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Se non ora, quando? Se non qui, dove? Se non io, se non tu, chi?


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La mia collezione di frasi

C’è più ordine nell’individuo che in tutto lo stato. Lo stato comincia col saccheggiare l’individuo e poi gli impone un ordine approssimativo.

HERBERT ACHTERNBUSCH

 

Noi siamo diversi, ma siamo uguali, ma siamo diversi, ma siamo uguali, ma siamo diversi, ma siamo uguali…
NANNI MORETTI

 

Dovrò rialzare la vasta vita
che ancora adesso è il tuo specchio:
ogni mattina dovrò ricostruirla.
Da quando ti allontanasti,
questi luoghi sono diventati vani
e senza senso, uguali
a lumi nel giorno.
Sere che furono nicchia della tua immagine,
musiche in cui sempre mi attendevi,
parole di quel tempo,
io dovrò frantumarle con le mie mani.
In quale profondità nasconderò la mia anima
perché non veda la tua assenza
che come un sole terribile, senza occaso,
brilla definitiva e spietata?
La tua assenza mi circonda
come la corda la gola
il mare chi sprofonda.
JORGE LUIS BORGES

 

Mi batterò sempre affinché ogni diversità non diventi una disuguaglianza.
ANONIMO

…quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere.
FRANCESCO GUCCINI (e altri)

 

A ciascuno secondo le sue necessità; da ciascuno secondo le sue possibilità.
KARL MARX

 

Il giorno infonde ai laghi
il colore che investe il suo pallore.
Una perdita di contorni sorprende
il paesaggio e l’orizzonte sostiene
come una bandiera sconfitta l’opaca
inutilità della sua linea morta.
Il mio cuore rinunci a ogni cosa.
Sarò più ricco in tutto il mio io.
Ogni sospiro, ogni ala che passa
mi sottrae a me stesso. Tutto il cielo
si nutre della mia autocoscienza
e offusca la mia reale sofferenza.
Poiché la mia vera tristezza non è l’essere
il giorno così triste come me,
ma il non potere alcun momento alleviare
il dolore, ché nient’altro che dolore ho dovuto
sopportare e vedere e sentire
mentre la vita gira come una semplice ruota.
No: cose più vaghe dei cieli e le pianure
si sono abbattute oscure su di me;
le mie pene sono dolori più vuoti
di quelli che possono simboleggiare le pianure;
e il mio inutile peso della vita e dell’io
non assomigliano che a se stessi.
FERNANDO PESSOA

 

Esiste un esempio rivoluzionario, che, mentre fa tremare i governi sfruttatori di tutto il mondo, diventa la speranza di tutti quei popoli condannati alla fame, alla miseria ed alla morte dal dominio imperialista.
ERNESTO CHE GUEVARA

 

[Che Guevara] era persuaso che, a volte, la coscienza potesse prevalere sull’interesse.
ADRIANO SOFRI

 

Dovere d’ogni cosa è d’essere felicità; se non sono tali le cose sono inutili o dannose.
JORGE LUIS BORGES

 

…bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà.
FRANCESCO GUCCINI

 

Un pezzo di pane si esaurisce sfamando una sola persona, una stessa verità può saziare mille uomini e rimanere intatta.
FRANCESCO POLI

 

Quando ero giovane pensavo solo ad amare, adesso amo solo pensare.
HENRY BERGSON

 

Oggi a molti mancherebbero gli altri se non ci fossero. Da noi ormai una componente della nostra identità, del nostro modo di vivere, della nostra vita di paese, ecc. è anche la presenza degli altri.
ALEX LANGER

 

…e pensavo , dondolato dal vagone
cara amica il tempo prende, il tempo dà
noi procediamo in una direzione
ma quale sia e che senso abbia chi lo sa
restano i sogni senza tempo,
le impressioni di un momento
le luci nel buio di case intraviste da un treno
siamo qualcosa che non resta :
frasi vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno.
FRANCESCO GUCCINI

 

Forse un mattino andando in un’aria di vetro, arida
rivolgendomi vedrò compirsi il miracolo :
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro me
con terrore di ubriaco.
Poi come su uno schermo si accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l`inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi ed io me ne andrò zitto
fra gli uomini che non si voltano col mio segreto.
EUGENIO MONTALE

 

Cos’è un assassino se non un eroe senza uniforme.
BERTRAND RUSSELL

 

Per coloro che si afferrano alle sbarre della prigione,
senza speranza, perché noi si cammini liberi, un pensiero
Per coloro che marciscono nella tenebra
perché noi si possa camminare nel sole, un pensiero
Per coloro le cui costole sono state spezzate
perché noi si respiri a pieni polmoni, un pensiero
Per coloro la cui schiena è stata piegata
perché noi si possa stare eretti, un pensiero
Per coloro che sono stati schiaffeggiati perché noi si
possa andare avanti senza timore di essere colpiti, un pensiero
Per coloro le cui bocche sono state imbavagliate
perché noi si possa parlare liberamente, un pensiero
Per coloro la cui dignità giace lacerata sulla pietra del
carcere perché noi si cammini a testa alta, un pensiero
Per coloro le cui spose vivono nell’angoscia
perché le nostre vivano felici, un pensiero
Per coloro il cui paese è in catene
perché il nostro sia libero, un pensiero
E per chi imprigiona e tortura,
un pensiero, il più triste di tutti,
perché essi sono i più degni di compatimento,
nell’aspettazione del giorno della verità.
SALVADOR DE MADARIAGA

 

Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi.
FRANZ KAFKA

 

Il combattimento per il comunismo è il comunismo. E` la possibilità che il maggior numero possibile di esseri umani viva in una contraddizione diversa da quella odierna. Unico progresso, ma reale, sarà un luogo di contraddizione più alto e visibile, capace di promuovere i poteri e le qualità di ogni singola esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi è condizione perché ogni singola vittoria tenda ad estinguere quello scontro nella sua forma presente e apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di progresso lineare e senza conflitti.
Meno consapevole di sé quanto più lacerante e reale, il conflitto è fra classi di individui dotati di diseguali gradi e facoltà di gestione della propria vita. Oppressori e sfruttatori con la non – libertà di altri uomini si pagano quella, ingannevole, di scegliere e regolare la propria individuale esistenza. Il confine di tale loro “libertà” non lo vivono essi come confine della condizione umana, ma come un nero Nulla divoratore. Per rimuoverlo gli sacrificano quote sempre maggiori di libertà, cioè di vita, altrui; e, indirettamente, della propria. Oppressi e sfruttati, vivono inguaribilità e miseria di una vita incontrollabile, dissolta in insensatezza e non-libertà. Né questi sono migliori di quelli, finché si ingannano con la speranza di trasformarsi in oppressori e sfruttatori. Migliori cominciano ad esserlo invece da quando assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta durezza ed odio per tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone alla gestione sovraindividuale delle esistenze; e flessibilità ed amore per tutto quel che la promuove e la fa fiorire.
Il comunismo in cammino [altro non esiste] è dunque un percorso che passa anche attraverso errori e violenze, tanto più avvertite come intollerabili, quanto più chiara sia la consapevolezza di che cosa siano gli altri, di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri. Comporterà che uomini siano usati come mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per un fine che non è mai la loro vita. Ma chi sia dalla lotta costretto ad usarli come mezzi, mai potrà concedersi buona coscienza o scarico di responsabilità sulla necessità e la storia. Dovrà evitare l’errore, angelistico, di un perfezionamento illimitato; ossia di credere che l’uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Con le manipolazioni più diverse quell’errore ha già prodotto e può produrre dei sottouomini o dei sovrauomini; ossia questi su quelli. Comunismo è rifiutare ogni specie di mutamenti per preservare la capacità di riconoscerci nei passati e nei venturi.
Il comunismo in cammino adempie l’unità tendenziale tanto di uguaglianza e fraternità, quanto di sapere scientifico e di sapienza etico – religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale dell’esistenza [con i nessi insuperabili di libertà e necessità, di certezza e rischio] implica la conoscenza dei limiti della specie umana e della sua infermità radicale [anche nel senso leopardiano], specie che si definisce dalla capacità di conoscere e dirigere se stessa e avere pietà di sé. Il comunismo è il processo materiale che vuol rendere sensibile e intellettuale la materialità delle cose dette spirituali.
FRANCO FORTINI

 

Non so ancora quale è la tua elemosina, ma la mia è spaventosa. Ti rimangono i giorni e le notti, il buon senso, le abitudini, il mondo.
JORGE LUIS BORGES

 

Se potessi racchiudere in un’immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero.
PRIMO LEVI

 

Il computer è inutile, può dare solo risposte.
PABLO PICASSO

 

