazioni politiche di ogni sorta tendevano a orientare il pensiero verso
fini diversi dalla verità, a utilizzarlo per la perpetuazione delle proprie
funzioni, e per il controllo degli individui al servizio di tali funzioni.
ROBERT M. PIRSIG (tratto da “Lo zen e l’arte della manutenzione della
motocicletta” Cap. 11)
Azione
è uscire dalla solitudine.
LUIGI PINTOR
Un
boia può scannare tranquillamente perché lo Stato lo incarica? Il boia e il
politico possono decidere di uccidere in virtù di un’”etica professionale”?
DANILO DOLCI
Ti
è mai venuto in mente che a forza di gridare
la rabbia della gente non fa che aumentare
la forza certamente deriva dell’unione
ma il rischio è che la forza soverchi la ragione
Immagina uno slogan detto da una voce sola
è debole, ridicolo, è un uccello che non vola
ma lascia che si uniscano le voci di una folla
e allora avrai l’effetto di un aereo che decolla
La gente che grida parola violente
non vede, non sente, non pensa per niente
Non mi devi giudicare male
anch’io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan
è fascista di natura
Quando applaudi in un teatro
quando preghi in una chiesa
quando canti in uno stadio
oppure in una discoteca
Sei tu quello che canta
è tuo il fiato che esce
ma il suono intorno è immenso e cresce, cresce
Il numero è importante
dà peso alle parole
per questo tu ogni volta prima pensale da sole
e se ci trovi il minimo indizio di violenza
ricorda che si eleverà all’ennesima potenza
La gente che grida parole violente
non vede non sente non pensa per niente
Non mi devi giudicare male
anch’io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan
è fascista di natura
DANIELE SILVESTRI (Voglia di gridare)
Oggi
sono felice di essere con voi in quella che nella storia sarà ricordata come la
più grande manifestazione per la libertà nella storia del nostro paese.
Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra
simbolica, firmò il Proclama dell’emancipazione. Si trattava di una legge
epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi
neri,marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come
un’aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattività.
Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono
passati cento anni, e la vita dei neri è ancora paralizzata dalle pastoie della
segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i
neri vivono in un’isola solitaria di povertà, in mezzo a un immenso oceano di
benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli
angoli della società americana, si ritrovano esuli nella propria terra.
Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione
vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per
incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno
scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione
d’indipendenza, hanno firmato un “pagherò” di cui ciascun americano era
destinato a ereditare la titolarità. Il “pagherò” conteneva la promessa che a
tutti gli uomini, sì, ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi
diritti inalienabili: “vita, libertà e ricerca della felicità”.
Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di
colore, l’America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di
adempiere a questo sacro dovere, l’America ha dato al popolo nero un assegno a
vuoto, un assegno che è tornato indietro, con la scritta “copertura
insufficiente”. Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia
sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di
opportunità di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo
venuti a incassarlo, questo assegno, l’assegno che offre, a chi le richiede, la
ricchezza della libertà e la garanzia della giustizia.
Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all’America
l’infuocata urgenza dell’oggi. Quest’ora non è fatta per abbandonarsi al lusso
di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo.
Adesso è il momento di tradurre in realtà le promesse della democrazia.
Adesso è il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della
segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale.
Adesso è il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili
dell’ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della
fraternità.
Adesso è il momento di tradurre la giustizia in una realtà per tutti i figli
di Dio.
Se la nazione non cogliesse l’urgenza del presente, le conseguenze sarebbero
funeste. L’afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finirà
finchè non saremo entrati nel frizzante autunno della libertà e
dell’uguaglianza. Il 1963 non è una fine, è un principio. Se la nazione tornerà
all’ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i
neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po’ e poi se ne sarebbero rimasti
tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa.
In America non ci sarà nè riposo nè pace finchè i neri non vedranno
garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno
a scuotere le fondamenta della nostra nazione finchè non spunterà il giorno luminoso
della giustizia.
Ma c’è qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa,
alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci porterà a
ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti.
Non cerchiamo di placare la sete di libertà bevendo alla coppa del rancore e
dell’odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di
dignità e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa
degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci
fino alle vette maestose in cui la forza fisica s’incontra con la forza
dell’anima.
Il nuovo e meraviglioso clima di combattività di cui oggi è impregnata
l’intera comunità nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perché
molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno
capito che il loro destino è legato al nostro. Hanno capito che la loro libertà
si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli.
E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire
sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro.
C’è chi domanda ai seguaci dei diritti civili: “Quando sarete soddisfatti?”.
Non potremo mai essere soddisfatti, finchè i neri continueranno a subire gli
indescrivibili orrori della brutalità poliziesca. Non potremo mai essere
soddisfatti, finchè non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle
autostrade e negli alberghi delle città, per dare riposo al nostro corpo
affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè tutta la
facoltà di movimento dei neri resterà limitata alla possibilità di trasferirsi
da un piccolo ghetto a uno piùgrande. Non potremo mai essere soddisfatti,
finchè i nostri figli continueranno a essere spogliati dell’identità e derubati
della dignità dai cartelli su cui sta scritto “Riservato ai bianchi”. Non
potremo mai essere soddisfatti, finchè i neri del Mississippi non potranno
votare e i neri di New York crederanno di non avere niente per cui
votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finchè
la giustizia non scorrerà come l’acqua, e la rettitudine come un fiume in
piena.
Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e
tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione.
Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la libertà sono stati colpiti
dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalità
poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro
lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione.
Tornate nel Mississippi, tornate nell’Alabama, tornate nella Carolina del
Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai
ghetti delle nostre città del Nord, sapendo che in qualche modo questa
situazione può cambiare e cambierà.
Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici
miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficoltà di oggi e di
domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel
sogno americano.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il significato
vero del suo credo: noi riteniamo queste verità evidenti di per sé, che tutti
gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli
ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla
tavola della fraternità.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce
il caldo afoso dell’ingiustizia, il caldo afoso dell’oppressione, si
trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in
cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l’essenza della
loro personalità.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno, laggiù nell’Alabama, dove i razzisti sono più
che mai accaniti, dove il governatore non parla d’altro che di potere di
compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno,
proprio là nell’Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per
mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà innalzata, ogni monte e ogni
collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi
tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata, e tutte
le creature la vedranno insieme.
Questa è la nostra speranza. Questa è la fede che porterò con me tornando
nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una
pietra di speranza.
Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra
nazione in una bellissima sinfonia di fraternità.
Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme,
andare in prigione insieme, schierarci insieme per la libertà, sapendo che un
giorno saremo liberi.
Quel giorno verrà, quel giorno verrà quando tutti i figli di Dio potranno
cantare con un significato nuovo: “Patria mia, è di te, dolce terra di libertà,
è di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dell’orgoglio
dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi libertà”. E se l’America vuol essere
una grande nazione, bisogna che questo diventi vero.
E dunque, che la libertà riecheggi dalle straordinarie colline del New
Hampshire.
Che la libertà riecheggi dalle possenti montagne di New York. Che la libertà
riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania.
Che la libertà riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado.
Che la libertà riecheggi dai pendii sinuosi della California.
Ma non soltanto.
Che la libertà riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia.
Che la libertà riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Che la libertà riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del
Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la libertà.
E quando questo avverrà, quando faremo riecheggiare la libertà, quando la
lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da
ogni città, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di
Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno
prendersi per mano e cantare le parole dell’antico inno: “Liberi finalmente,
liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente”.
MARTIN LUTHER KING
L’unica
cosa alla quale siamo chiamati, e che è in nostro potere, è vivere la nostra
vita bene. E vivere bene la nostra vita significa trascorrerla nell’amore verso
tutti gli uomini, senza far male a nessuno, e non punire gli altri per i loro
peccati, ma perdonare a tutti, tranne a se stessi.
LEV N. TOLSTOJ
Non
avevo dubbi su quale sarebbe stata la mia sorte. Ed invece è stata del tutto
diversa.
ROSSANA ROSSANDA
Se
le teorie non si accordano con i fatti, tanto peggio per i fatti.
STEFANO MARCHESI
Se
i mezzi non si accordano con i fini, tanto peggio per i fini.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO
Immagini
il silenzio se tutti dicessero solo quello che sanno?
KAREL CAPEK
Mi
considero la minoranza di uno.
FABRIZIO DE ANDRÈ
La
legge è uguale per tutti: vieta sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i
ponti.
ANATOLE FRANCE
Il
nome di oppio del popolo che Marx applicava alla religione ha potuto convenirle
quando la religione ha tradito sé stessa, ma questo nome conviene
essenzialmente alla rivoluzione.
SIMONE WEIL
Il
prossimo compito della vita consiste nel sostituire la vita fondata sulla lotta
e la violenza con una vita fondata sull’amore e il ragionamento.
LEO TOLSTOJ
Finchè
la guerra sarà vista come malvagia, avrà sempre il suo fascino. Quando la si
guarderà nella sua volgarità, cesserà di essere popolare.
OSCAR WILDE
Se
il fine giustifica i mezzi, il mezzo se ne frega.
ANTONIO SODA detto “TONNO”
Non
esiste una nazione libera quando la sua esistenza come Stato riposa
sulla schiavitù di altri popoli.
ROSA LUXEMBURG
Rispondere
all’intollerante con l’intolleranza può essere formalmente ineccepibile, ma è
certo eticamente povero e forse anche politicamente inopportuno. Non è detto
che l’intollerante, accolto nel recinto della libertà, capisca il valore etico
del rispetto delle idee altrui. Ma è certo che l’intollerante perseguitato ed
escluso non diventerà mai un liberale.
NORBERTO BOBBIO
Prima
di tutto vennero a prendere
gli zingari e fui contento
perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perché mi
stavano antipatici.
Poi a vennero a prendere
gli omosessuali e fui sollevato
perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere
i comunisti e io non dissi niente
perché non ero comunista.
Un giorno vennero
a prendereme e
non c’era rimasto nessuno
a protestare.
MARTIN NIEMOLLER
In
un mondo di fuggitivi
la persona che segue la direzione opposta
sembra che fugga via.
THOMAS STERN ELIOT
Sono
stato al supermercato, avevo le cuffie con la musica alta, e vedevo le persone
ma non le sentivo, nè i rumori che facevano nè le minchiate che dicevano, e
incredibilmente mi sembravano tutti simpatici.
Allora finalmente ho capito…quello che manca al mondo è una colonna sonora
decente…
FEDERICO CAROSI (colonna sonora di David Bowie)
Una
caratteristica troppo spesso sottovalutata della propaganda fascista è che essa
non si accontentava di mentire, ma puntava deliberatamente a trasformare le sue
menzogne in realtà.
HANNAH ARENDT
Chi
può versare
Sangue nero
Sangue giallo
Sangue bianco
Mezzo sangue?