Ieri ho celebrato la sepoltura di Lucio, sedici anni. Viveva nella favela del Lixao della città. Lì si combatte, ogni giorno, a ogni camion di spazzatura che arriva, una lotta feroce fra bambini, adulti, porci, cani e corvi. Ognuno cerca il suo in una fraternità sinistra, di pura assistenza.
Lucio viveva frugando nella spazzatura. È morto vittima della società che espelle i suoi figli e figlie perché vivano alimentandosi della spazzatura delle città.
A sette anni ha iniziato a bere. Certo per sopportare questa esclusione sociale. a sedici, sotto-alimentato, ha ceduto alla cirrosi. È morto.
Al cimitero la madre disperata, in un sussurro interrotto, diceva: ”Non ho potuto crescere mio figlio. Lui non ha resistito alla vita. Non ha superatoi problemi. Non aveva fede. È stato debole. Per questo è morto”. E piangeva disperata.
Improvvisamente compresi lo strazio del momento. Tentando di consolarla, cercai parole dolci che, tuttavia, mi morivano in gola. Nessuna parola rimuove la piaga del cuore che non vuole più conforto. È il lamento delle madri di Betlemme i cui figli furono assassinati da Erode. Dicono i testi sacri: Una voce si ode a Ramà, tanti lamenti e tanti gemiti: è Rachele che piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché essi non sono più”.
Ma le balbettai: “Signora, Dio è il Dio di coloro che muoiono prima del tempo. Il Dio di coloro che non riescono a credere perché, forse, la vita è stata per loro troppo dura ed indegna dello stesso Dio. Dio è il Dio dei deboli che gridano come gli ebrei in Egitto, come le madri degli innocenti di Betlemme, uccisi da Erode, come le amiche di Gesù, Marta e Maria, che piangono perché hanno perso il fratello Lazzaro. Dio è il Dio di coloro che cadono come Gesù sulla croce. Egli ha ascoltato il singhiozzo di tutti loro. Per questo gli ebrei hanno ottenuto la loro terra. Lazzaro è stato restituito alla vita. Gesù è stato resuscitato. Tuo figlio Lucio soffriva troppo. Dio, vedendolo distrutto, ha avuto pietà di lui. L’ha chiamato a Sé. Non voleva più che Lucio continuasse ad essere vittima della cachaça e della società che non offre opportunità di educarsi e lavorare. L’ha chiamato a Sé, per vivere di più e meglio. Per ricevere l’abbraccio infinito di Dio. Le assicuro, signora, Dio nostro padre buono e nostra dolce madre, ha detto a Lucio ed io l’ho ben sentito: “Vieni, figlio mio. Ho nostalgia di te. Perché hai tardato tanto? Vieni. Riposa, adesso. Tu, che non mangiavi, sarai saziato di tutto, di tutto… Basta frugare nella spazzatura e basta cibi avariati. Mai più… Rallegrati. Io giocherò conte.”
La madre, con mia sorpresa, si rassenerò.
Incominciai a dire le ultime orazioni sulla bara aperta. Tutto povero e di poveri. Non era una bara. Erano tavolette da quattro soldi, inchiodate le une alle altre con grandi spazi fra di loro, ricoperte di stoffa nera. Intorno altri raccogliatori di spazzatura, tristi, perché sapevano come Lucio era vissuto e perché era morto così giovane e consumato dal bere.
La madre guardava il figlio morto, in silenzio, con uno sguardo perso, come di chi cerca un senso che non trova da nessuna parte. Lucio, poveramente vestito, con la bocca semiaperta, senza denti. Si chinò su di lui.
Io avevo terminato le orazioni. Stavamo già per chiudere la bara. Ma lei, con un gesto delicato, lo impedì. Fissò lungamente il figlio. Gli tolse dal collo alcuni petali di rosa appassiti. Poi tornò a guardare il figlio morto come guarda la pietà di tutti i tempi: con infinita dolcezza ed illimitata rassegnazione.
Il colletto era disfatto, sbottonato. Glielo sistemò con grande cura, come se Lucio stesse andando a una festa o a un grande incontro. Ridistribuì i pochi fiori già appassiti sul cadavere. Sistemò di nuovo la camicia consumata. Tutto deve essere bene in ordine.
LEONARDO BHÖFF

 

Trasforma il tuo fucile in un gesto più civile.
LITFIBA

 

…sempre pronta a spettegolare
in nome del civile rispetto
sempre lì fissa ad ascoltare
un orizzonte che si ferma al tetto…
…vecchia piccola borghesia
vecchia gente di casa mia,
per piccina che tu sia
il vento un giorno forse,
forse ti spazzerà via
CLAUDIO LOLLI

 

Is a dream a lie, if it doesn’t come true. (un sogno è solo una menzogna, se non si avvera).
BRUCE SPRINGSTEEN

 

Per te sarò pure ateo, ma per il Padreterno sono solo una leale opposizione.
WOODY ALLEN

 

Non condivido la tua idea, ma mi batterò fino alla morte affinché tu la possa esprimere.
VOLTAIRE

 

Forse il vero modo di stare in un posto è starne lontano e sentirne la nostalgia. Il non starvi è un modo di stare in un luogo, no?
JORGE LUIS BORGES

 

Insegnami una preghiera
semplice da ricordare,
raccontami di un dio
di cui mi possa fidare,
insegnami una preghiera
facile da ricordare,
parlami di un dio
che non debba per forza pregare!
PAOLO ARCHETTI MAESTRI

 

Apriamo la storia: e per quello che ancora non è stato scritto, ciascuno legga nella propria memoria.
SIMON RODRIGUEZ

 

La democrazia è un lusso del nord. Nel sud si esibisce in teatro: lo spettacolo non si nega a nessuno. e poi non dà fastidio a nessuno che la politica sia democratica, basta che non sia democratica l’economia. Quando i voti sono già tutti nelle urne e cala il sipario, la realtà impone la legge del più forte, cioè a dire la legge del denaro.
EDUARDO GALEANO

 

Il nostro compito, quali esseri umani, consiste nel compiere, all’interno della nostra propria, unica, personale esistenza, un passo in avanti sulla strada che dalla bestia porta all’uomo.
HERMANN HESSE

 

Morirò di cancro alla colonna vertebrale
Accadrà una sera orribile
Chiara, calda, profumata, sensuale,
Morirò della putrefazione
Di certe cellule poco conosciute
Morirò per una gamba amputata
Da un topo gigante sbucato da una fogna gigante
Morirò di cento tagli
Il cielo mi sarà caduto addosso
Fracassandosi come una vetrata pesante
Morirò d’un fragore di voci
Che farà scoppiare le mie orecchie
Morirò di ferite segrete
Inflitte alle due del mattino
Da assassini vaghi e calvi
Morirò senza accorgermi
Di morire, morirò
Sepolto sotto le rovine secche
Di mille metri di cotone sprofondato
Morirò annegato nell’olio di spurgo
Calpestato da bestie indifferenti
E, subito dopo, da bestie differenti
Morirò nudo, o vestito di tela rossa
O cucito in un sacco con delle lame di rasoio
Morirò forse senza preoccuparmi
Di verniciare le unghie delle dita dei piedi
E di lacrime piene le mani
E di lacrime piene le mani
Morirò quando scolleranno
Le mie palpebre sotto il sole arrabbiato
Quando mi diranno lentamente
Delle cattiverie all’orecchio
Morirò nel vedere torturare bambini
E uomini sbigottiti e lividi
Morirò mangiato vivo
Dai vermi, morirò
Con le mani attaccate sotto una cascata
Morirò bruciato in un incendio triste
Morirò un poco, molto,
Senza passione, ma con interesse
E poi quando tutto sarà finito
Morirò.
BORIS VIAN

 

Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.
LAO-TZE

 

Osiamo inventare l’avvenire.
THOMAS SANKARA

 

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
PRIMO LEVI

 

Qualcuno era comunista perche` il nonno, lo zio, il papa`…la mamma no
Qualcuno era comunista perche` vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre
Qualcuno era comunista perche` si sentiva solo
Qualcuno era comunista perche` aveva avuto un’educazione troppo cattolica
Qualcuno era comunista perche` era nato in Emilia
Qualcuno era comunista perche` il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva ,la pittura lo esigeva , la letteratura lo esigeva… insomma lo esigevano tutti
Qualcuno era comunista perche`…la storia e` dalla nostra parte
Qualcuno era comunista perche` glielo avevano detto
Qualcuno era comunista perche` non gli avevano detto tutto
Qualcuno era comunista perche` prima era fascista
Qualcuno era comunista perche` aveva capito che…la Russia andava piano, ma lontano
Qualcuno era comunista perche` Berlinguer era una brava persona
Qualcuno era comunista perche` Andreotti non era una brava persona
Qualcuno era comunista perche` era ricco ma amava il popolo
Qualcuno era comunista perche` beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari
Qualcuno era comunista perche` era talmente ateo che aveva bisogno di un altro Dio
Qualcuno era comunista perche` era talmente affascinato dagli operai che voleva diventare come loro
Qualcuno era comunista perche` non ne poteva piu` di fare l’operaio
Qualcuno era comunista perche` voleva l’aumento di stipendio
Qualcuno era comunista perche`…la rivoluzione oggi no, domani forse , dopodomani sicuramente
Qualcuno era comunista perche`guardava sempre Rai TRE
Qualcuno era comunista perche`…viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse Tung
Qualcuno era comunista per far rabbia a suo padre
Qualcuno era comunista perche`era un po’ bruttino, non aveva la ragazza e non andava in discoteca
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per vocazione
Qualcuno era comunista perche` la borghesia, il proletariato, la lotta di classe…
Qualcuno era comunista perche` voleva statalizzare tutto
qualcuno era comunista perche` non conosceva gli impiegati statali parastatali ed affini
Qualcuno era comunista perche` aveva scambiato il materialismo dialettico col Vangelo secondo Lenin
Qualcuno era comunista perche` credeva di avere dietro di se` la classe operaia
Qualcuno era comunista perche` era piu` comunista degli altri
Qualcuno era comunista perche` c’era il grande partito comunista
Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande partito comunista
Qualcuno era comunista perche` non c’era niente di meglio
Qualcuno era comunista perche` abbiamo il peggior partito socialista d’Europa
Qualcuno era comunista perche`…lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda
Qualcuno era comunista perche` non ne poteva piu` di quarant’anni di governi viscidi e ruffiani
Qualcuno era comunista perche`…Piazza Fontana, Brescia, la strage di Bologna, l’Italicus, Ustica etc.etc….
Qualcuno era comunista perche` chi era contro era comunista
Qualcuno era comunista perche` non sopportava piu` questa cosa sporca che chiamano democrazia
Qualcuno credeva di essere comunista, ma era un’altra cosa
Qualcuno era comunista perche` sognava una liberta` diversa da quella americana
Qualcuno era comunista perche` credeva di essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri
perche` aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo
perche` sentiva la necessita` di una morale diversa
perche` era solo una forza, un sogno, un volo, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita
Si`, qualcuno era comunista perche` con accanto quello slancio, ognuno era… come piu` di se stesso. Era… come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo e cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare… come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente … come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e … dall’altra il gabbiano senza piu` neanche l’intenzione del volo perche` ormai il sogno si e` rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
GIORGIO GABER / SANDRO LUPORINI

 

Non siate tristi, continuate in ciò che è giusto.
ALEX LANGER

 

Non discuterò qui l’idea di Patria in sé, non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. e almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
DON LORENZO MILANI

 

…il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me…
IMMANUEL KANT

 

Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro, come quelli che ossessionavano Edgar Allan Poe; e non sono neppure uno di quegli ectoplasmi dei film di Holliwood. sono un uomo che ha consistenza, di carne e ossa, fibre e umori, e si può persino dire che posseggo un cervello. Sono invisibile semplicemente perché la gente si rifiuta d vedermi.
RALPH ELLISON

 

Non si conosce mai attraverso l’amore. L’amore butta due persone una verso l’altra, ciecamente, ancora prima che esse sappiano chi è che amano. Poi attraverso le cose più comuni, i gesti più semplici, per un tono di voce un po’ diverso, si comincia a capirsi.
GIORGIO SCERBANENCO

 

Vi amo voi tutti che siete in questo bar.
NANNI MORETTI

 

Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d’animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché la non cooperazione col male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell’ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno, noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al nostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria.
MARTIN LUTHER KING