Il sangue non è
indio, polinesiano o inglese.
Nessuno ha mai visto
Sangue ebreo
Sangue cristiano
Sangue mussulmano
Sangue buddista
Il sangue non è
ricco, povero o benestante.
Il sangue è rosso
Disumano è chi lo versa
Non chi lo porta.
NDJOCK NGANA
TOTÒ
- (a Peppino) Ma tu ci credi? ‘Sto paese è così grande che io non mi
raccapezzo.
PEPPINO - Ma come si fa?
TOTÒ - Bisognerebbe trovare qualcuno, che so?, per sapere l’indirizzo di questa
Marisa Florian…
PEPPINO - (indicando un vigile urbano) Domandiamo a quel militare là.
TOTÒ - A quello? Ma che, sei pazzo? Quello dev’essere un generale austriaco,
non lo vedi?
PEPPINO - E va bene… Siamo alleati!
TOTÒ - Siamo alleati?
PEPPINO - Eh.
TOTÒ - Già, è vero: siamo alleati.
PEPPINO - Siamo alleati.
TOTÒ - Andiamo. (Lo prende per mano e vanno insieme dal vigile). (Al vigile)
Excuse me! (Pesta un piede a Peppino).
PEPPINO - Ahi!
TOTÒ - (a Peppino) E scansati! (Poi al vigile) Scusi, lei è di qua?
VIGILE - Dica.
TOTÒ - è di qua?
VIGILE - Si, sono di qua. Perché, m’ha ciapà per un tedesco?
TOTO - Ah, è tedesco? (A Peppino) Te l’avevo detto io che era tedesco…
PEPPINO - Ah… E allora come si fa?
TOTÒ - Eh, ci parlo io.
PEPPINO - (scettico) Perché, tu parli…
TOTÒ - Eh: ho avuto un amico prigioniero in Germania. Non m’interrompere, se no
perdo il filo. (Al vigile) Dunque, excuse me, bitte schòn… Noio (indica sé e
Peppino)…
VIGILE - Se ghe?
TOTÒ - (a Peppino) Ha capito!
PEPPINO - (a Totò) Che ha detto?
TOTÒ - (a Peppino) Dopo ti spiego. (Al vigile) Noio… volevam… volevàm savoir…
l’indiriss…ja..
VIGILE - Eh, ma bisogna che parliate l’italiano, perché io non vi capisco.
TOTÒ - Parla italiano? (A Peppino) Parla italiano!
PEPPINO - (al vigile) Complimenti.
TOTÒ - (al vigile) Complimenti! Parla italiano: bravo!
VIGILE - Ma scusate, dove vi credevate di essere? Siamo a Milano qua!
TOTÒ - Appunto, lo so. Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo
andare, per dove dobbiamo andare. Sa, è una semplice informazione…
VIGILE - Sentite…
TOTÒ e PEPPINO - Signorsì, signore.
VIGILE - … se volete andare al manicomio…
TOTÒ e PEPPINO - Sissignore.
VIGILE -… vi accompagno io.
TOTÒ e PEPPINO - Sissignore.
VIGILE - (li saluta, ma prima di allontanarsi) Ma guarda un po’ che roba! Ma da
dove venite voi, dalla Val Brembana?
TOTÒ - (a Peppino) Non ha capito una parola…
TOTÒ E PEPPINO (e un vigile di Milano)
La
persona che ami è fatta per il 72,8% d’acqua, e non piove da settimane.
JOHAN HARSTAD
In
medium stat virtus (…sed etiam mediocritas).
DETTO LATINO (…GIUSEPPE GUERNICA REITANO)
Gli
uomini si sbagliano, i grandi uomini confessano di essersi sbagliati.
VOLTAIRE
Il
destino dell’uomo in una società capitalistica sviluppata, in cui l’uniformità
delle tecniche crea una superficiale uniformità della vita degli uomini, li
avvilisce, li rende estranei a se stessi, limita e sopprime la loro iniziativa,
la loro effettiva possibilità di scelta e di sviluppo. Porta la solitudine
dell’uomo moderno, che anche quando può disporre di tutti i beni della terra
pur non riesce più a comunicare con gli altri uomini, si sente chiuso in un
carcere dal quale non può uscire.
[A ciò si lega] la necessità di una società socialista che per la prima volta
assume un volto nuovo più ricco. L’uomo non è più solo e l’umanità diventa
davvero una vivente comunità, solo attraverso il molteplice sviluppo della
persona, di tutti gli uomini e la loro organica partecipazione a un’opera
comune. [...] Perciò il mondo cattolico non può essere insensibile a questa
nuova dimensione dei problemi del mondo; e l’aspirazione a una società
socialista non solo può farsi strada in uomini che abbiano un’autentica fede
religiosa, ma trovare in loro uno stimolo, posti di fronte ai drammatici
problemi del mondo contemporaneo. Il che si riflette nella concezione del
socialismo stesso, come società che chiama tutti gli uomini a lavorare assieme e
li chiama tutti a contribuire parimenti con l’opera loro per decidere insieme
il destino di tutta l’umanità.
PALMIRO TOGLIATTI
Se
nei singoli la demenza è rara, è una regola dei gruppi, delle compagnie, dei
partiti, delle epoche.
FRIEDRICH NIETZCHE
Prima
viene lo stomaco, poi viene la morale.
BERTOLT BRECHT
Non
importa. Prova ancora. Sbaglia ancora. Sbaglia meglio
SAMUEL BECKETT
La
verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la
luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.
LEONARDO SCIASCIA
Nell'orchestra si realizza la società
ideale. La partitura è la nostra costituzione, ma poi c'è bisogno dell'impegno
di tutti. Il direttore deve prendersi cura dei suoi musicisti, deve conoscerli,
conoscere le loro problematiche. Deve sapere se un braccio è stanco oppure se
può essere spinto di più. E poi c'è il lavoro di ogni strumento fatto di ore di
prove, ma soprattutto di ascolto. Non è possibile alcun miglioramento se non
c'è questa capacità di ascolto dell'altro, perché se quello di fianco a me suona
meglio, aiuterà me a fare altrettanto, a suonare meglio. È un circolo virtuoso.
EZIO BOSSO
Non
penso che il mondo sia fatto di quark o di onde elettromagnetiche, di stelle o
di pianeti o nient’altro del genere. Penso che il mondo sia fatto di linguaggio.
TERENCE
McKENNA
Bisogna
ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi
cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.
JOSÉ SARAMAGO
In
realtà il patibolo, quando è lì, drizzato, ha alcunché di allucinante. Si può
avere una certa indifferenza a proposito della pena di morte, non pronunciarsi,
dire di sì e no, fino a quando non si è visto coi propri occhi una
ghigliottina; ma se avviene d’incontrarne una, la scossa è violenta e bisogna
decidersi a prendere partito pro o contro di essa. Taluni, come il De Maistre,
ammirano; altri, come il Beccaria, esecrano. La ghigliottina concreta la legge:
si chiama vendetta, ma non è neutra e non vi permette di restar neutro. Chi la
scorge freme del più misterioso dei fremiti. Tutte le questioni sociali drizzano
intorno alla mannaia il loro punto interrogativo. Il patibolo è una visione; ma
non è una costruzione, ma non è una macchina, ma non è un inerte meccanismo
fatto di legno, di ferro e di corde. Sembra ch’esso sia una specie d’essere con
non so qual cupa iniziativa; si direbbe che quella costruzione veda, che quella
macchina senta, che quel meccanismo capisca, che quel legno, quel ferro e
quelle corde vogliano. Nella spaventosa fantasticheria in cui la sua presenza
getta l’anima, il patibolo appare terribile e sembra partecipe di quello che
fa. È il complice del carnefice: divora, mangia la carne, beve il sangue. Il
patibolo è una specie di mostro fabbricato dal giudice e dal falegname, uno
spettro che sembra vivere d’una specie di vita spaventevole, fatta di tutta la
morte che ha dato.
VICTOR HUGO
Secondo
alcuni autorevoli testi di tecnica di aeronautica, il calabrone non può volare,
a causa della forma e del peso del peso del proprio corpo in rapporto alla
superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.
IGOR SIKORSKY
Lei
come gestisce lo stress? Con l’herpes!
ALESSANDRA MALATESTA
Monsignor
Bienvenu diceva: “A coloro che ignorano, insegnate più che potete. La società è
colpevole di non dare gratuitamente l’istruzione ed è responsabile delle
tenebre che produce. Se un’anima è piena d’ombra, il peccato vi si commette; ma
il colpevole non è quegli che ha fatto il peccato, bensì colui che ha fatto
l’ombra.”. Come si vede aveva una strana sua maniera di giudicare le cose. Io
sospetto che la ricavasse dal vangelo.
VICTOR HUGO
È
Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone
sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le
persone accese.
CHARLES BUKOWSKI
Si
è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare.
JEAN PAUL SARTRE
“La
donna è donna”, questo vi ho sentito dire
E giuro che il significato io non l’ho capito mai
Perché se partorisco allora so soffrire?
È come dire che chi nasce ha un bel talento nel morire
MARINA REI
Gli
uomini viaggiano per stupirsi degli oceani e dei monti, dei fiumi e delle
stelle e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi.
AGOSTINO D’IPPONA
Tutte
le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere.
BERTHOLD BRECHT
C’è
qualcosa di più importante della logica: è l’immaginazione!
ALFRED HITCHCOCK
Non
si tratta di una semplice crisi della rappresentanza perché i partiti non sono
solo strumenti per tradurre gli orientamenti e gli interessi in rappresentanze
parlamentari ma anche soggetti che dovrebbero produrre analisi condivise,
elaborare proposte programmatiche e strategiche e, non in ultimo, non limitarsi
ad assumere come dati gli orientamenti nella società, da cui proteggersi o da
assecondare, ma spostare orientamenti diffusi, modificare il senso comune.
STEFANO CICCONE
La
televisione è la prima cultura genuinamente democratica, la prima cultura
disponibile a tutti e completamente fatta da ciò che la gente vuole. La cosa
più terrificante è ciò che la gente vuole.
CLIVE BARNES
Attenti
a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno.
CHARLES BUKOWSKI
Questo
è un altro aspetto rasserenante della natura: la sua immensa bellezza è lì per
tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto.
TIZIANO TERZANI
Non
sempre chi si ferma è perduto: alle volte è semplicemente arrivato.
ALESSANDRO BERGONZONI
Pensa
a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice
ANNA FRANK
Anche
se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza
SENECA
La
mia idea sul Natale, antica o moderna che sia, è molto semplice: amare gli
altri. Pensateci un attimo, perché dobbiamo aspettare il Natale per iniziare?
BOB HOPE
La
normalità è una strada lastricata: è comoda da percorrere ma nessun fiore vi
cresce.