 

Venerdì, Gennaio 1995. Ambulatorio Caritas, Via Marsala 109, stazione Termini. Due mesi esatti dall’inizio del servizio Civile.
Stasera vi parlo di Ahmed. Atterrato dall’alto dei suoi due litri e più di vino in mezzo al mio pomeriggio. Ahmed ha una giacca di pelle marrone, un cappello di lana rosso e in mezzo una faccia sorridente e a volte nervosa, un paio d’occhiali con una montatura che sembra il Pasolini del Maghreb e due lenti che gli rimpiccioliscono gli occhi.
Ahmed l’ho conosciuto per via di un taglio di vetro a un pollice, un pezzo di bottiglia finito in lite, e per Suor Marcellina, una grandissima cosa a sua insaputa confezionata in un metro e cinquanta di infermiera sarda (perché la “ragion superiore” non le ha fatto finire Medicina) che mi è venuta a chiamare perché lo vedessi. È così, risalendo dal dito al viso, ho conosciuto Ahmed, la sua chiacchiera gioviale, la sua saggezza islamica e il suo odore di vino italiano. A dir la verità è la prima volta in due mesi che lo vedo ubriaco (tranne – forse – quella volta del gatto nella busta), che arriva fumando e strillando, perché sa che in ambulatorio non si fuma. Ha quasi sempre la barba fatta, ma stasera si nota di più. C’è rimasta male, Marcellina, che prima ha visto la pelle liscia e poi ha sentito, insieme, quel farfugliare ruvido e quell’odore diverso, che non era dopobarba.
Ahmed ha un sacco a pelo che tiene al deposito della Stazione Tiburtina, il suo Grand Hotel, che paghi 1500 lire, ma nessuno te lo ruba. Ha poi una borsa dove tiene parte della sua roba, che caso mai quell’altra gliela rubano qualcosa rimane. Perché Ahmed è un soldato che va alla guerra; sentinella di se stesso ogni giorno, che dorme con gli occhi aperti. Che ti puoi trovare cosparso di gasolio da un momento all’altro. In guerra.
Ahmed ha la mia età, siamo intorno ai trenta. Ha una laurea o qualcosa di simile. Lo volevano mandare nel deserto, fregandosene della sua specializzazione. non c’è voluto andare. Un anno dopo era già in Italia. E stasera, nel vino, mi dice qualcosa di nuovo. Mi dice di sua mamma, piccola, nana, dice. Ma bella. Dice che è nato a Casablanca. Penso che per me è il nome di un film. Il Film. È andato in galera, in Marocco. Poi forse anche in Italia, ma è un’altra storia. È andato in galera perché c’era la rivoluzione e lui era all’università. Non c’entravo niente, mi dice. Ma a me piacciono i rivoluzionari, gli dico. Allora, sporcandosi della cenere della sua sigaretta, cerca di tirarsi le maniche del giubbotto marrone. E sotto quella pelle esterna, compare, per la prima volta la sua pelle e in quella pelle profonde cicatrici di profonde ferite. Molte, ad intervalli regolari. E mi fa un segno anche sul resto del corpo. Un fiume di sangue, mi dice. Neanche un parente, impiegato, importante, nella filiale di una grossa azienda europea, ha potuto fare niente. Niente.
Ahmed mi chiama fratello, dice che sono capace di calmare i nervosi. si preoccupa della mia tosse. Mi chiede se la mia ragazza è bella. Bella e intellettuale la vuole per me, se no s’arrabbia. Ti voglio bene, dice.
Tra qualche giorno è Ramadan. Per questo ha bevuto tanto adesso. Ramadan. Il Corano non dice le cose che dicono gli integralisti, non dice che bisogna convertire a forza gli infedeli. In Algeria ci sono gli integralisti perché c’è il gas, il petrolio e le elezioni; è come se giocassimo a carte, tu vinci e io ti punto una pistola e ti dico che non hai vinto. Lui c’è stato in Algeria. Proprio lì dove hanno ucciso gli italiani, il dito sulla gola. a fare il contrabbandiere. Era in gamba. Era il più bravo perché parlava con tutti, polacchi, italiani, francesi. Poi ha detto “perché vendere agli altri quello che noi non abbiamo?”. E ha smesso. Non gli piace la prostituzione. Non si può costringere una donna a stare per strada. Bisogna picchiarla se ci va, caso mai. Niente da fare: lo sa benissimo, Ahmed, di essere un uomo, non un animale. “Vieni con me alla Moschea” mi dice, “tu non puoi entrare ma io rimango fuori con te, col mio tappeto. E poi mi faccio dare un po’ di riso anche per te e mangiamo tutti insieme”. Ahmed mi chiama fratello. Ti voglio bene, mi dice.
E Marcellina che esce e ci vede lì sulla panchina e ci sente in quell’istante in quell’anfratto di mondo, sulla soglia di quella grotta scavata nel bastione della Grande Fortezza Bianca delle Frontiere che è Termini, compie la sua composizione teologica, il suo presepe interiore e dice di un Signore compagno dei diversi e dei malfattori e per questo giudicato. Ahmed, pensa ai giudizi che darebbero di noi: tu marocchino, barbone e ubriaco. Lei, monaca, sempre allegra, quindi mezza svampita. E io, che ho bisogno di sentirmi buono e faccio il radical – chic, e papà paga.
Ho paura della paura, Ahmed!
Il mio pensiero schizza altrove. Al tentativo di ricostruirmi in testa una storia assurda. La storia di Sara* e di chi l’ha investita. Quella ragazza che ho visto morire nel reparto dove lavoro prima di venire a Termini, Ahmed. Nel buio di una sera. Quei ragazzini sospesi tra il “vivere sopra” di Ambra e il “sopravvivere”, vero, di Torvaianica, seduti per terra a toccarsi; nel corridoio della rianimazione, a imparare la morte. A scacciare l’angoscia con la vendetta.
Come raccontargli, Ahmed, che mi chiami fratello?
* Sara Folino investita a Torvaianica da un auto guidata da un extracomunitario ubriaco.
ANDREA SCAPIGLIATI (obiettore medico)

 

Non sa niente, crede di saper tutto; direi che è adatto per la carriera militare.

BERTRAND RUSSEL

 

Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all’improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all’improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
di essere malmaritata,
l’appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d’aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni animo sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell’anima gemella,
quella parte che ci completa,
l’ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell’ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda -
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.
FERNANDO PESSOA

 

La scelta non è difficile: o il boia, o l’impiccato; chi ha rispetto per quest’ultimo, non può averne per il primo. E non importa se l'impiccato di oggi è il boia di ieri; chi insapona la corda avrà sempre la mia pena, mai il mio sostegno.

GIUSEPPE GUERNICA REITANO

 

E soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi ogni ingiustizia, in qualunque parte del mondo essa venga inflitta: è certamente questa la qualità più bella di un rivoluzionario.
ERNESTO CHE GUEVARA

 

Odio l’arroganza razziale che decreta che le cose belle della vita siano un diritto esclusivo di una minoranza della popolazione e che riduce la maggioranza della popolazione ad una posizione di sottomissione e di inferiorità e la considera un insieme di schiavi senza volto che lavorano e si comportano come gli viene detto dalla minoranza dominante. [...] Ho combattuto contro la dominazione bianca e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho avuto caro l’ideale di una società democratica e libera in cui tutte le persone vivono insieme e con uguali opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e di raggiungere. Ma se è necessario è un ideale per il quale sono pronto a morire.
NELSON MANDELA

 

“So che nulla dipende da me, ma agisco come se tutto dipendesse da me.” Tradotto in lingua laica: equilibrio fra realismo critico, senso del limite, che non è disincanto, e passione rivoluzionaria, che non è solo rabbia e fantasia.
S.TA TERESA DEL BAMBIN GESÙ/LUCIO MAGRI

 

Se non ora, quando?
Se non qui, dove?
Se non io, se non tu, chi?
THE GANG

 

Nella mia vita ho incontrato donne di grande forza. Non potrei vivere senza una donna al mio fianco. Sono solo un pezzo d’un essere bicefalo e bisessuato, che è il vero organismo biologico e pensante.
ITALO CALVINO

 

In piena facoltà
Egregio Presidente
Le scrivo la presente
Che spero leggerà
La cartolina qui
Mi dice terra terra
Di andare a far la guerra
Quest’altro lunedì
Ma io non sono qui
Egregio Presidente
Per ammazzar la gente
Più o meno come me
Io non ce l’ho con lei
Sia detto per inciso
Ma sento che ho deciso
E che diserterò
Ho avuto solo guai
Da quando sono nato
E i figli che ho allevato
Han pianto insieme a me
Mia mamma e mio papà
Ormai son sottoterra
E a loro della guerra
Non gliene fregherà
Quand’ero in prigionia
Qualcuno mi ha rubato
Mia moglie il mio passato
La mia migliore età
Domani mi alzerò
E chiuderò la porta
Sulla stagione morta
E mi incamminerò
Vivrò di carità
Sulle strade di Spagna
Di Francia e di Bretagna
E a tutti griderò
Di non partire più
E di non obbedire
Per andare a morire
Per non importa chi
Per cui se servirà
Del sangue ad ogni costo
Andate a dare il vostro
Se vi divertirà
E dica pure ai suoi
Se vengono a cercarmi
Che possono spararmi
Io armi non ne ho.
BORIS VIAN (TRAD: G. CALABRESE)

 

…Così, nella memoria, egli prese a contrapporre allo scenario che aveva davanti agli occhi il clima che c’era stato in Italia dopo la liberazione, per un paio d’anni di cui ora gli pareva che il ricordo più vivo fosse la partecipazione di tutti alle cose e agli atti della politica, ai problemi di quel momento, gravi ed elementari (erano pensieri d’adesso: allora aveva vissuto quei tempi come un clima naturale, come facevano tutti, godendoselo – dopo tutto quel che c’era stato – arrabbiandosi contro ciò che non andava, senza pensare che potesse mai essere idealizzato); ricordava l’aspetto della gente d’allora, che pareva tutta quasi egualmente povera, e interessata alle questioni universali più che alle private; ricordava le sedi inprovvisate dei partiti, piene di fumo, di rumore di ciclostili, di persone incappottate che facevano a gara nello slancio volontario (e questo era tutto vero, ma soltanto adesso a distanza di anni, egli poteva cominciare a vederlo, a farsene un’immagine, un mito); pensò che solo quella democrazia appena nata poteva meritare il nome di democrazia; era quello il valore che invano poco fa egli andava cercando nella modestia delle cose e non trovava; perché quell’epoca era ormai finita, e piano piano a invadere il campo era tornata l’ombra grigia dello Stato burocratico, uguale prima durante e dopo il fascismo, la vecchia separazione tra amministratori ed amministrati.
ITALO CALVINO