VINCENT VAN GOGH
Ciò
che sfugge alla logica è quanto vi è di più prezioso in noi stessi.
ANDRÈ GIDE
I
cosmologi sono spesso in errore, ma mai in dubbio!
LEV LANDAU
In
ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò
che a lungo si era dato per scontato.
BERTRAND RUSSELL
C’è
una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.
LEONARD COHEN
Era
stato difficile firmare, come ci chiedeva la nostra coscienza. Era difficile
ritrattare la firma, come chiedeva il partito; era ancora più difficile
mantenere la propria posizione, in conflitto con il proprio partito e con la
propria coscienza. E infine era difficilissimo trovare la forza per spiegare al
partito che non sarei tornato indietro e insieme quella per non andarsene dal
partito.
SERGIO GARAVINI
Non
è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto.
SENECA
Cambiate
età ogni giorno. Siate nonne a quindici anni e fidanzate a ottanta. Ma non
siate mai quello che vogliono gli altri.
BARBARA ALBERTI
Nessun
impegno è più importante di un amico che bussa alla porta. Ricordalo quando sei
di fretta, insegnalo ai tuoi figli, non lasciare che la tua vita diventi povera
di tempo.
RITA LEVI MONTALCINI
Mi
trovo su una soglia a guardare attraverso nuvole di polvere che soffia, verso
dove mi dicono che c’è ancora foresta non disboscata. Ieri sono passata in
macchina fra migliaia di ceppi e resti bruciacchiati di incendi dove, nel 1956,
c’era la più meravigliosa foresta che io abbia mai visto, ora tutta distrutta.
La gente deve mangiare. Ha bisogno di carburante per accendere il fuoco.
È
il nordovest dello Zimbabwe all’inizio degli anni Ottanta, e sono venuta a
trovare un amico che insegnava in una scuola di Londra. È qui per “aiutare
l’Africa”, come diciamo noi. È un’anima dolce e idealista, e quello che ha
trovato in questa scuola lo ha talmente scioccato che è entrato in una
depressione dalla quale ha fatto fatica a riprendersi. Questa scuola è come
ogni altra costruita dopo l’indipendenza. Consiste in quattro grandi stanze di
mattoni una accanto all’altra, messe direttamente nella polvere, un due tre
quattro, con mezza stanza a un’estremità, che è la biblioteca. In queste aule
ci sono delle lavagne, ma il mio amico si tiene i gessi in tasca, perché
altrimenti verrebbero rubati. Nella scuola non c’è un atlante o un mappamondo,
non ci sono libri di testo né quaderni né biro… Nella biblioteca non ci sono
libri del tipo che gli alunni vorrebbero leggere, ma solo tomi di università
americane, difficili perfino da sollevare, rifiuti delle biblioteche bianche,
gialli o titoli come Weekend a Parigi o Felicity trova l’amore.
C’è
una capra che cerca di trovare sostentamento in un po’ di erba vecchia. Il
preside della scuola si è intascato i fondi ed è stato sospeso. Il mio amico
non ha denaro perché tutti, alunni e insegnanti, glielo chiedono in prestito
quando viene pagato e probabilmente non glielo restituiranno mai. Gli allievi
hanno dai sei ai ventisei anni, perché alcuni che non hanno ricevuto
un’istruzione da bambini sono qui per recuperare. Alcuni allievi percorrono
molte miglia a piedi ogni mattina, che piova o faccia bello, attraversando anche
i fiumi. Non possono fare i compiti perché nei villaggi non c’è la luce, e non
si riesce a studiare facilmente alla luce di un ciocco di legna che brucia. Le
ragazze devono andare a prendere l’acqua e cucinare prima di di avviarsi a
scuola, e poi quando tornano.
Mi
siedo col mio amico nella sua stanza, la gente passa timidamente, e tutti
supplicano per avere dei libri. “Per favore, ci mandi dei libri quando torna a
Londra”, dice un uomo, “ci hanno insegnato a leggere ma non abbiamo libri”.
Tutti quelli che ho incontrato, tutti, hanno supplicato di avere dei libri.
Rimasi
lì per qualche giorno. La polvere soffiava. Le pompe si erano guastate e le
donne dovevano andare a prendere l’acqua al fiume. Un altro insegnante
idealista arrivato dall’Inghilterra si era ammalato nel vedere com’era questa
cosiddetta scuola.
L’ultimo
giorno hanno ucciso la capra. L’hanno tagliata a pezzetti e l’hanno cucinata in
una grande pentola di latta. Era il tanto atteso banchetto di fine trimestre:
capra bollita e porridge. Sono ripartita in macchina che il banchetto era
ancora in corso, passando di nuovo fra le cicatrici e i monconi della foresta.
Non
credo che molti degli allievi di questa scuola riceveranno dei premi.
Il
giorno dopo devo tenere un discorso in una scuola a nord di Londra, un’ottima
scuola. È una scuola maschile, con edifici e giardini stupendi. I ragazzi lì
ricevono ogni settimana la visita di qualcuno che conoscono bene: può essere il
padre di qualcuno o un parente, e non è insolito per loro ricevere la visita di
una celebrità.
Mentre
tengo loro il discorso, ho in mente la scuola fra le nubi di polvere nel
nordovest dello Zimbabwe, e guardo le tiepide aspettative delle facce inglesi
che ho davanti e cerco di dir loro che cosa ho visto nell’ultima settimana.
Aule senza libri, senza libri di testo, o un atlante, o nemmeno una carta
geografica appesa al muro. Una scuola in cui gli insegnanti supplicano di
spedire loro dei libri perché possano imparare a insegnare, visto che loro
stessi hanno diciotto o diciannove anni. “Per favore, ci mandi dei libri”. Ma
nella loro mente non ci sono immagini da associare a quello che sto
raccontando: quelle di una scuola che sorge fra nubi di polvere, dove c’è
scarsità d’acqua, e dove il lusso di fine trimestre è una capra appena uccisa cucinata
in un pentolone.
È
veramente così impossibile per questi studenti privilegiati immaginare una
povertà così estrema?
Faccio
del mio meglio. Loro sono educati.
Sono
sicura che un giorno qualcuno di loro vincerà dei premi.
Poi
il discorso si conclude. Dopo chiedo agli insegnanti com’è la biblioteca, e se
gli allievi leggono. In questa scuola privilegiata, mi sento dire quello che
sento sempre quando vado in questo tipo di scuole e perfino nelle univeristà.
“sa com’è,” dice uno degli insegnanti, “molti ragazzi non hanno mai letto un
libro, e la biblioteca è usata solo parzialmente”.
Sì,
è vero, sappiamo tutti com’è. Tutti noi.
Siamo
in una cultura che frammenta, dove le nostre certezze anche solo di qualche
decennio fa sono messe in discussione ed è comune per i giovani uomini e le
giovani donne, che hanno ricevuto anni di istruzione, non sapere niente del
mondo, non aver letto nulla, conoscendo solo questa o quella specializzazione,
per esempio i computer.
Quello
che ci è accaduto è un’invenzione affascinante: i computer e internet e la tv.
È stata una rivoluzione. Non è la prima con cui la razza umana si è trovata a
che fare. La rivoluzione della stampa, che non si è concretizzata nel giro di
pochi decenni ma ci ha messo molto di più a svilupparsi, ci ha trasformato la
mente e il modo di pensare. Da pazzi che siamo, abbiamo accettato tutto, come
facciamo sempre, senza mai chiedere: “Che cosa ci succederà adesso, con questa
invenzione della stampa?” Allo stesso modo, non abbiamo mai pensato di
chiedere, “Come verranno cambiate le nostre vite, il nostro modo di pensare, da
Internet, che ha sedotto un’intera generazione con le sue vacuità tanto che
persone piuttosto ragionevoli confessano che, una volta agganciati, è difficile
interrompersi, e che possono anche trovarsi ad aver passato un giorno intero a
bloggare?”
Molto
di recente, chiunque fosse vagamente istruito rispettava l’apprendimento,
l’istruzione e la nostra grande scorta di letteratura. Naturalmente sappiamo
tutti che quando ci trovavamo in questa condizione felice, la gente fingeva di
leggere, e fingeva di rispettare la cultura. Ma è cosa documentata che i
lavoratori e le lavoratrici avevano fame di libri, una cosa sottolineata dalla
fondazione di biblioteche per lavoratori, di istituti, di università nel 18° e
19° secolo. La lettura, i libri, un tempo facevano parte di un’istruzione
generale. Le persone più anziane, parlando ai giovani, devono capire quanta
parte dell’istruzione fosse rappresentata dalla lettura, perché i giovani ne
sanno tanto di meno.
Questa
triste storia la conosciamo tutti. Ma non ne vediamo la fine. Pensiamo a un
vecchio adagio, “la lettura rende l’uomo intero” – cioè che la lettura rende
l’uomo e la donna pieni di informazioni, di storia, di ogni tipo di sapere.
Non
molto tempo fa, un amico in Zimbabwe mi ha raccontato di un villaggio dove la
gente non mangiava da tre giorni, e pure parlava ancora di libri e di come
procurarseli, parlava di istruzione.
Faccio
parte di un’organizzazione che è partita con l’intenzione di portare libri nei
villaggi. C’era un gruppo di persone che per altri motivi avevano viaggiato in
lungo e in largo per lo Zimbabwe. Mi hanno raccontato che i villaggi, a
differenza di quello che si dice, sono pieni di persone intelligenti, di insegnanti
in pensione, di insegnanti in licenza, di bambini in vacanza, di persone
anziane. Io stessa ho finanziato una piccola ricerca per scoprire cosa voleva
leggere la gente in Zimbabwe, e ho scoperto che i risultati erano gli stessi di
una analoga ricerca svedese che prima non conoscevo. La gente vuole leggere lo
stesso tipo di libri che vuole leggere la gente in Europa: romanzi di tutti i
tipi, fantascienza, poesia, gialli, teatro e libri di fai-da-te, per esmepio su
come si apre un conto in banca. E anche tutto Shakespeare. Per gli abitanti dei
villaggi un problema nel trovare i libri è che non sanno cosa c’è, per cui un
certo libro, per esempio Il sindaco di Casterbridge, diventa popolare solo
perché si trova lì, e basta. La fattoria degli animali, per ovvie ragioni, è il
più popolare di tutti i i romanzi.
La
nostra organizzazione è stata aiutata fin dall’inizio dalla Norvegia, e poi
dalla Svezia. Senza questo tipo di sostegno i nostri rifornimenti di libri si
sarebbero esauriti. Ci siamo procurati libri ovunque potessimo. Ricordate che
un buon tascabile dall’Inghilterra costa un mese di stipendio in Zimbabwe:
questo era prima del regno di terrore di Mugabe. Adesso, con l’inflazione,
costerebbe diversi anni di stipendio. Ma avendo portato una scatola di libri a
un villaggio – e ricorda che c’è un terribile scarsità di benzina – posso dirvi
che la scatola è stata accolta con le lacrime agli occhi. La biblioteca può
essere un’asse appoggiata su dei mattoni sotto un albero. E nel giro di una
settimana si creeranno delle classi di studio – persone che sanno leggere che
insegnano a persone che non sanno leggere, lezioni fra cittadini – e in un
remoto villaggio, visto che non c’erano romanzi scritti in lingua Tonga, un
paio di ragazzi si sono messi a scriverne. In Zimbabwe ci sono circa sei lingue
ed in tutte e sei esistono romanzi: violenti, incestuosi, pieni di crimini e di
omicidi.
Si
dice che un popolo abbia il governo che merita, ma io non credo che sia vero
dello Zimbabwe. E dobbiamo ricordarci che questo rispetto e e questa fame per i
libri viene non dal regime di Mugabe, ma da quello precedente, quello dei
bianchi. È un fenomeno sconvolgente, questa fame di libri, e lo si può
osservare dal Kenya giù fino al capo di Buona Speranza.
Questo
si collega in modo improbabile con un fatto: io sono cresciuta in quella che
era virtualmente una capanna di fango, col tetto di paglia. Quel tipo di casa
la si è sempre costruita ovunque ci fossero canne o erba, fango adatto, tronchi
per le pareti – per esempio nell’Inghilterra sassone. Quella in cui sono
cresciuta io aveva quattro stanze, una accanto all’altra, ed era piena di
libri. Non solo i miei genitori li portavano dall’Inghilterra all’Africa, ma
mia madre ne ordinava per posta dall’Inghilterra per i suoi figli. I libri arrivavano
in grossi pacchi di carta marrone, ed erano la gioia della mia giovane vita.
Una capanna di fango, ma piena di libri.
Perfino
oggi ricevo lettere di persone che vivono in un villaggio che magari non ha
l’elettricità o l’acqua corrente, proprio come la nostra famiglia in quella
capanna di fango oblunga. “Anchio diventerò uno scrittore,” dicono, “perché ho
lo stesso tipo di casa che ha avuto lei”.
Ma
qui sta la difficoltà. La scrittura, gli scrittori, non vengono fuori da case
senza libri.
Ho
guardato i discorsi di alcuni dei recenti vincitori del premio Nobel. Prendete
il vincitore dell’anno scorso, il magnifico Orhan Pamuk. Diceva che suo padre
aveva 500 libri. Il suo talento non è venuto fuori dal nulla, lui era collegato
con la grande tyradizione. Prendete VS Naipaul. Egli menziona che i veda
indiani erano vicini alla memoria della sua famiglia. Suo padre lo incoraggiò a
leggere, e quando andava in Inghilterra andava a visitare la British Library.
Prendiamo John Coetzee. Non solo è stato vicino alla grande tradizione, lui era
la tradizione: insegnava letteratura a Cape Town. E quanto mi dispiace di non
aver mai partecipato a una delle sue lezioni; farsi insegnare da quella mente
meravigliosamente coraggiosa e sfrontata. Per poter scrivere, per poter fare
lettteratura, bisogna che ci sia una stretta connessione con le biblioteche, i
libri, la tradizione.
Ho
un amico in Zimbabwe, uno scrittore nero. Ha imparato a leggere da solo dalle
etichette dei vasetti di marmellata, le etichette sulle lattine della frutta
sciroppata. È cresciuto in una zona dove sono passata in macchina, una zona per
neri di campagna. La terra è fatta di sabbia e ghiaia, ci sono sparsi cespugli
bassi. Le capanne sono povere, niente a che vedere con quelle ben tenute di chi
è più benestante. C’era una scuola, ma come quella che vi ho descritto prima.
Ha trovato un’enciclopedia per bambini gettata via in cima a una pila di
spazzatura e ha imparato da solo da lì.
All’indipendenza,
nel 1980 in Zimbabwe, c’era un gruppo di buoni scrittori, davvero un nido di
uccelli canori. Erano cresciuti nella vecchia Rhodesia del sud, sotto i bianchi
– le scuole delle missioni, le scuole migliori. Gli scrittori in Zimbabwe non si
fanno facilmente, non sotto Mugabe.
Tutti
gli scrittori hanno percorso una strada difficile per farsi una cultura,
figuriamoci per diventare scrittori. Direi che imparare a leggere dalle
etichette stampate sui barattoli di marmellata e sulle enciclopedie buttate via
non era insolito. E stiamo parlando di persone che hanno fame di standard di
istruzione ben al di là della loro portata, che vivono in capanne con molti
figli, di madri stanchissime, che lottano per trovare cibo e vestiti.
Eppure
nonostante queste difficoltà, gli scrittori sono arrivati. E dovremmo anche
ricordare che questo è lo Zimbabwe, conquistato meno di cento anni fa. I nonni
di queste persone potrebbero essere stati cantastorie che lavoravano
all’interno della tradizione orale. In una o due generazioni si è compiuta la
transizione da quelle storie ricordate e trasmesse, alla stampa, ai libri.
I
libri sono stati letteralmente strappati dai cumuli di immondizia e dai detriti
del mondo dell’uomo bianco. Ma un foglio di carta è una cosa, un libro
pubblicato è un’altra. Perfino in posti più privilegiati come il nord Africa,
parlare di una scena editoriale è un sogno di possibilità.
Eccomi
qui a parlare di libri mai scritti, di scrittori che non ce l’hanno fatta
perché non c’erano editori. Voci inudite. Non è possibile fare una stima di
questo grande spreco di talento, di potenziale. Ma perfino prima dello stadio
della creazione di un libro che richiede un editore, un anticipo, un
incoraggiamento, manca qualcos’altro.
Gli
scrittori chiedono spesso: “Come scrivi? Con un computer? Con una macchina da
scrivere elettrica? Con un pennino? A mano?”. Ma la domanda essenziale è: “tu
hai trovato uno spazio, quello spazio vuoto che dovrebbe circondarti quando
scrivi? In quello spazio, che è come una forma di ascolto, di attenzione,
verranno le parole, el parole che pronuceranno i tuoi personaggi, le idee –
l’ispirazione.” Se uno scrittore non riesce a trovare questo spazio, allora i
poemi e le storie possono restare abortiti. Quando gli scrittori parlano fra di
loro, quello di cui discutono ha sempre a che fare con questo spazio
dell’immaginazione, questo altro tempo. “Lo hai trovato? Te lo stai tenendo
stretto?”
Adesso
saltiamo a una realtà completamente diversa. Siamo a Londra, una delle grandi
città. C’è un nuovo scrittore o scrittrice. Cinicamente ci informiamo: “è
carina?” e se si tratta di un uomo: “è carismatico? Di bell’aspetto?”
Scherziamo ma non è uno scherzo.
Questa
nuova scoperta viene acclamata, magari le danno un sacco di soldi. Nelle sue
povere orecchie comincia il brusio della fama. Viene festeggiata, lodata,
trasportata in giro per il mondo. A noi vecchi, che abbiamo visto tutto,
dispiace per questo neofita, che non ha idea di quello che sta davvero
succedendo. Lui o lei è lusingato, contento. Ma chiedetegli nel giro di un anno
cosa sta pensando: “è la cosa peggiore che potesse succedermi”.
Alcuni
nuovi scrittori molto pubblicizzati non hanno più scritto, o non hanno scritto
quello che volevano o a cui erano destinati. E noi, i vecchi, vogliamo sussurrare
a quelle orecchie innocenti: “Ce l’hai ancora quello spazio? La tua anima, quel
luogo tuo e necessario dove le tue voci possono parlarti, a te solo, dove puoi
sognare? Oh, tientelo stretto, non lasciarlo andare.”
La
mia mente è piena di splendidi ricordi dell’Africa che posso riportare in vita
e guardare ogni volta che voglio. Che dire di quei tramonti, d’oro e viola e
arancio, che si allargano in cielo la sera? E delle farfalle e delle falene e
delle api sui cespugli aromatici del Kalahari? Oppure, seduti sulle chiare rive
erbose dello Zambesi, dell’acqua scura e lucida, con tutti gli uccelli d’Africa
che sfrecciano intorno? Sì, elefanti, giraffe, leoni e tutto il resto, ce
n’erano molti, ma cosa dire del cielo di notte, ancora non inquinato, nero e
meraviglioso, pieno di irrequiete stelle?
Ci
sono anche altri ricordi. Un giovane africano, forse di diciotto anni, in piedi
in quella che sperava diventasse la sua “biblioteca”. Un americano in visita,
vedendo che la sua biblioteca non aveva libri, ne aveva spedita una cassa. Il
giovane aveva tirato fuori ogni libro, con reverenza, e lo aveva avvolto nella
plastica. “Ma”, diciamo noi, “questi libri di sicuro sono stati spediti perché
venissero letti?” “No”, risponde lui, “si sporcheranno, e allora dovrei potrei
procuramente degli altri?”
Ho
visto un insegnante in una scuola dove non c’erano libri di testo, nemmeno un
gesso per la lavagna. Insegnava alla sua classe di allievi dai sei ai diciotto
anni spostando dei sassi nella polvere, cantando: “due volte due fa…” e così
via. Ho visto una ragazza – che avrà avuto non più di vent’anni, anche lei
senza libri di testo, senza quaderni, senza penne – insegnare l’alfabeto
tracciando le lettere nella terra con un bastoncino, sotto il sole che batteva
e nella polvere che volava in mulinelli.
Vorrei
che vi immaginaste da qualche parte in Africa meridionale, in un negozio
indiano, in una zona povera, in un periodo di forte siccità. C’è una coda di
gente, soprattutto donne, con ogni tipo di contenitore per l’acqua. Questo
negozio riceve una cisterna di preziosa acqua ogni pomeriggio dalla città, e
qui la gente aspetta.
L’indiano
se ne sta con i palmi delle mani piantati sulla cassa, e sta guardando una
donna nera che si piega su un blocco di carta che sembra strappato via da un
libro. Sta leggendo Anna Karenina. Legge lentamente, seguendo le parole con le
labbra. Sembra un libro difficile. È una giovane donna con due bambini piccoli
attaccati alle gambe. È incinta. L’indiano è a disagio, perché la sciarpa della
giovane, che dovrebbe essere bianca, è gialla di polvere. Ha polvere fra i
seni, sulle braccia. L’uomo è a disagio per via delle code di persone, tutte
assetate, ma non ha abbastanza acqua per tutti. È arrabbiato perché sa che là
fuori c’è gente che muore, oltre le nubi di polvere.
Quest’uomo
è curioso. Dice alla giovane: “cosa stai leggendo?”