 

Vorrei capire bene che cosa si intende con “mitezza”. La parola è troppo grande per farne un uso ambiguo o sommario. Se il riferimento è al libro “Il diritto mite” di Gustavo Zagrebelsky, il concetto di mitezza sembra assai vicino alla nozione di moderazione, di contemperamento, di “medietà”. E questo stride con l’idea che io mi faccio della mitezza. Mi spiego, la parola è alta. Sta pure nel “Discorso della Montagna”. Ma oggi per me è una parola conflittuale, e in fondo lo è anche nel Vangelo. La mitezza mi pare del tutto estranea al mondo che ho di fronte. Il simbolo incarnato di questo mondo è la violenza. In tre quarti della fiction che vedo, la pistola è il principale mezzo di comunicazione con l’altro. È l’ideologia di questo mondo: è la forza, l’osanna per chi vince. Essere “miti” significa essere in discordia profonda con questo mondo: e dunque domanda una radicalità, non un contemperamento e una moderazione. Non una “normalità”, ma un sentirsi acutamente anormali rispetto a questo ordine così violento e selvaggio, in cui impera la supremazia onnivora del profitto.
PIETRO INGRAO

 

La debolezza può essere una risorsa e un’opportunità. È una virtù. Dalla debolezza si potrebbe raccontare la storia in un altro modo e si potrebbero aprire nuove prospettive. Nella debolezza c’è una ricchezza che, volendo, sarebbe capace di governare il mondo, di renderlo diverso.[...] Quando la debolezza vincerà finalmente la guerra?
ALESSANDRA BOCCHETTI

 

E l’acqua si riempie di schiuma e il cielo di fumi
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
uccelli che volano a stento malati di morte
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte
un’isola intera ha trovato nel mare una tomba
il falso progresso ha voluto provare una bomba
poi pioggia che toglie la sete alla terra ch’è viva
invece porta la morte perché è radioattiva.
Eppure i vento soffia ancora
spruzza l’acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie.
Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
ha dato il suo putrido segno all’istinto bestiale
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
e tutta la terra si è avvolta in un nero sudario
e presto la chiave nascosta di nuovi segreti
così copriranno di fango persino i pianeti
vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli
i crimini contro la vita li chiamano errori.
Eppure i vento soffia ancora
spruzza l’acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie
eppure sfiora le campagne
accarezza sui fianchi le montagne
e scompiglia le donne tra i capelli
corre a gara in volo con gli uccelli
eppure il vento soffia ancora!!!
PIERANGELO BERTOLI

 

È talmente stupida che, quando sbadiglia, il cervello tenta la fuga.
ANTONIO SODA detto “TONNO”

 

Anch’io, seduto sulla soglia della capanna, guardo stelle e razzi apparire e sparire, penso alle esplosioni che avvelenano i pesci nel mare e agli inchini che si scambiano, tra un’esplosione e l’altra, quelli che decidono le esplosioni. Vorrei capire di più.
ITALO CALVINO

 

Le nostre vite sono solo un momento, un lieve respiro immaginato dai sensi. E tale momento è un grande pensiero, e tale pensiero è un desiderio, la pressante esigenza di essere amato e di essere amore a sua volta. Subito, noi tutti.
DUANE MICHALS

 

Attentatori. Attentatori. Finiti gli attentatori. Sono altri, tutti, altri ori… i dottori, i professori, i pretori, i curatori, i contestatori, i lavoratori, i direttori ori ori, tutti colpevoli, laureati, rispettati, illustrati che si scambiano soldi, puttane bombe. Altro che governo. Il governo predica, abbraccia, inaugura, taglia… taglia centri, borse, torte, prosciutti, protocolli, capocolli, budelli, salami! Salami! Noi, noi che davvero restiamo in silenzio. In silenzio davanti a questo teatrino, che fa tutto da solo, inventa e commenta: e spaventa.
PAOLO VOLPONI

 

Nulla si edifica su pietra, tutto sulla sabbia, ma noi dobbiamo edificare come se la sabbia fosse pietra.
JORGE LUIS BORGES

 

Se dovessimo attenerci a tutti gli assiomi cari ai fisici, che ogni integrale è convergente, che ogni serie è convergente e che ogni operatore Hermitiano è autoaggiunto, bhé… allora.
SERGIO DOPLICHER

 

E l’alba sul Danubio a Marco parve fosforo e miele, forse una ragazza bionda gli voleva dire: l’uomo è grande, l’uomo è vivo, l’uomo non è guerra, ma i generali rispondono che l’uomo è vino e che combatte bene e muore meglio solo quando è pieno.
E il primo disse: “Sì, va bene, non vuoi comprare il nostro giornale.”, gli altri: “Lo teniamo fermo soltanto per parlare.”, ed io pensavo: “Ora gli dico sono anch’io fascista.”, ma ad ogni pugno che arrivava dritto sulla testa, la paura non bastava a farmi dire basta.
Forse non lo sai ma pure questo è amore.
ROBERTO VECCHIONI

 

La mia strada non è La Legge, la mia strada, forse, è la cultura.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO

 

E tu da che parte stai? Dalla parte di chi ruba nei supermercati, o di chi li ha costruiti… rubando?
FRANCESCO DE GREGORI

 

Ma tu che ascolti una canzone, lo sai che cosa è una prigione, lo sai a che cosa serve una stazione. Tu lo sai cosa è una guerra, e quante ce ne sono in terra; tu lo sai a cosa può servire una chitarra.
CLAUDIO LOLLI

 

Ancora non ho capito se nella vita c’è qualcosa di meglio da fare che non scrivere equazioni. È preoccupante.
Mi fossi rincoglionito all’ 87%? Venga avanti dottò!
FRANCESCO POLI

 

Io non chiedo un coltello nelle mani della Patria.
nè un coltello nè un fucile per nessuno:
la terra è per tutti, come l’aria.
Mi piacerebbe avere enormi mani
violente, anzi selvagge
per strappar le frontiere, ad una ad una
e lasciar per confine solo l’aria.
Che nessuno possieda della terra
come si possiede un vestito:
che tutti abbiano terra
come hanno l’aria.
E strapperei le guerre alla radice,
neppure una ce ne lascerei
a infestare il paesaggio.
Ed aprirei la terra a tutti, come
se fosse l’aria.
Ché l’aria è di nessuno, di nessuno…
Tutti, di aria, hanno una porzione.
JORGE DEBRAVO

 

Tutto quello che è umano nell’uomo, e più di ogni altra cosa la libertà, è il prodotto di un lavoro sociale.
MICHAIL ALEXANDROVICH BAKUNIN

 

L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo.
ITALO CALVINO

 

Mi ha detto: ci vediamo dalvanti alle Poste, se arrivi prima tu fai un segno con la matita, se arrivo prima io lo cancello… Ma chi lo capisce?
CARLO PAMPANINI

 

Siamo sazi di armi e di proiettili… La fame che abbiamo è di giustizia, di cibo, di medicine, di educazione, di programmi realmente tesi ad un equo sviluppo. Se si arriverà a rispettare i diritti umani, ciò di cui meno avremo bisogno saranno le armi e i metodi di morte.
MONSIGNOR OSCAR ARNULFO ROMERO

 

So benissimo come sia di moda ora negare che il socialismo abbia qualcosa in comune con l’uguaglianza. In ogni paese del mondo un’immensa tribù di galoppini di partito e di soavi professorucoli è indaffaratissima a provare che il socialismo non è che un capitalismo di Stato pianificato, ma con l’istinto di rapina rimasto intatto. Ma per fortuna esiste anche una visione del socialismo completamente diversa. La cosa che attrae gli uomini comuni al socialismo e li rende favorevoli a rischiar la pelle per la sua causa, la“mistica” del socialismo, è l’idea dell’uguaglianza; per la vasta maggioranza della gente il socialismo significa una società senza classi, o non ha significato alcuno.
ERIC ARTHUR BLAIR (per gli "amici" GEORGE ORWELL)

Nessuno può detenere una proprietà che non sia ipotecata: su ogni proprietà privata grava un’ipoteca sociale, l’ipoteca del bene comune [...] E se il bene comune lo esige, non si può dubitare che un’espropriazione vada fatta, nelle debite forme…
KAROL WOYTILA (PAPA GIOVANNI PAOLO II)

 

Nessuna catena, nessuna divisa, nessuna punizione fa smettere agli uomini di essere liberi e di volare via, pur restando fermi, e qui ogni singolo disgraziato ragazzo è dotato di un bellissimo paio d’ali.
V.G. (Bersagliere di leva, durante i turni di guardia al Tribunale di Gela nell’ambito dell’operazione “Vespri Siciliani”)

 

L’inferno sono gli altri.
JEAN PAUL SARTRE

 

L’inferno siamo noi.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO

 

La prima quantizzazione è un mistero, ma la seconda è un funtore.
EDWARD NELSON

 

Il deserto è un vino, ed è una droga, e accende un’ira che non si sfoga se non nel sangue, o in lentissimi amori.
GIUSEPPE UNGARETTI

 

Cadranno i secoli, gli dei e le dee
cadranno torri, cadranno regni,
e resteranno di uomini e idee
polvere e segni.
Ma ora capisco il mio non capire,
che una risposta non ci sarà,
che la risposta per l’avvenire
è in una voce che chiederà:
“Shomer ma mi-llailah?”
(Vedetta, quanto resta della notte?)
FRANCESCO GUCCINI

 

Noi comunisti italiani eravamo schizofrenici. Sì, credo che questo sia il termine esatto. Con una parte di noi eravamo e volevamo essere i testimoni della verità, i vendicatori dei torti subiti dai deboli e dagli oppressi, i difensori della giustizia contro ogni sopraffazione. Con un’altra parte di noi giustificavamo i torti, le sopraffazioni, la tirannide del partito, Stalin, in nome della Causa. Schizofrenici. Dissociati. Ricordo benissimo che quando mi capitava di andare in viaggio in qualche paese del socialismo, mi sentivo profondamente a disagio, estraneo, ostile. Ma quando il treno mi riportava , quando ripassavo il confine, mi domandavo: ma qui, in Italia, in quest’Italia, che cos’altro poterei essere se non comunista? Ecco perché il disgelo, la fine dello stalinismo, ci toglieva un peso terribile dal petto: perché la nostra figura morale, la nostra personalità dissociata, finalmente poteva ricomporsi, finalmente rivoluzione e verità tornavano a coincidere. Questo era, in quei giorni, il sogno e la speranza di molti di noi.
ITALO CALVINO