“Parla
della Russia,” dice la ragazza.
“Sai
dov’è la Russsia?” neanche lui lo sa bene.
La
giovane lo guarda dritto negli occhi, piena di dignità, anche se ha gli occhi
rossi per la povere. “Io ero la migliore della mia classe. Il mio insegnante
diceva che ero la migliore.”
La
ragazza riprende a leggere. Vuole arrivare alla fine del paragrafo.
L’indiano
guarda i due bambini piccoli e fa per prendere della Fanta, ma la madre dice:
“la Fanta gli fa venire sete.”
L’indiano
sa che non dovrebbe farlo, ma prende un grosso contenitore di plastica che ha
accanto, dietro la cassa, e versa due tazze di plastica d’acqua che porge ai
bambini. Guarda la ragazza che guarda i suoi bambini bere, la bocca che si
muove. Le dà una tazza d’acqua. Gli fa male vederla bere, tanto è penosamente
assetata.
Adesso
lei gli porge un contenitore di pastica per l’acqua e lui lo riempie. La
ragazza e i bambini lo osservano attentamente perché non ne versi fuori neanche
un po’.
Lei si piega di nuovo sul libro, legge lentamente ma il paragrafo la affascina
e lo rilegge.
“Varenka
col suo fazzoletto bianco sui capelli neri, circondata da bambini, bonariamente
e allegramente occupata di loro e, lo si vedeva, agitata dalla possibilità di
una spiegazione con un uomo che le piaceva, era molto attraente. Sergej
Ivanovic le camminava accanto e non cessava di ammirarla. Guardandola, ricordava
tutti i simpatici discorsi che aveva sentito da lei, tutto quel che sapeva di
buono sul suo conto, e riconosceva sempre di più che il sentimento che provava
per lei era qualcosa di particolare, da lui sperimentato tanto tanto tempo fa e
soltanto una volta, nella prima giovinezza. Il senso di gioia per la vicinanza
a lei, aumentando sempre, giunse al punto che, tendendole nel cestino un enorme
fungo prugnolo dalle estremità accartocciate col gambo sottile, la guardò negli
occhi e, notato un colorito di gioiosa e spaventata agitazione che le aveva
coperto il volto, si confuse egli stesso e le sorrise in silenzio con un
sorriso tale, che diceva troppo.”
Questo
frammento stampato è posato sulla cassa insieme a qualche vecchia copia di
rivista, qualche pagina di giornale, ragazze in bikini.
È
tempo per lei di lasciare il rifugio del negozio indiano, e di rimettersi in
marcia sulle quattro miglia che portano al villaggio. Fuori le code di donne
rumoreggiano e si lamentano.
Lui
sa quanto costerà a questa ragazza tornare a casa con i due bambini appesi
addosso. Le darebbe il frammento di prosa che la affascina tanto, ma non riesce
a credere davvero che questa scheggia di ragazza con il suo pancione possa
davvero capirlo.
Perché
un terzo di Anna Karenina si trova piantato qui su questa cassa in un remoto
negozio indiano? È andata così.
Un
certo altro funzionario delle Nazioni Unite aveva comprato una copia di questo
romanzo in libreria quando si era messo in viaggio per attraversare diversi
oceani e mari. Sull’aereo, sistemato nel suo posto in business class, ha
strappato il libro in tre parti. Mentre lo faceva si è guardato intorno, verso
i compagni di viaggio, sapendo che avrebbe visto sguardi scioccati, curiosi, ma
anche divertiti. Quando si è sistemato con la cintura allacciata ha detto ad
alta voce per chiunque potesse sentire, “lo faccio sempre quando faccio un
lungo viaggio. Non si vuol certo portarsi dietro un libro grosso e pesante.” Il
romanzo era un tascabile, certo, ma è un libro lungo. Quest’uomo era abituato
ad essere ascoltato quando parlava. Quando gli altri hanno guardato dalla sua
parte, con curiosità o meno, lui ha confidato loro: “davvero, non c’è altro
modo per viaggiare”.
Quando
ha raggiunto la fine di una sezione del libro, ha chiamato la hostess e l’ha
rimandato alla sua segretaria, che viaggiava nei posti più economici. Questo ha
provocato molto interesse, condanna, certamente curiosità, ogni volta che
arrivava una sezione del grande romanzo russo, mutilata ma leggibile, nella
parte posteriore dell’aereo.
Nel
frattempo, giù al negozio indiano, la giovane donna si sta reggendo alla casa,
i piccoli appesi alle gonne. Porta i jeans perché è una donna moderna, ma sopra
ci ha messo la pesante gonna di lana, parte della veste tradizionale della sua
gente: i bambini possono appendersi facilmente alle sue fitte pieghe.
La
ragazza manda uno sguardo rinoscente all’indiano, sa di piacergli e sa che gli
dispiace per lei, e si incammina fuori nelle nubi di polvere che soffiano. I
bambini sono ormai oltre il pianto, e comunque hanno la gola piena di polvere.
È
faticoso, sì, molto faticoso, questo camminare mettendo un piede dopo l’altro,
attraverso la polvere che cede in collinette soffici e ingannevoli sotto i suoi
piedi. Faticoso, faticoso, ma lei è abituata alle diffcoltà, no? Il suo
pensiero va alla storia che stava leggendo. Sta pensando: “lei è proprio come
me, con la sciarpa bianca, e anche lei bada ai bambini. Potrei essere lei,
quella ragazza russa. E quell’uomo, la ama e le chiederà di sposarlo (ha letto
solo quel paragrafo). Sì, e un uomo arriverà per me, e mi porterà via da tutto
questo, porterà via me e i miei bambini, mi amerà e si occuperà di me.”
Pensa.
La mia insegnante diceva che c’è una biblioteca lì, più grande del
supermercato, un grosso edificio, e che è piena di libri. La giovane sorride
mentre procede, con la polvere che le soffia sul viso. Sono brava, pensa.
L’insegnante ha detto che sono brava. La più brava di tutta la scuola. I miei
figli saranno bravi come me. Li porterò alla biblioteca, il posto pieno di
libri, e andranno a scuola, e diventeranno insegnanti – il mio insegnante mi ha
detto che potrei insegnare. Abiteranno lontano da qui, guadagneranno. Vivranno
vicino alla grande biblioteca e si godranno una bella vita.
Potreste
chiedervi come sia finito quel pezzo di romanzo russo sulla cassa nel negozio
indiano.
Sarebbe
una bella storia, forse qualcuno la racconterà.
E
così procede la povera ragazza, sostenuta dai pensieri dell’acqua che darà ai
suoi bambini, e che berrà un po’ anche lei. Va avanti, attraverso le temute
polveri di una siccità africana.
Siamo
una massa satolla e logora, noi nel nostro mondo – il nostro mondo minacciato.
Siamo bravi con l’ironia e anche col cinismo. Alcune parole e alcune idee le
usiamo pochissimo, tanto sono diventate consunte. Ma potremmo voler restaurare
alcune parole che hanno perduto la loro potenza.
Abbiamo
una casa piena di tesori di letteratura, che risale agli egizi, ai greci, ai
romani. È tutta là, la messe di letteratura, da riscoprire ogni volta da capo
per chiunque sia così fortunato da incontrarla. Supponiamo che non esistesse.
Quanto saremmo impoveriti, vuoti.
Abbiamo
un’eredità di storie, racconti dei vecchi cantastorie, alcuni che conosciamo
per nome, altri no. I cantastorie risalgono alla notte di tempi, a una radura
nella foresta in cui brucia un grande fuoco, e i vecchi sciamani ballano e
cantano, perché il nostro patrimonio di storie ha avuto principio nel fuoco,
nella magia, nel mondo degli spiriti. Ed è la che viene mantenuta oggi.
Chiedete a qualunque moderno cantastorie e vi dirà che c’è sempre un momnento
in cui si sente toccato dal fuoco, da quella che ci piace chiamare ispirazione,
e questo risale al principio della razza umana, al fuoco e al ghiaccio e ai
grandi venti che hanno dato forma a noi e al nostro mondo.
Il
cantastorie è nel profondo di ciascuno di noi. Il creatore di storie è sempre
con noi. Supponiamo che il nostro mondo sia attaccato dalla guerra, dagli
orrori che tutti facilmente immaginiamo. Supponiamo che le città venissero
invase dalle alluvioni, che i mari salissero… ma il cantastorie ci sarà sempre,
perché è la nostra immaginazione ciò che ci modella, che ci mantiene, che ci
crea – nel bene e nel male. Sono le nostre storie che ci ricreano quando siamo
lacerati, feriti, perfino distrutti. È il cantastorie, il creatore di sogni, il
creatore di miti, che è la nostra fenice, che ci rappresenta al nostro meglio e
nella nostra forma più creativa.
Quella
povera ragazza che si trascina nella polvere, sognando un’educazione per i suoi
bambini, pensiamo di essere migliori di lei? Noi, satolli di cibo, gli armadi
pieni di vestiti, che ammuffiamo fra i nostri oggetti superflui?
Quella
ragazza e le donne che parlavano di libri e di istruzione quando non mangiavano
da tre giorni, io penso che saranno loro a definirci.
DORIS LESSING (Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Letteratura
2007)
La
vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la
pioggia.
GANDHI
Quando
sono andato a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho
risposto “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io risposi che
loro non avevano capito la vita.
JOHN LENNON
Frank
Zappa si autocandidò a presidente degli Stati uniti. Preferirono Nixon.
L’umanità è masochista.
DANIELE SEPE
Quando
ci si crede autorizzati da una qualche causa superiore al dileggio,
all’insulto, alla minaccia, minaccia e dileggio prendono la mano e cancellano
la causa supposta superiore. Tanto più quando la causa si leghi ad un’ideologia
che nobilita odio e violenza contro un nemico. Ma anche questo non basta:
perché la stessa ideologia fa da pretesto e odio e violenza sanno, cadute le
ideologie, farne a meno e banchettare lo stesso.
ADRIANO SOFRI
Vi
fu un tempo in cui facevi domande perché cercavi risposte, ed eri felice quando
le ottenevi. Torna bambino: chiedi ancora.
C.S. LEWIS
Non
è rivoluzionario sbattere comunque la testa contro il muro senza valutare
se si rompe la testa o si sbriciola il muro. Preservare la testa non è un
atto di viltà, ma di intelligenza. Almeno se si intende combattere ancora e non
solo costruire un monumento ai martiri.
LUCIANA CASTELLINA
La
gente è strana: si infastidisce sempre per cose banali, e poi dei problemi
gravi come il totale spreco della propria esistenza, sembra accorgersene a
stento.
CHARLES BUKOWSKI
Esiste
un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza.
SOCRATE
Abbiamo
bisogno di parole autentiche, credibili, vere, nude. Perché le parole non sono
mai neutrali. Sono di parte, le parole. Per taluni sono solo l’indumento
servile delle idee ma al contrario le parole sono la luce dei pensieri. Sono
relazione. Sono ponti, le parole. Troppo spesso la parola è umiliata a rango di
merce e venduta come schiava nel mercato della discussione. Usata e usurata
dall’effetto e dal calcolo. Pallone per un dribbling contro l’imbarazzo o il
torto marcio. Parole umiliate e sottomesse che servono a umiliare e
sottomettere. Per questo attendo il giorno in cui le parole decideranno di
ribellarsi e di trasformarsi in racconto e vita. Di riprendersi la propria
dignità per accettare sì l’impegno del servizio, ma solo della verità. Il
giorno in cui saranno le parole a guidare i pensieri oltre ogni diplomazia e
dialettica, spoglie da camuffamenti, libere dalla finzione, si trasformeranno
in mattoni da costruzione e non accetteranno più d’essere pietre scagliate
dalla fionda della malevolenza. Né d’essere melliflue ed esili per nascondere
come carta velina l’astio e l’ostilità, l’invidia o l’inimicizia. Parole nude,
parole di parte, gravide di vita.
DON TONIO DELL’OLIO
Il
problema è che le persone intelligenti sono piene di dubbi, mentre le persone
stupide sono piene di sicurezze.
CHARLES BUKOWSKI
Noi
pretendiamo che la vita debba avere un senso: ma la vita ha precisamente il
senso che noi stessi siamo disposti ad attribuirle.
HERMANN HESSE
A
volte la giustezza del principio conferisce correttezza formale alla più pura
imbecillità…..
GIULIANO MANGILI
Non
muoio perché non ho il tempo per farlo.
GIOVANNA BITTO
Mi
piace chi sceglie con cura le parole da non dire.
ALDA MERINI
Ho
imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni
coscienza, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare.
NORBERTO BOBBIO
Le
scelte prima si fanno e poi ti fanno.
ROSSANA ROSSANDA
Noi
siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza
memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere.
JOSÉ SARAMAGO
Una
società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono
gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi
in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in
grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo.
ZYGMUNT BAUMAN
La
violenza è semplice, ma le alternative ad essa sono complesse. La violenza
inoltre è il problema di cui ritiene di essere la soluzione.
FRIEDRICH HACKER
La
vendetta è una specie di giustizia primitiva alla quale, quanto più la natura
umana ricorre, tanto più la legge dovrebbe mettere fine.
FRANCIS BACON
Questa
borghesia è illuminata finché qualcun altro paga la bolletta della luce.
VALENTINO PARLATO
Fare
della competizione politica ed elettorale non principalmente un momento di
affermazione di identità, quasi di professione di fede, ma piuttosto vedervi
un’impresa politica, con obiettivi precisi in tempi definiti.
ALEX LANGER
La
democrazia vive se c’è un buon livello di cultura diffusa. Se questo non c’è,
le istituzioni democratiche sono forme vuote.
TULLIO DE MAURO
Ho
provato e ho fallito; non importa, riproverò. Fallirò meglio.
SAMUEL BECKETT
Nella
vita saremo quasi sempre perdenti; l’importante è non essere perduti.
PADRE DAVID MARIA TUROLDO (citato da Rosario Livatino)
Noi
veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera,
può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio
lavoro ad Auschwitz.
GEORG STEINER
Praticate
gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso.
ANNE HERBERT
Mare nostro
Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola e del mondo,
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale, accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli,
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva e di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati più di
qualunque età delle tempeste.
Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite,
le visite cadute come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire
ERRI DE LUCA
Vostra
Maestà,
Illustri
membri del Comitato Nobel norvegese,
Miei
colleghi attivisti, qui e in tutto il mondo,
Signore
e signori,
È
un grande privilegio accettare questo premio, insieme a Beatrice, a nome di
tutte le persone straordinarie che formano il movimento ICAN. Ognuno di voi mi
dà la grandissima speranza che possiamo – e lo faremo – porre fine all’era
delle armi nucleari.
Parlo
come membro della famiglia degli hibakusha – quelli di noi che, per una
miracolosa casualità, sono sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima
e Nagasaki. Da oltre settant’anni lavoriamo per la totale abolizione delle armi
nucleari.
Ci
siamo alzati solidalmente con coloro che sono stati danneggiati dalla
produzione e dalla sperimentazione di queste orribili armi in tutto il mondo.
Persone provenienti da luoghi con nomi a lungo dimenticati, come Moruroa,
Ekker, Semipalatinsk, Maralinga, Bikini. Persone le cui terre e i cui mari sono
stati irradiati, i cui corpi sono stati usati per esperimenti, le cui culture
sono state per sempre sconvolte.
Non
ci siamo accontentati di essere vittime. Ci siamo rifiutati di aspettare
un’istantanea fine ardente o il lento avvelenamento del nostro mondo. Ci siamo
rifiutati di sederci pigramente nel terrore perché le cosiddette grandi potenze
ci hanno portato al passato crepuscolo nucleare e sconsideratamente vicini alla
mezzanotte nucleare. Ci siamo alzati. Abbiamo condiviso le nostre storie di
sopravvissuti. Abbiamo detto: l’umanità e le armi nucleari non possono
coesistere.
Oggi,
voglio che voi sentiate in questa sala la presenza di tutti coloro che sono morti
a Hiroshima e a Nagasaki. Voglio che voi sentiate, sopra e attorno a noi, una
grande nuvola di un quarto di milione di anime. Ogni persona aveva un nome.
Ogni persona era amata da qualcuno. Facciamo in modo che la loro morte non sia
stata vana.
Avevo
solo 13 anni quando gli Stati Uniti hanno lanciato la prima bomba atomica sulla
mia città, Hiroshima. Ricordo ancora vividamente quella mattina. Alle 8:15 ho
visto un accecante flash bianco-bluastro dalla finestra. Ricordo di avere avuto
la sensazione di galleggiare nell’aria.
Mentre
riacquistavo coscienza nel silenzio e nelle tenebre, mi sono ritrovata
immobilizzata dalle macerie dell’edificio crollato. Ho cominciato a sentire le
deboli grida dei miei compagni di classe: “mamma, aiutami. Dio, aiutami”.
Poi,
improvvisamente, ho sentito delle mani toccarmi la spalla sinistra, e un uomo
dire: “Non arrenderti! Continua a spingere! Sto cercando di liberarti. Vedi la
luce che passa attraverso quell’apertura? Muoviti in quella direzione il più
velocemente possibile”. Appena sono strisciata fuori, le rovine hanno preso
fuoco. La maggior parte dei miei compagni di classe sono morti bruciati vivi in
quell’edificio. Ho visto tutto intorno a me una devastazione assoluta,
inimmaginabile.
Processioni
di figure spettrali che si trascinavano. Persone grottescamente ferite,
sanguinanti, bruciate, annerite e gonfie. Pezzi dei loro corpi erano mancanti.
Carne e pelle penzolavano dalle loro ossa. Alcuni avevano in mano i propri
bulbi oculari. Qualcuno con il ventre esploso, aperto, con gli intestini che
fuoriuscivano. Il disgustoso puzzo di carne umana bruciata riempiva l’aria.
Così,
con una bomba la mia amata città è stata cancellata. La maggior parte dei suoi
abitanti erano civili che sono stati inceneriti, vaporizzati, carbonizzati –
tra questi, membri della mia famiglia e 351 miei compagni di scuola.
Nelle
settimane, nei mesi e negli anni successivi molte altre migliaia di persone
sarebbero morte, spesso in modi arbitrari e misteriosi, a causa degli effetti a
posteriori delle radiazioni. Ancora oggi le radiazioni uccidono i
sopravvissuti.
Ogni
volta che ricordo Hiroshima, la prima immagine che mi viene in mente è quella
del mio nipotino di quattro anni, Eiji – il suo piccolo corpo trasformato in un
irriconoscibile pezzo di carne fusa. Ha continuato a chiedere acqua con un filo
di voce finchè la morte non lo ha liberato dall’agonia.
Per
me, è diventato la rappresentazione di tutti i bambini innocenti del mondo,
minacciati come sono, proprio in questo momento, dalle armi nucleari. Ogni
secondo di ogni giorno, le armi nucleari mettono in pericolo tutti coloro che
amiamo e tutto ciò che ci sta a cuore. Non dobbiamo più continuare a tollerare
questa follia.
Attraverso
la nostra agonia e alla lotta per la pura sopravvivenza – e per ricostruire la
nostra vita dalle ceneri – noi hibakusha ci siamo convinti di dover mettere in
guardia il mondo da queste armi apocalittiche. Ancora e ancora, abbiamo
condiviso le nostre testimonianze.
Ma
alcuni tuttavia rifiutavano di vedere Hiroshima e Nagasaki come delle atrocità
– come crimini di guerra. Hanno accettato la propaganda secondo cui si trattava
di “bombe buone” che avevano posto fine a una “guerra giusta”. È stato questo
mito che ha portato alla disastrosa corsa agli armamenti nucleari, una corsa
che continua ancora oggi.
Nove
nazioni minacciano ancora di incenerire intere città, di distruggere la vita
sulla terra, di rendere il nostro bel mondo inabitabile per le generazioni
future. Lo sviluppo delle armi nucleari non significa l’elevazione di un paese
alla grandezza, ma la sua discesa alle profondità più oscure della
depravazione. Queste armi non sono un male necessario; sono il male ultimo.
Il
sette luglio di quest’anno sono stata travolta dalla gioia, quando la
stragrande maggioranza delle nazioni del mondo ha votato a favore dell’adozione
del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Dopo essere stata testimone
del peggio dell’umanità, quel giorno sono stata tesimone del suo meglio. Noi
hibakusha abbiamo aspettato il bando per settantadue anni. Che questo sia
l’inizio della fine delle armi nucleari.
Ogni
leader responsabile firmerà questo trattato. E la storia giudicherà duramente
coloro che lo respingeranno. Le loro astratte teorie non devono più mascherare
la realtà genocida delle loro pratiche. Il “deterrente” non deve più essere
considerato altro che un deterrente al disarmo. Non vivremo più sotto una
nuvola di paura a forma di fungo.
Ai
funzionari delle nazioni dotate di armi nucleari – e ai loro complici sotto il
cosiddetto “ombrello nucleare” – dico questo: ascoltate la nostra
testimonianza. Date retta al nostro avvertimento. E sappiate che le vostre
azioni sono importanti. Ognuno di voi è parte integrante di un sistema di
violenza che mette in pericolo il genere umano. Facciamo in modo di stare tutti
all’erta sulla banalità del male.
A
ogni presidente e primo ministro di ogni nazione del mondo, vi imploro: aderite
a questo trattato; eliminate per sempre la minaccia dell’annientamento
nucleare.