 

Lentius, profundius, suavius. (Più lento, più profondo, più dolce.)
ALEX LANGER

 

… c’è la nostalgia , che non è il pianto funebre per la dittatura, la censura, il Gulag. È la nostalgia per il bambino, gettato via insieme con l’acqua, per la nostra speranza, infranta, di un socialismo dal volto umano. E non si capisce ancora se il nostro capitalismo avrà un volto umano. Per ora non gli somiglia.
Io non difendo il falso romanticismo che la propaganda ci iniettava come fiale di buoni impulsi, non meno cinica del Dottor Mengele. Nessun esperimento è giustificabile se gli uomini hanno il ruolo di cavie.
E io non amo che si beffino le speranze, anche se infrante.
Sì, la tragedia può diventare farsa. Ma anche la farsa tragedia.
Sfortunamente, le speranze del nostro popolo, ingannate dalla rivoluzione comunista, risultano tali anche dalla rivoluzione anticomunista. Possibile che il destino delle speranze sia quello di essere ingannate? Possibile sia meglio, tutto sommato, vivere senza ideali per non ingannarsi? Ma allora il senso della vita è in un’esistenza vegetativa? E questo è tutto? È spaventoso crederlo.
EVGENIJ EVTUŠENKO

 

Ma sia questa realtà o sogno una sola cosa importa: operare per il bene. Se è realtà perché lo è, se è sogno per ritrovare amici al momento del risveglio.
P. CALDERON DE LA BARCA

 

La vita è una merda, … la morte pure!
GIUSEPPE GUERNICA REITANO

Chi sarà il mandante di tutte le cazzate che dico?
ALTAN

 

Ho visto
la gente della mia età andare via,
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa
che non trovano nel mondo che hanno già;
lungo le notti che dal vino son bagnate,
dentro le stanze da pastiglie trasformate,
lungo le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città,
essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà
e un Dio che è morto,
ai bordi delle strade Dio è morto,
nelle auto prese a rate Dio è morto
nei miti dell’estate Dio è morto.
Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso ha mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell’eroe
perché è venuto ormai il momento
di negare tutto ciò che è falsità:
le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un Dio che è morto,
nei campi di sterminio Dio è morto,
coi miti della razza Dio è morto,
con gli odii di partito Dio è morto.
Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo
che se Dio muore è per tre giorni
e poi risorge.
In ciò che noi crediamo Dio è risorto,
In ciò che noi vogliamo Dio è risorto,
nel mondo che faremo
Dio è risorto.
FRANCESCO GUCCINI

 

Hanno l’abito blu
Hanno lenzuola nere
Hanno l’insonnia
Hanno il potere
Hanno giornali e telegiornali
Hanno le galere
Hanno le banche
Hanno l’avere
Hanno molti segreti
Hanno pochi rimorsi
Hanno messaggi in codice
Hanno il decodificatore
Hanno metà dei Carabinieri
Hanno tutti i Corazzieri
Ancora incerti i Pompieri
Hanno Dio
Hanno Patria
Hanno Famiglia
Hanno la testa devastata
Da tutto questo avere
Hanno la forza di considerarsi
Vittime del dovere
Hanno praticamente tutto
Hanno il potere di uccidere
E le parole del lutto
Le informazioni riservate
E l’eleganza delle parate
Hanno la storia
Hanno la geografia
Hanno le caserme
Hanno le frontiere
Hanno il rispetto della maggioranza
Perfino quello hanno
Ma fra tutto quello che hanno
Gli manca l’essenziale
Perché noi non ci hanno
E per questo stanno male.
MICHELE SERRA

 

Tutto ci porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte o l’assurdo. Poiché tutto è passaggio, è un ponte le cui estremità si perdono nell’infinito e al cui confronto tutti i ponti di questa terra sono solo giocattoli da bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su quell’altra sponda.
IVO ANDRIC

 

La conoscenza delle leggi fisiche non ci dà automaticamente e direttamente una comprensione degli aspetti essenziali del mondo […] La natura sembra essere fatta in modo che le cose più importanti appaiano essere conseguenze complicate ed accidentali di una molteplicità di queste leggi.
RICHARD FEYNMAN

 

Le vicende ungheresi del 1956 mi si sono rapprese dentro in una fotografia: un funzionario [del partito comunista] appeso ad un fanale davanti alla Csepel, il collo spezzato ed il volto scomposto dell’impiccato, mentre sotto di lui ridono due operai della fabbrica in rivolta. Fu la prima volta che mi dissi: Ci odiano. Non i padroni, loro, i nostri, ci odiano.
Non sono mai stata populista: non lo può essere chi è venuto alla politica dal rifiuto del fascismo. Avevo visto il poveraccio fascista, quello che si era messo nelle milizie nel 1944, perché non sapeva dove andare. Conoscevo al sud chi si faceva carabiniere o seminarista per necessità ma diventava poi molto carabiniere e molto seminarista. Le scelte prime le facciamo poi ci fanno. Il povero e l’oppresso non hanno sempre ragione. Ma i comunisti che si fanno odiare hanno sempre torto. E quello era un odio massiccio, sedimentato, non si arriva a queste enormità senza un’offesa lungamente patita. Quei giorni mi vennero i capelli bianchi, è proprio vero che succede, avevo trentadue anni.
ROSSANA ROSSANDA

 

Il nuovo paradigma […] è completamente differente dalle concezioni classiche. Alla luce di questo paradigma l’evoluzione ha luogo, passo dopo passo, e livello dopo livello, alternando fasi di determinazione e di indeterminazione […] A partire da condizioni iniziali identiche e nei limiti delle possibilità definite dalle leggi, possono aver luogo differenti sequenze di eventi. Queste sequenze creano a loro volta nuovi insiemi di limiti e di possibilità, che serviranno da base per nuovi giocatori. Così l’evoluzione è sempre possibilità, mai fato. Il suo corso è logico e comprensibile, ma non è prederminato né prevedibile.
ERWIN LASZLO

 

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi
MARCEL PROUST

 

Uccidere un uomo non è difendere una religione, è uccidere un uomo
MAHATMA GHANDHI

 

L’uomo è più dell’uomo. Conosce veramente l’uomo chi crede nelle sue possibilità ancora inedite. Il tratto essenziale del nuovo umanesimo è la fede nell’uomo e precisamente la fede nella possibilità della specie di abbandonare l’età delle guerre come, un tempo remotissimo, abbandonò le caverne e come, in tempo recente, abbandonò la pratica della schiavitù come legge di natura. La fede nell’uomo non è dunque una virtù mistica, è una virtù razionale, vorrei dire laica, poggiata su di una lettura realistica della nostra storia e sul senso dell’attuale congiuntura in cui si ripetono i princìpi che hanno governato le grandi mutazioni della specie. Quando gli imperativi della coscienza e la stretta della necessità vitale vanno nello stesso senso, allora si ha una nuova possibilità di sintesi tra libertà e natura, e cioè, direbbero gli evoluzionisti, di una mutazione. La certezza di questa possibilità è la fede di cui sto parlando. Una virtù laica, come ho detto, che è, insieme, il modo storico di esercitare la fede teologale. E dunque virtù ecumenica, come nessun’altra, in quanto offre la possibilità di una comunione creaturale che metta in second’ordine tutte le appartenenze, anche quelle religiose.
PADRE ERNESTO BALDUCCI

 

Questo argomento (la guerra) mi induce a parlare della peggiore delle creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica; costui ha ricevuto solo per errore il cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente.
ALBERT EINSTEIN

 

Il popolo ha perso la fiducia del governo, perciò il governo dovrebbe eleggersi un nuovo popolo.
BERTOLT BRECHT

 

Quando gli oppressori mi danno due scelte, io scelgo sempre la terza.
MEIR BERLINER (Morto a Treblinka combattendo le SS)

 

Se è per una culla felice
Se è per un letto d’amore
Se è per la bara di un vecchio
Và boscaiolo fa del tuo meglio
Ma se è per il trono di un re
Pensaci su due volte
JACQUES PREVERT

 

Il pensiero positivo funziona, ma per aprire le bottiglie è meglio il cavatappi!
JACOPO FO

 

Fu cambiato l’ordine degli anelli ma la catena rimase una catena
GIANNI RODARI

 

L’uomo buono è intelligente, quello cattivo è, in più, imbecille. Le doti morali non possono essere separate da quelle intellettuali
JORGE LUIS BORGES

 

Se comincio da me, qualcosa cambierà.
Striscione scout alla Marcia Perugia Assisi del 12 ottobre 2003

 

Il perdurare del nazionalsocialismo nella democrazia è potenzialmente più pericoloso del perdurare di tendenze fasciste contro la democrazia.
THEODOR WIESENGRUND ADORNO

 

Hai scritto che hai passato gran parte della tua vita concentrandonti sul comunismo e sulla fisica. Ora viviamo in un mondo…
… in cui non c’è il comunismo e non c’è la fisica.
Oggi non farei più il fisico, anche se ho lavorato fino a pochi mesi fa sulla meccanica quantistica, perché quando uno ha un’idea fissa, continuo a girarci attorno.
Devo dire che la scienza mi affascina ancora. Sono un grande curioso, anche delle ricerche sul cervello, sulla mente, sulla vita, perché a livello di divulgazione elevata posso non solo apprezzarle, ma leggerle in una certa ottica, inquadrarle. Il comunismo era un’utopia, come la fisica.
Quand’ero ragazzo la fisica era l’utopia della conoscenza, della razionalizzazione; il comunismo era l’utopia di una società di uguali, felici, che possono dispiegarsi e rispettarsi. In fondo queste due utopie le ho ancora.
C’è la curiosità per tutto quel che mi circonda, per il mondo, per le infinite manifestazioni del pensiero. Per quanto riguarda la società, i problemi sono lì, anzi si complicano: allora pensavamo che bastassero ricette molto semplici per rendere giusta la società e felici gli uomini. Si è rivelato molto più complicato, ma non credo che i giovani debbano rinunciare a queste utopie.
Nei prossimi cinquant’anni i nodi dell’ambiente e delle diseguaglianze verranno al pettine. È un mondo minaccioso, ma è una ragione in più per impegnarcisi.
MARCELLO CINI (intervistato da Marco D’Eramo per “Il Manifesto” – 31 gennaio 2004)