Quando
ero una ragazzina di 13 anni, intrappolata nelle macerie, ho continuato a
spingere. Ho continuato a muovermi verso la luce. E sono sopravvissuta. Ora la
nostra luce è il trattato di divieto. A tutti in questa sala e a tutti quelli
che nel mondo stanno ascoltando, ripeto quelle parole che ho sentito rivolgermi
nelle rovine di Hiroshima: “Non mollate! Continuare a spingere! Vedete la luce?
Muovetevi verso di essa”.
Stasera,
mentre marciamo per le strade di Oslo con le torce accese, seguiamoci l’un
l’altro fuori dalla notte buia del terrore nucleare. Non importa quali ostacoli
dobbiamo affrontare, continueremo a muoverci e continueremo a spingere e a
condividere questa luce con altri. Questa è la nostra passione e il nostro
impegno affinché il nostro prezioso unico mondo sopravviva.
SETSUKO THURLOW
(discorso per il ritiro del Premio Nobel per la Pace 2017 asswgnato ad ICAN
– Traduzione dall’inglese di Matilde Mirabella)
Spero
sempre di lavorare non solo per me.
VINCENT VAN GOGH
Il
più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della
conoscenza.
STEPHEN HAWKING
La
storia è maestra, ma gli uomini sono cattivi allievi.
ANTONIO GRAMSCI
Gli
strumenti musicali sono armi di costruzione di massa.
CESC GELABERT
A
furia di lasciare le cose a metà, finiremo per
VOX POPULI riportata da NICOLA BOTTA
Detto
nr il numero di revisioni del testo, l la lunghezza del testo ed ne il numero
di errori, per l sufficientemente grande, il limite di ne per nr che tende
all’infinito è un numero finito maggiore di zero il cui valore è funzione di l.
PRINCIPIO DI POLI REITANO
La
musica ci insegna la cosa più importante: ad ascoltare, ad ascoltarci; un
grande musicista non è chi suona più forte, ma chi ascolta più degli altri.
Così i problemi diventano opportunità.
EZIO BOSSO
La
vigliaccheria chiede: è sicuro? L’opportunità chiede: è conveniente? La
vanagloria: è popolare? Ma la coscienza chiede: è giusto? Prima o poi bisogna
prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente o popolare; ma
bisogna prenderla, perché è giusta.
MARTIN LUTHER KING
Restiamo
umani.
VITTORIO ARRIGONI
La
fisica senza filosofia sarebbe pura e facile ingegneria.
ALBERT EINSTEIN (Cit. da pag. 198 de “L’incredibile cena dei fisici
quantistici” di Gabriella Greison)
Il
fascismo non è solo una dottrina o un partito, una camicia nera o un saluto
romano. Il fascismo è un modo di vivere, un modo di concepire l’esistenza che è
sempre in agguato, dentro e fuori di noi. È un modo di vivere nel quale ci
si piega a falsi servilismi per amore di quieto vivere e di carriera. È una
mentalità nella quale teniamo più all’apparenza che all’essere.
MONSIGNOR GIOVANNI BARBARESCHI
Si
sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona. [...] Amo
piangere commuovendomi per emozioni forti, sia belle sia brutte ma soprattutto
amo reagire alle avversità. Amo stringere i denti ed essere una testa più dura
della durezza della vita. Amo con profonda gratitudine l’aver avuto
l’opportunità di vivere.
SILVIA ROMANO
Nessuna
persona torturata, nessuna, rimane senza macchia, lo so perfettamente e non
chiedermi perché. Non potrai mai più parlare di innocenza, al massimo di
sopravvivenza.
IMRE KERTESZ
È
la bellezza di un gesto, non la vittoria, a cambiarci la vita.
MAURO BERRUTO (CT ItalVolley 2010-2015)
Quando
si sceglie il male minore non bisogna mai dimenticare che si sta scegliendo
comunque il male.
HANNAH ARENDT
Se
siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte
dell’oppressore.
DESMOND TUTU
Si
dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella
poesia, vedere un bel quadro e, se possibile, dire qualche parola ragionevole.
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE
Volevo
cambiare il mondo e non l’ho cambiato, ma il mondo non ha cambiato me.
GIANFRANCO BARGAGLI
Si
dice che “partire è un po’ morire” ma ancor di più lo è arrivare al luogo di
destinazione.
FOSCO MARAINI
La
natura è prima dell’uomo, ma l’uomo è prima della scienza (legge) naturale.
CARL FRIEDRICH VON WEIZSÄCKER (GIUSEPPE GUERNICA REITANO)
Si
un hombre nunca se contradice, sera porque nunca dice nada.
MIGUEL DE UNAMUNO
E
alla fine, molta gente ci ha sostenuto in questi anni, una ventina d’anni, e
devo essere molto grato a queste persone, quelle che – anonime – decidono nel
grembo del popolo. In politica non esiste la successione, ci sono le cause:
uomini e donne passiamo. Alcune cause resistono e si trasformano perché l’unica
cosa certa che resta è il cambiamento. La biologia influisce sul cambiamento
però allo stesso modo deve esistere la predisposizione al cambiamento per dare
opportunità alle nuove generazioni, aiutare a costruire il futuro dal momento
che la vita se ne va e le cause restano.
Mi è successo di tutto nella vita. Sono rimasto per sei mesi con le mani legate
con un filo di ferro dietro la schiena. Non riuscire più a trattenerla e quindi
defecare in un camion nel quale ero rinchiuso da due o tre giorni. Restare due
anni senza che mi permettessero di lavarmi, riuscire a lavarmi con una tazza
d’acqua e un panno. Mi è successo di tutto. Però non odio nessuno. E vi chiedo
di trasmettere ai giovani di dire sempre grazie alla vita, perché avere
successo nella vita non è vincere ma alzarsi in piedi e riprendere dopo ogni
caduta.
Grazie, molte grazie
JOSÉ “PEPE” MUJICA (Discorso d’addio al Senato, Montevideo, 20.10.2020)
Ora
il senso dell’identità si fonda sull’odio, sull’odio per chi non è identico. Il
nemico è l’amico dei popoli.
Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria
miseria.
UMBERTO ECO
Non
puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare
il finale.
PROGETTO ZEBRA / MATTIA R.
Voglio
inventare la sedia a dondolo elettrica che culli il condannato solo fino al
sonno, con grazia. Voglio che la giustizia non giustizi mai più.
ALESSANDRO BERGONZONI
Volevo
dirvi che la sofferenza è grande, eppure mi capita spesso, la sera, quando il
giorno ormai trascorso si è inabissato dietro di me, di costeggiare con passo
leggero le recinzioni, e sentire salire dal mio cuore – non ci posso fare
niente, è così, nasce da una forza elementare – lo stesso incanto: la vita è
una cosa meravigliosa e grande. Dopo la guerra dovremo costruire un mondo
interamente nuovo e, a ogni misfatto, a ogni nuova crudeltà, dovremo opporre un
supplemento d’amore e di bontà da conquistare in noi stessi. Abbiamo il diritto
di soffrire, ma non di soccombere alla sofferenza. E se sopravviviamo a
quest’epoca, indenni nel corpo e nello spirito, soprattutto nello spirito,
senza amarezza, senza odio, anche noi avremo una parola da dire dopo la guerra.
Forse sono una donna ambiziosa: mi piacerebbe avere una piccola parola da dire.
ETTY HILLESUM (Campo di Westerbork, 3 luglio 1943)
Sire,
in matematica non esistono scorciatoie, nemmeno per i sovrani.
ARCHIMEDE (al tiranno Gerone di Siracusa) O EUCLIDE (al Faraone Tolomeo di
Alessandria)
Quando
si chiude una porta, la si può aprire di nuovo; perché è così che di solito
funzionano le porte.
ALBERT EINSTEIN
Non
è possibile conoscere il passato, ma solo il suo racconto.
ENRIQUE de HÉRIZ
Tu
mi suicidi, così docilmente.
Eppure ti morirò un giorno.
Io conosceremo questa donna ideale
E lentamente nevicherò sulla sua bocca.
E forse pioverò anche se faccio tardi, anche se volgo al sereno.
Noi amate così poco i nostri occhi
E crollerò questa lacrima senza
Ragione ben inteso e senza tristezza.
Senza.
ROBERT DESNOS
Fermezza
e forza sono discepole della morte; indecisione e debolezza sono discepole
della vita.
LAO TZU
Riconoscete
la differenza e raggiungerete l’unità.
RABINDRANATH TAGORE
Cos’è
mai la pace, chi l’ha mai vista la pace? Dal vivo intendo, non nei discorsi,
non nelle visioni, non nei documenti.
Starsene in pace, conoscete qualcuno che sa dirmi senza arrossire che se ne sta
in santa pace? Senza aberrare, senza traviare, senza pervertire quella santa
parola. Pace. Vorrei avere il tempo per fare una grande ricerca negli archivi
dell’universale storia umana, ma sarebbe solo constatare quello che già so per certo,
che pace è la parola preferita di chi intende guerra, dissidio, rovina, sulla
bocca e sulle carte dei generali, dei presidenti, dei dittatori, dei
fomentatori, degli armieri. Io non sono in pace, non sto in pace e non trovo
pace, e per questo non mi do mai pace. Ed evito di pronunciare la parola, si
conta in decenni l’ultima volta che mi è uscita di bocca. Ho conosciuto un
prete al tempo della guerra di Kossovo, guerra di pace, che mi ha confessato di
non sentirsela più di concludere la messa con il rituale “andate in pace”
perché non vedeva in che modo potessero farlo, preferiva implorarli con “andate
a cercare la pace”. C’è forse tra loro qualcuno che l’ha trovata? La pace è
legame, la sua remota radice è nel sanscrito pak, che è corda e stringimento,
quindi unire e quindi pattuire; i latini tenevano pax nella famiglia di
pangere, piantare. E sì, la pace dovrebbe essere questo, unire e piantare,
seminare assieme. Stringere pace tra noi e stringerla tra me e me, come mettere
a dimora una pianta che cresce, che cresce, che cresce e dura più di me, più di
noi. Ed è ancora un discorso, una visione.
MAURIZIO MAGGIANI
Se
le elezioni cambiassero davvero qualcosa, sarebbero bandite.
KURT TUCHOLSKY
L’ambientalismo
senza anticapitalismo è solo giardinaggio.
GRAFFITO URBANO (Roma Via Ostiense Ex Mercati Generali)
In
tempi di distruzione della democrazia, le elezioni sono un metro del tutto
sbagliato per
misurare
i rapporti di forza.
IGNAZIO SILONE
La
dottrina cristiana dichiara peccato originale l’atto di Eva e poi di Adamo di
attingere al frutto della conoscenza di bene e di male, malgrado il divieto
divino.