 

Se il porco è uno solo si grida allo scandalo, se sono dieci non si dice più nulla, se sono venti si dubita di se stessi, se sono ancora di più si grugnisce beatamente nel coro.
ANDREA POCATERRA

 

Odio gli indifferenti. Credo che “vivere vuol dire essere partigiani”. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: “se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?” Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
Odio gli indifferenti anche perché mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
ANTONIO GRAMSCI

 

Chi muore (Ode alla vita)
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia, chi non rischia
e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce
il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova la grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce .
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà
al raggiungimento di una splendida felicità.
PABLO NERUDA

 

Non ci può essere cultura della pace se non con l’eliminazione del sacro.
PADRE ERNESTO BALDUCCI

 

In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.
DON LORENZO MILANI

 

Il prossimo capitolo della vita consiste nel sostituire la vita fondata sulla lotta e la violenza con un vita fondata sull’amore e sul ragionamento.
LEV N. TOLSTOJ

 

Di tutte le cose sicure, la più certa è il dubbio.
BERTOLT BRECHT

 

Sciur padrun, sciur padrun
Dalla tua parte del guinzaglio
Anche se tira, si sta molto meglio.
IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI

 

Il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza.
JORGE LUIS BORGES

 

Non ci sono norme. Tutti gli uomini sono eccezioni a una regola che non esiste.
FERNANDO PESSOA

 

L’etica, con la sua determinazione negativa e a priori del Male, si impedisce di pensare la singolarità delle situazioni, cioè quel che è l’inizio obbligato di ogni azione propriamente umana.
ALAIN BADIOU

 

Il comunismo ha sbagliato, ma non è sbagliato.
ROSSANA ROSSANDA

 

[Fedro] intuiva che istituzioni quali le scuole, le chiese, i governi, e le organizzazioni politiche di ogni sorta tendevano a orientare il pensiero verso fini diversi dalla verità, a utilizzarlo per la perpetuazione delle proprie funzioni, e per il controllo degli individui al servizio di tali funzioni.
ROBERT M. PIRSIG (tratto da “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” Cap. 11)

 

Azione è uscire dalla solitudine.
LUIGI PINTOR

 

Un boia può scannare tranquillamente perché lo Stato lo incarica? Il boia e il politico possono decidere di uccidere in virtù di un’”etica professionale”?
DANILO DOLCI

 

Ti è mai venuto in mente che a forza di gridare
la rabbia della gente non fa che aumentare
la forza certamente deriva dell’unione
ma il rischio è che la forza soverchi la ragione
Immagina uno slogan detto da una voce sola
è debole, ridicolo, è un uccello che non vola
ma lascia che si uniscano le voci di una folla
e allora avrai l’effetto di un aereo che decolla
La gente che grida parola violente
non vede, non sente, non pensa per niente
Non mi devi giudicare male
anch’io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan
è fascista di natura
Quando applaudi in un teatro
quando preghi in una chiesa
quando canti in uno stadio
oppure in una discoteca
Sei tu quello che canta
è tuo il fiato che esce
ma il suono intorno è immenso e cresce, cresce
Il numero è importante
dà peso alle parole
per questo tu ogni volta prima pensale da sole
e se ci trovi il minimo indizio di violenza
ricorda che si eleverà all’ennesima potenza
La gente che grida parole violente
non vede non sente non pensa per niente
Non mi devi giudicare male
anch’io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan
è fascista di natura
DANIELE SILVESTRI (Voglia di gridare)

 

Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sarà ricordata come la più grande manifestazione per la libertà nella storia del nostro paese.
Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firmò il Proclama dell’emancipazione. Si trattava di una legge epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri,marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come un’aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattività.
Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono passati cento anni, e la vita dei neri è ancora paralizzata dalle pastoie della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i neri vivono in un’isola solitaria di povertà, in mezzo a un immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli angoli della società americana, si ritrovano esuli nella propria terra.
Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d’indipendenza, hanno firmato un “pagherò” di cui ciascun americano era destinato a ereditare la titolarità. Il “pagherò” conteneva la promessa che a tutti gli uomini, sì, ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi diritti inalienabili: “vita, libertà e ricerca della felicità”.
Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di colore, l’America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di adempiere a questo sacro dovere, l’America ha dato al popolo nero un assegno a vuoto, un assegno che è tornato indietro, con la scritta “copertura insufficiente”. Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di opportunità di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo venuti a incassarlo, questo assegno, l’assegno che offre, a chi le richiede, la ricchezza della libertà e la garanzia della giustizia.
Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all’America l’infuocata urgenza dell’oggi. Quest’ora non è fatta per abbandonarsi al lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo.
Adesso è il momento di tradurre in realtà le promesse della democrazia.
Adesso è il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale.
Adesso è il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della fraternità.
Adesso è il momento di tradurre la giustizia in una realtà per tutti i figli di Dio.
Se la nazione non cogliesse l’urgenza del presente, le conseguenze sarebbero funeste. L’afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finirà finchè non saremo entrati nel frizzante autunno della libertà e dell’uguaglianza. Il 1963 non è una fine, è un principio. Se la nazione tornerà all’ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po’ e poi se ne sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa.
In America non ci sarà nè riposo nè pace finchè i neri non vedranno garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finchè non spunterà il giorno luminoso della giustizia.
Ma c’è qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci porterà a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti.
Non cerchiamo di placare la sete di libertà bevendo alla coppa del rancore e dell’odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignità e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s’incontra con la forza dell’anima.
Il nuovo e meraviglioso clima di combattività di cui oggi è impregnata l’intera comunità nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perché molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito che il loro destino è legato al nostro. Hanno capito che la loro libertà si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro.
C’è chi domanda ai seguaci dei diritti civili: “Quando sarete soddisfatti?”. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè i neri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalità poliziesca. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle città, per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè tutta la facoltà di movimento dei neri resterà limitata alla possibilità di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno piùgrande. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè i nostri figli continueranno a essere spogliati dell’identità e derubati della dignità dai cartelli su cui sta scritto “Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti, finchè i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere niente per cui
votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finchè la giustizia non scorrerà come l’acqua, e la rettitudine come un fiume in piena.
Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la libertà sono stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalità poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione.
Tornate nel Mississippi, tornate nell’Alabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle nostre città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare e cambierà.
Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici
miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternità.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell’ingiustizia, il caldo afoso dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in
cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l’essenza della loro personalità.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno, laggiù nell’Alabama, dove i razzisti sono più che mai accaniti, dove il governatore non parla d’altro che di potere di compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno, proprio là nell’Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme.
Questa è la nostra speranza. Questa è la fede che porterò con me tornando nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza.
Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternità.
Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, schierarci insieme per la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi.
Quel giorno verrà, quel giorno verrà quando tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo: “Patria mia, è di te, dolce terra di libertà, è di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dell’orgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi libertà”. E se l’America vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero.
E dunque, che la libertà riecheggi dalle straordinarie colline del New Hampshire.
Che la libertà riecheggi dalle possenti montagne di New York. Che la libertà riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania.
Che la libertà riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado.
Che la libertà riecheggi dai pendii sinuosi della California.
Ma non soltanto.
Che la libertà riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia.
Che la libertà riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Che la libertà riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la libertà.
E quando questo avverrà, quando faremo riecheggiare la libertà, quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da ogni città, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dell’antico inno: “Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente”.
MARTIN LUTHER KING

 

L’unica cosa alla quale siamo chiamati, e che è in nostro potere, è vivere la nostra vita bene. E vivere bene la nostra vita significa trascorrerla nell’amore verso tutti gli uomini, senza far male a nessuno, e non punire gli altri per i loro peccati, ma perdonare a tutti, tranne a se stessi.
LEV N. TOLSTOJ

 

Non avevo dubbi su quale sarebbe stata la mia sorte. Ed invece è stata del tutto diversa.
ROSSANA ROSSANDA

 

Se le teorie non si accordano con i fatti, tanto peggio per i fatti.
STEFANO MARCHESI

 

Se i mezzi non si accordano con i fini, tanto peggio per i fini.
GIUSEPPE GUERNICA REITANO

 

Immagini il silenzio se tutti dicessero solo quello che sanno?
KAREL CAPEK

 

Mi considero la minoranza di uno.
FABRIZIO DE ANDRÈ

 

La legge è uguale per tutti: vieta sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti.
ANATOLE FRANCE

 

Il nome di oppio del popolo che Marx applicava alla religione ha potuto convenirle quando la religione ha tradito sé stessa, ma questo nome conviene essenzialmente alla rivoluzione.
SIMONE WEIL

 

Il prossimo compito della vita consiste nel sostituire la vita fondata sulla lotta e la violenza con una vita fondata sull’amore e il ragionamento.
LEO TOLSTOJ

 

Finchè la guerra sarà vista come malvagia, avrà sempre il suo fascino. Quando la si guarderà nella sua volgarità, cesserà di essere popolare.
OSCAR WILDE

 

Se il fine giustifica i mezzi, il mezzo se ne frega.
ANTONIO SODA detto “TONNO”

 

Non esiste una nazione libera quando la sua esistenza come Stato riposa
sulla schiavitù di altri popoli.

ROSA LUXEMBURG

 

Rispondere all’intollerante con l’intolleranza può essere formalmente ineccepibile, ma è certo eticamente povero e forse anche politicamente inopportuno. Non è detto che l’intollerante, accolto nel recinto della libertà, capisca il valore etico del rispetto delle idee altrui. Ma è certo che l’intollerante perseguitato ed escluso non diventerà mai un liberale.
NORBERTO BOBBIO

 

Prima di tutto vennero a prendere
gli zingari e fui contento
perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perché mi
stavano antipatici.
Poi a vennero a prendere
gli omosessuali e fui sollevato
perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere
i comunisti e io non dissi niente
perché non ero comunista.
Un giorno vennero
a prendereme e
non c’era rimasto nessuno
a protestare.

MARTIN NIEMOLLER

 

In un mondo di fuggitivi
la persona che segue la direzione opposta
sembra che fugga via.

THOMAS STERN ELIOT

 

Sono stato al supermercato, avevo le cuffie con la musica alta, e vedevo le persone ma non le sentivo, nè i rumori che facevano nè le minchiate che dicevano, e incredibilmente mi sembravano tutti simpatici.
Allora finalmente ho capito…quello che manca al mondo è una colonna sonora decente…
FEDERICO CAROSI (colonna sonora di David Bowie)

 

Una caratteristica troppo spesso sottovalutata della propaganda fascista è che essa non si accontentava di mentire, ma puntava deliberatamente a trasformare le sue menzogne in realtà.
HANNAH ARENDT

 

Chi può versare
Sangue nero
Sangue giallo
Sangue bianco
Mezzo sangue?
Il sangue non è
indio, polinesiano o inglese.
Nessuno ha mai visto
Sangue ebreo
Sangue cristiano
Sangue mussulmano
Sangue buddista
Il sangue non è
ricco, povero o benestante.
Il sangue è rosso
Disumano è chi lo versa
Non chi lo porta.

NDJOCK NGANA

 

TOTÒ - (a Peppino) Ma tu ci credi? ‘Sto paese è così grande che io non mi raccapezzo.
PEPPINO - Ma come si fa?
TOTÒ - Bisognerebbe trovare qualcuno, che so?, per sapere l’indirizzo di questa Marisa Florian…
PEPPINO - (indicando un vigile urbano) Domandiamo a quel militare là.
TOTÒ - A quello? Ma che, sei pazzo? Quello dev’essere un generale austriaco, non lo vedi?
PEPPINO - E va bene… Siamo alleati!
TOTÒ - Siamo alleati?
PEPPINO - Eh.
TOTÒ - Già, è vero: siamo alleati.
PEPPINO - Siamo alleati.
TOTÒ - Andiamo. (Lo prende per mano e vanno insieme dal vigile). (Al vigile) Excuse me! (Pesta un piede a Peppino).
PEPPINO - Ahi!
TOTÒ - (a Peppino) E scansati! (Poi al vigile) Scusi, lei è di qua?
VIGILE - Dica.
TOTÒ - è di qua?
VIGILE - Si, sono di qua. Perché, m’ha ciapà per un tedesco?
TOTO - Ah, è tedesco? (A Peppino) Te l’avevo detto io che era tedesco…
PEPPINO - Ah… E allora come si fa?
TOTÒ - Eh, ci parlo io.
PEPPINO - (scettico) Perché, tu parli…
TOTÒ - Eh: ho avuto un amico prigioniero in Germania. Non m’interrompere, se no perdo il filo. (Al vigile) Dunque, excuse me, bitte schòn… Noio (indica sé e Peppino)…
VIGILE - Se ghe?
TOTÒ - (a Peppino) Ha capito!
PEPPINO - (a Totò) Che ha detto?
TOTÒ - (a Peppino) Dopo ti spiego. (Al vigile) Noio… volevam… volevàm savoir… l’indiriss…ja..
VIGILE - Eh, ma bisogna che parliate l’italiano, perché io non vi capisco.
TOTÒ - Parla italiano? (A Peppino) Parla italiano!
PEPPINO - (al vigile) Complimenti.
TOTÒ - (al vigile) Complimenti! Parla italiano: bravo!
VIGILE - Ma scusate, dove vi credevate di essere? Siamo a Milano qua!
TOTÒ - Appunto, lo so. Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare. Sa, è una semplice informazione…
VIGILE - Sentite…
TOTÒ e PEPPINO - Signorsì, signore.
VIGILE - … se volete andare al manicomio…
TOTÒ e PEPPINO - Sissignore.
VIGILE -… vi accompagno io.
TOTÒ e PEPPINO - Sissignore.
VIGILE - (li saluta, ma prima di allontanarsi) Ma guarda un po’ che roba! Ma da dove venite voi, dalla Val Brembana?
TOTÒ - (a Peppino) Non ha capito una parola…

TOTÒ E PEPPINO (e un vigile di Milano)

 

La persona che ami è fatta per il 72,8% d’acqua, e non piove da settimane.
JOHAN HARSTAD

 

In medium stat virtus (…sed etiam mediocritas).
DETTO LATINO (…GIUSEPPE GUERNICA REITANO)

 

Gli uomini si sbagliano, i grandi uomini confessano di essersi sbagliati.
VOLTAIRE

 

Il destino dell’uomo in una società capitalistica sviluppata, in cui l’uniformità delle tecniche crea una superficiale uniformità della vita degli uomini, li avvilisce, li rende estranei a se stessi, limita e sopprime la loro iniziativa, la loro effettiva possibilità di scelta e di sviluppo. Porta la solitudine dell’uomo moderno, che anche quando può disporre di tutti i beni della terra pur non riesce più a comunicare con gli altri uomini, si sente chiuso in un carcere dal quale non può uscire.
[A ciò si lega] la necessità di una società socialista che per la prima volta assume un volto nuovo più ricco. L’uomo non è più solo e l’umanità diventa davvero una vivente comunità, solo attraverso il molteplice sviluppo della persona, di tutti gli uomini e la loro organica partecipazione a un’opera comune. [...] Perciò il mondo cattolico non può essere insensibile a questa nuova dimensione dei problemi del mondo; e l’aspirazione a una società socialista non solo può farsi strada in uomini che abbiano un’autentica fede religiosa, ma trovare in loro uno stimolo, posti di fronte ai drammatici problemi del mondo contemporaneo. Il che si riflette nella concezione del socialismo stesso, come società che chiama tutti gli uomini a lavorare assieme e li chiama tutti a contribuire parimenti con l’opera loro per decidere insieme il destino di tutta l’umanità.

PALMIRO TOGLIATTI

 

Se nei singoli la demenza è rara, è una regola dei gruppi, delle compagnie, dei partiti, delle epoche.
FRIEDRICH NIETZCHE

 

Prima viene lo stomaco, poi viene la morale.
BERTOLT BRECHT

 

Non importa. Prova ancora. Sbaglia ancora. Sbaglia meglio
SAMUEL BECKETT

 

La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.
LEONARDO SCIASCIA

 

Nell'orchestra si realizza la società ideale. La partitura è la nostra costituzione, ma poi c'è bisogno dell'impegno di tutti. Il direttore deve prendersi cura dei suoi musicisti, deve conoscerli, conoscere le loro problematiche. Deve sapere se un braccio è stanco oppure se può essere spinto di più. E poi c'è il lavoro di ogni strumento fatto di ore di prove, ma soprattutto di ascolto. Non è possibile alcun miglioramento se non c'è questa capacità di ascolto dell'altro, perché se quello di fianco a me suona meglio, aiuterà me a fare altrettanto, a suonare meglio. È un circolo virtuoso.
EZIO BOSSO

 

Non penso che il mondo sia fatto di quark o di onde elettromagnetiche, di stelle o di pianeti o nient’altro del genere. Penso che il mondo sia fatto di linguaggio.

TERENCE McKENNA

 

Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.
JOSÉ SARAMAGO

 

In realtà il patibolo, quando è lì, drizzato, ha alcunché di allucinante. Si può avere una certa indifferenza a proposito della pena di morte, non pronunciarsi, dire di sì e no, fino a quando non si è visto coi propri occhi una ghigliottina; ma se avviene d’incontrarne una, la scossa è violenta e bisogna decidersi a prendere partito pro o contro di essa. Taluni, come il De Maistre, ammirano; altri, come il Beccaria, esecrano. La ghigliottina concreta la legge: si chiama vendetta, ma non è neutra e non vi permette di restar neutro. Chi la scorge freme del più misterioso dei fremiti. Tutte le questioni sociali drizzano intorno alla mannaia il loro punto interrogativo. Il patibolo è una visione; ma non è una costruzione, ma non è una macchina, ma non è un inerte meccanismo fatto di legno, di ferro e di corde. Sembra ch’esso sia una specie d’essere con non so qual cupa iniziativa; si direbbe che quella costruzione veda, che quella macchina senta, che quel meccanismo capisca, che quel legno, quel ferro e quelle corde vogliano. Nella spaventosa fantasticheria in cui la sua presenza getta l’anima, il patibolo appare terribile e sembra partecipe di quello che fa. È il complice del carnefice: divora, mangia la carne, beve il sangue. Il patibolo è una specie di mostro fabbricato dal giudice e dal falegname, uno spettro che sembra vivere d’una specie di vita spaventevole, fatta di tutta la morte che ha dato.
VICTOR HUGO

 

Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica di aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.
IGOR SIKORSKY

 

Lei come gestisce lo stress? Con l’herpes!
ALESSANDRA MALATESTA

 

Monsignor Bienvenu diceva: “A coloro che ignorano, insegnate più che potete. La società è colpevole di non dare gratuitamente l’istruzione ed è responsabile delle tenebre che produce. Se un’anima è piena d’ombra, il peccato vi si commette; ma il colpevole non è quegli che ha fatto il peccato, bensì colui che ha fatto l’ombra.”. Come si vede aveva una strana sua maniera di giudicare le cose. Io sospetto che la ricavasse dal vangelo.
VICTOR HUGO

 

È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese.
CHARLES BUKOWSKI

 

Si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare.
JEAN PAUL SARTRE

 

“La donna è donna”, questo vi ho sentito dire
E giuro che il significato io non l’ho capito mai
Perché se partorisco allora so soffrire?
È come dire che chi nasce ha un bel talento nel morire
MARINA REI

 

Gli uomini viaggiano per stupirsi degli oceani e dei monti, dei fiumi e delle stelle e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi.
AGOSTINO D’IPPONA

 

Tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere.
BERTHOLD BRECHT

 

C’è qualcosa di più importante della logica: è l’immaginazione!
ALFRED HITCHCOCK

 

Non si tratta di una semplice crisi della rappresentanza perché i partiti non sono solo strumenti per tradurre gli orientamenti e gli interessi in rappresentanze parlamentari ma anche soggetti che dovrebbero produrre analisi condivise, elaborare proposte programmatiche e strategiche e, non in ultimo, non limitarsi ad assumere come dati gli orientamenti nella società, da cui proteggersi o da assecondare, ma spostare orientamenti diffusi, modificare il senso comune.
STEFANO CICCONE

 

La televisione è la prima cultura genuinamente democratica, la prima cultura disponibile a tutti e completamente fatta da ciò che la gente vuole. La cosa più terrificante è ciò che la gente vuole.
CLIVE BARNES

 

Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno.
CHARLES BUKOWSKI

 

Questo è un altro aspetto rasserenante della natura: la sua immensa bellezza è lì per tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto.
TIZIANO TERZANI

 

Non sempre chi si ferma è perduto: alle volte è semplicemente arrivato.
ALESSANDRO BERGONZONI

 

Pensa a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice
ANNA FRANK

 

Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza
SENECA

 

La mia idea sul Natale, antica o moderna che sia, è molto semplice: amare gli altri. Pensateci un attimo, perché dobbiamo aspettare il Natale per iniziare?
BOB HOPE