Da lettore ho l’impressione opposta, che non di peccato si tratta, ma di virtù
originale.
Compiuta la trasgressione si manifestano due effetti immediati: occhi
spalancati, dunque un’espansione della percezione e l’inaudita scoperta di
essere nudi, sconosciuta a ogni specie animale. Da lettore leggo in questi
fenomeni un affrancamento dalla natura stessa.
Il recinto del giardino di nome Eden è improvvisamente scaduto, non può più
contenere la coppia modificata dalla conoscenza.
La definizione di paradiso terrestre, sconosciuta al testo che si limita a
giardino Eden, è uno stadio iniziale dell’evoluzione.
Conoscere, distinguere, sperimentare bene e male (senza articoli davanti,
esclusi dall’originale) è passaggio obbligato della specie umana, rinnovato in
ogni generazione.
Senza il gesto di Eva si dovrebbe immaginare l’indefinita prolunga dentro un
giardino d’infanzia.
La narrazione affida alla donna la forzatura del divieto. Lei sa di rischiare
la vita, perché tale è la conseguenza minacciata. Eppure forza il limite e
s’inoltra nell’ignoto delle conseguenze, spalancando così la via della
coscienza.
Spetta alla figura femminile inaugurare la storia della libertà, la cui
conquista richiede un atto di disobbedienza, rischiosa virtù originale della
specie umana.
ERRI DE LUCA (Virtù originale 26/10/2021 dal Blog dell’autore)
Che niente di ciò che si fa nella vita si
distrugge, ogni atto di senso, lascia un segno.
VANJA PASSERINI
Quando il bestiame entra a palazzo, non
diventa re: il palazzo diventa un fienile.
Proverbio turco citato da SEDEF KABAS
(citazione che le è valso l'arresto per oltraggio a Erdogan)
Non sai bene se la vita è viaggio,
se è sogno, se è attesa, se è un piano
che si svolge giorno
dopo giorno e non te ne accorgi
se non guardando all’indietro.
Non sai se ha senso.
In certi momenti il senso non conta.
Contano i legami.
JORGE LUIS BORGES
"Papà chi resta quando avremo ucciso
tutti i nostri nemici?" Risposta: "Gli assassini".
DIALOGO TRA ELENA OSIPOVA E SUO PADRE
"Io sono questo/Io non sono quello,
però..." Non esiste però, o si è o non si è; quanto possono essere misere
una morale o un'idea che si fermano davanti a una parola così piccina?
GIUSEPPE GUERNICA REITANO
Nato colpevole, diventato colpevole,
diventato innocente.
CARMELO
MUSUMECI
Solo andata
Siamo gli innumerevoli, raddoppia ogni
casella di scacchiera
lastrichiamo di corpi il vostro mare per
camminarci sopra.
Non potete contarci, se contati aumentiamo
figli dell’orizzonte che ci rovescia a
sacco.
Nessuna polizia può farci prepotenza
più di quanto già siamo stati offesi.
Faremo i servi, i figli che non fate,
le nostre vite saranno i vostri libri di
avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il
pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete
sottomesso.
Da qualunque distanza arriveremo a milioni
di passi
noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso.
Spaliamo neve, pettiniamo prati,
battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro
e l’insulto,
Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo
passo a passo
noi siamo il rosso e il nero della terra,
Un oltremare di sandali sfondati,
il polline e la polvere nel vento di
stasera.
Uno di noi, a nome di tutti, ha detto:
“Non vi sbarazzerete di me.
Va bene, muoio,
ma in tre giorni resuscito e ritorno”.
ERRI DE LUCA
Di fronte alla strage di vite e di sogni,
le lacrime hanno lo stesso sapore salato dell'acqua del mare. E non ho pensiero
se non per le donne mancate il cui respiro è stato strozzato in fondo al mare
come una rosa strappata alle sue radici. Sono bambine che si fidavano del
mondo, di un padre, una madre, una barca, un destino per emergere appena con la
bocca dalla disperazione. Bambine che non hanno avuto il tempo di conoscere i
giochi nel quartiere e tantomeno di sognare gli amori sognati. Donne di domani seminate
nel mare da due fanatismi solo apparentemente opposti. Quello d'origine e
quello di approdo. Uno che schiaccia e l'altro che respinge. E le lacrime di
una madre nascoste nel burqa si sentono senza vedersi e hanno il sapore salato
del mare. E del male. E dell'amore. Trafiggono l'anima. Per questo bisogna
partire e fidarsi. Ma chi l'ha detto che i semi nel mare non germogliano?
TONIO DELL'OLIO
La memoria è un presente che non finisce.
OCTAVIO PAZ
Chiunque combatta i mostri, dovrebbe stare
attento nel farlo a non diventare egli stesso un mostro.
FRIEDERICH NIETZCHE
Io ho vissuto silenzi di tutti i tipi, ne
ho intere collezioni. e ho imparato a starci dentro. L'uomo di oggi invece ne è
spaventato, ha paura dell'imbarazzo che avverte nel silenzio. E questo perché
qualcuno gli ha messo in testa il mito della superiorità della forza. Ma è una
menzogna: viviamo in un creato che ci dimostra quanto siamo piccoli. La
nostra potenza non è nella forza, nel tentativo costante di affermare noi
stessi. C'è una potenza che nasce dalla fragilità, nel non avere sempre le
parole. Da quell'imbarazzo che avvertiamo davanti a noi stessi. Perché ci
obbliga a trascendere, ad andare oltre. A stabilire nuove connessioni.
EZIO BOSSO
Quando il saggio indica la luna, lo stolto
guarda il dito (e il furbo, il dito, te lo mette...)
PROVERBIO (GIUSEPPE GUERNICA REITANO)
Forse un mondo onesto non esisterà mai. Ma chi ci impedisce di sognare?
Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.
RITA ATRIA
È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s'illude di sapere e ignora
così perfino la sua stessa ignoranza.
SOCRATE
Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
ULISSE (DANTE ALIGHIERI)
La pratica della violenza, come ogni
azione, cambia il mondo. Ma il cambiamento più probabile è verso un mondo più
violento.
HANNAH ARENDT ("Sulla violenza")
Il giovane aviatore su in cielo non è guidato solo dalle voci degli
altoparlanti e dei politici; è guidato da voci che ha dentro di sé, istinti
incoraggiati e nutriti dall’educazione e dalla tradizione. Dobbiamo aiutare i
giovani uomini inglesi a strapparsi dal cuore l’amore delle medaglie e delle
decorazioni. Dobbiamo creare attività più onorevoli per chi cerca di dominare
in sé stesso l’istinto al combattimento, l’inconscio hitlerismo. […] Dobbiamo
fare felicità. Dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigione, all’aperto.
VIRGINIA WOLF (scritto sotto un
bombardamento nazista)
Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa
per la competizione, e la competizione è l'inizio di ogni guerra. Quando si
educherà per la cooperazione e per offrirci l'un l'altro solidarietà, quel
giorno si starà educando per la pace.
MARIA
MONTESSORI
Il sangue non è indio, polinesiano o inglese. Nessuno ha mai visto sangue ebreo, sangue cristiano, sangue musulmano, sangue buddista. Il sangue non è ricco, povero o benestante. Il sangue è rosso. Disumano è chi lo versa, non chi lo porta.
NDJOCK NGANA
È inutile voler cambiare il mondo, serve invece cambiare dentro di sé ciò che si vuole vedere cambiare nel mondo: vuoi la pace? Falla dove sei, nella riunione di condominio. Fare la pace è fare qualcosa che rende integro un pezzetto di mondo, fare la guerra è disintegrarlo.
ALESSANDRO D'AVENIA
[...] chi ha sparato non è un mostro. Oh, come vorremmo che fosse un mostro, per poter scaricare unicamente sul parossismo della sua barbarie le responsabilità di questo assassinio! Ma chi ha sparato non è un mostro, e neppure un pazzo e forse neppure un criminale nel senso classico del termine. 'Non è un mostro. È un nostro!' Un nostro concittadino, che, come ultima miccia, ha dato fuoco alle polveri di cui, almeno un granello, ce lo portiamo tutti nell'anima.
DON TONINO BELLO
Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana).
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley).
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina).
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette).
Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucia).
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l'alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.
CRISTINA TORRES CACERES
Rivoltati ora, non nella tomba.
GRAFFITO METROPOLITANO
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare le briciole per il piccione.
Mentre litighi e fai la tua guerra, pensa agli altri,
non dimenticare chi chiede la pace sulla terra.
Mentre consumi l'acqua senza regole, pensa agli altri,
a chi per bere munge le nuvole.
Mentre torni a casa, la casa che ti attende, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi e conti gli astri, pensa agli altri,
a chi non ha un posto per riposarsi.
Mentre ti esprimi con belle parole, pensa agli altri,
a chi ha perso il diritto di parlare.
Mentre pensi agli altri, a chi è lontano, pensa e te stesso
e dì: magari fossi una candela nel buio.
MAHMUD DARWISH
Non c'è bisogno di una religione che ti dica cosa sia giusto o cosa sbagliato fare. Se non sai distinguere il bene dal male non è la religione che ti manca, ma la coscienza.
MARGHERITA HACK
Dio mi sta bene, e anche la patria e la famiglia; ma il trilogismo Dio-Patria-Famiglia non mi sta più bene.
Dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue.
Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico.
ADRIANA ZARRI
Mangiate merda: miliardi di mosche non possono avere torto!
ROBERTO FREAK ANTONI
Se riesci a fare del bene, perché esitare?
JOHN RABE
Abbiamo fatto un passo avanti, ma siamo finiti nella merda.
KAKHA BENDUKHIDZE
Yepa, yepa, yepa! Andale, andale! Arriba, arriba!
SPEEDY GONZALES
La mitezza consiste nel lasciar essere l'altro quello che è». È il contrario della protervia e della prepotenza. Il mite non entra nel rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, di confliggere, e alla fine di vincere. Ma la mitezza non è remissività: mentre il remissivo rinuncia alla lotta per debolezza, per paura, per rassegnazione, il mite invece rifiuta la distruttiva gara della vita per un profondo distacco dai beni che accendono la cupidigia dei più, per mancanza di quella vanagloria che spinge gli uomini nella guerra di tutti contro tutti. Il mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità. Ecco quel "potere su di sé" di cui abbiamo già sentito.
Il mite può essere configurato come l'anticipatore di un mondo migliore. Egli non pretende alcuna reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata. Amo le persone miti, perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantastica e descritta sin nei più minuti particolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa da diventare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale.
NORBERTO BOBBIO
Il peggior nemico del povero è un altro povero che sta dalla parte del ricco che impoverisce entrambi.
PEPE MUJICA
Nessun commento:
Posta un commento