 

La normalità è una strada lastricata: è comoda da percorrere ma nessun fiore vi cresce.
VINCENT VAN GOGH

 

Ciò che sfugge alla logica è quanto vi è di più prezioso in noi stessi.
ANDRÈ GIDE

 

I cosmologi sono spesso in errore, ma mai in dubbio!
LEV LANDAU

 

In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.
BERTRAND RUSSELL

 

C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.
LEONARD COHEN

 

Era stato difficile firmare, come ci chiedeva la nostra coscienza. Era difficile ritrattare la firma, come chiedeva il partito; era ancora più difficile mantenere la propria posizione, in conflitto con il proprio partito e con la propria coscienza. E infine era difficilissimo trovare la forza per spiegare al partito che non sarei tornato indietro e insieme quella per non andarsene dal partito.
SERGIO GARAVINI

 

Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto.
SENECA

 

Cambiate età ogni giorno. Siate nonne a quindici anni e fidanzate a ottanta. Ma non siate mai quello che vogliono gli altri.
BARBARA ALBERTI

 

Nessun impegno è più importante di un amico che bussa alla porta. Ricordalo quando sei di fretta, insegnalo ai tuoi figli, non lasciare che la tua vita diventi povera di tempo.
RITA LEVI MONTALCINI

 

Mi trovo su una soglia a guardare attraverso nuvole di polvere che soffia, verso dove mi dicono che c’è ancora foresta non disboscata. Ieri sono passata in macchina fra migliaia di ceppi e resti bruciacchiati di incendi dove, nel 1956, c’era la più meravigliosa foresta che io abbia mai visto, ora tutta distrutta. La gente deve mangiare. Ha bisogno di carburante per accendere il fuoco.

È il nordovest dello Zimbabwe all’inizio degli anni Ottanta, e sono venuta a trovare un amico che insegnava in una scuola di Londra. È qui per “aiutare l’Africa”, come diciamo noi. È un’anima dolce e idealista, e quello che ha trovato in questa scuola lo ha talmente scioccato che è entrato in una depressione dalla quale ha fatto fatica a riprendersi. Questa scuola è come ogni altra costruita dopo l’indipendenza. Consiste in quattro grandi stanze di mattoni una accanto all’altra, messe direttamente nella polvere, un due tre quattro, con mezza stanza a un’estremità, che è la biblioteca. In queste aule ci sono delle lavagne, ma il mio amico si tiene i gessi in tasca, perché altrimenti verrebbero rubati. Nella scuola non c’è un atlante o un mappamondo, non ci sono libri di testo né quaderni né biro… Nella biblioteca non ci sono libri del tipo che gli alunni vorrebbero leggere, ma solo tomi di università americane, difficili perfino da sollevare, rifiuti delle biblioteche bianche, gialli o titoli come Weekend a Parigi o Felicity trova l’amore.

C’è una capra che cerca di trovare sostentamento in un po’ di erba vecchia. Il preside della scuola si è intascato i fondi ed è stato sospeso. Il mio amico non ha denaro perché tutti, alunni e insegnanti, glielo chiedono in prestito quando viene pagato e probabilmente non glielo restituiranno mai. Gli allievi hanno dai sei ai ventisei anni, perché alcuni che non hanno ricevuto un’istruzione da bambini sono qui per recuperare. Alcuni allievi percorrono molte miglia a piedi ogni mattina, che piova o faccia bello, attraversando anche i fiumi. Non possono fare i compiti perché nei villaggi non c’è la luce, e non si riesce a studiare facilmente alla luce di un ciocco di legna che brucia. Le ragazze devono andare a prendere l’acqua e cucinare prima di di avviarsi a scuola, e poi quando tornano.

Mi siedo col mio amico nella sua stanza, la gente passa timidamente, e tutti supplicano per avere dei libri. “Per favore, ci mandi dei libri quando torna a Londra”, dice un uomo, “ci hanno insegnato a leggere ma non abbiamo libri”. Tutti quelli che ho incontrato, tutti, hanno supplicato di avere dei libri.

Rimasi lì per qualche giorno. La polvere soffiava. Le pompe si erano guastate e le donne dovevano andare a prendere l’acqua al fiume. Un altro insegnante idealista arrivato dall’Inghilterra si era ammalato nel vedere com’era questa cosiddetta scuola.

L’ultimo giorno hanno ucciso la capra. L’hanno tagliata a pezzetti e l’hanno cucinata in una grande pentola di latta. Era il tanto atteso banchetto di fine trimestre: capra bollita e porridge. Sono ripartita in macchina che il banchetto era ancora in corso, passando di nuovo fra le cicatrici e i monconi della foresta.

Non credo che molti degli allievi di questa scuola riceveranno dei premi.

Il giorno dopo devo tenere un discorso in una scuola a nord di Londra, un’ottima scuola. È una scuola maschile, con edifici e giardini stupendi. I ragazzi lì ricevono ogni settimana la visita di qualcuno che conoscono bene: può essere il padre di qualcuno o un parente, e non è insolito per loro ricevere la visita di una celebrità.

Mentre tengo loro il discorso, ho in mente la scuola fra le nubi di polvere nel nordovest dello Zimbabwe, e guardo le tiepide aspettative delle facce inglesi che ho davanti e cerco di dir loro che cosa ho visto nell’ultima settimana. Aule senza libri, senza libri di testo, o un atlante, o nemmeno una carta geografica appesa al muro. Una scuola in cui gli insegnanti supplicano di spedire loro dei libri perché possano imparare a insegnare, visto che loro stessi hanno diciotto o diciannove anni. “Per favore, ci mandi dei libri”. Ma nella loro mente non ci sono immagini da associare a quello che sto raccontando: quelle di una scuola che sorge fra nubi di polvere, dove c’è scarsità d’acqua, e dove il lusso di fine trimestre è una capra appena uccisa cucinata in un pentolone.

È veramente così impossibile per questi studenti privilegiati immaginare una povertà così estrema?

Faccio del mio meglio. Loro sono educati.

Sono sicura che un giorno qualcuno di loro vincerà dei premi.

Poi il discorso si conclude. Dopo chiedo agli insegnanti com’è la biblioteca, e se gli allievi leggono. In questa scuola privilegiata, mi sento dire quello che sento sempre quando vado in questo tipo di scuole e perfino nelle univeristà. “sa com’è,” dice uno degli insegnanti, “molti ragazzi non hanno mai letto un libro, e la biblioteca è usata solo parzialmente”.

Sì, è vero, sappiamo tutti com’è. Tutti noi.

Siamo in una cultura che frammenta, dove le nostre certezze anche solo di qualche decennio fa sono messe in discussione ed è comune per i giovani uomini e le giovani donne, che hanno ricevuto anni di istruzione, non sapere niente del mondo, non aver letto nulla, conoscendo solo questa o quella specializzazione, per esempio i computer.

Quello che ci è accaduto è un’invenzione affascinante: i computer e internet e la tv. È stata una rivoluzione. Non è la prima con cui la razza umana si è trovata a che fare. La rivoluzione della stampa, che non si è concretizzata nel giro di pochi decenni ma ci ha messo molto di più a svilupparsi, ci ha trasformato la mente e il modo di pensare. Da pazzi che siamo, abbiamo accettato tutto, come facciamo sempre, senza mai chiedere: “Che cosa ci succederà adesso, con questa invenzione della stampa?” Allo stesso modo, non abbiamo mai pensato di chiedere, “Come verranno cambiate le nostre vite, il nostro modo di pensare, da Internet, che ha sedotto un’intera generazione con le sue vacuità tanto che persone piuttosto ragionevoli confessano che, una volta agganciati, è difficile interrompersi, e che possono anche trovarsi ad aver passato un giorno intero a bloggare?”

Molto di recente, chiunque fosse vagamente istruito rispettava l’apprendimento, l’istruzione e la nostra grande scorta di letteratura. Naturalmente sappiamo tutti che quando ci trovavamo in questa condizione felice, la gente fingeva di leggere, e fingeva di rispettare la cultura. Ma è cosa documentata che i lavoratori e le lavoratrici avevano fame di libri, una cosa sottolineata dalla fondazione di biblioteche per lavoratori, di istituti, di università nel 18° e 19° secolo. La lettura, i libri, un tempo facevano parte di un’istruzione generale. Le persone più anziane, parlando ai giovani, devono capire quanta parte dell’istruzione fosse rappresentata dalla lettura, perché i giovani ne sanno tanto di meno.

Questa triste storia la conosciamo tutti. Ma non ne vediamo la fine. Pensiamo a un vecchio adagio, “la lettura rende l’uomo intero” – cioè che la lettura rende l’uomo e la donna pieni di informazioni, di storia, di ogni tipo di sapere.

Non molto tempo fa, un amico in Zimbabwe mi ha raccontato di un villaggio dove la gente non mangiava da tre giorni, e pure parlava ancora di libri e di come procurarseli, parlava di istruzione.

Faccio parte di un’organizzazione che è partita con l’intenzione di portare libri nei villaggi. C’era un gruppo di persone che per altri motivi avevano viaggiato in lungo e in largo per lo Zimbabwe. Mi hanno raccontato che i villaggi, a differenza di quello che si dice, sono pieni di persone intelligenti, di insegnanti in pensione, di insegnanti in licenza, di bambini in vacanza, di persone anziane. Io stessa ho finanziato una piccola ricerca per scoprire cosa voleva leggere la gente in Zimbabwe, e ho scoperto che i risultati erano gli stessi di una analoga ricerca svedese che prima non conoscevo. La gente vuole leggere lo stesso tipo di libri che vuole leggere la gente in Europa: romanzi di tutti i tipi, fantascienza, poesia, gialli, teatro e libri di fai-da-te, per esmepio su come si apre un conto in banca. E anche tutto Shakespeare. Per gli abitanti dei villaggi un problema nel trovare i libri è che non sanno cosa c’è, per cui un certo libro, per esempio Il sindaco di Casterbridge, diventa popolare solo perché si trova lì, e basta. La fattoria degli animali, per ovvie ragioni, è il più popolare di tutti i i romanzi.

La nostra organizzazione è stata aiutata fin dall’inizio dalla Norvegia, e poi dalla Svezia. Senza questo tipo di sostegno i nostri rifornimenti di libri si sarebbero esauriti. Ci siamo procurati libri ovunque potessimo. Ricordate che un buon tascabile dall’Inghilterra costa un mese di stipendio in Zimbabwe: questo era prima del regno di terrore di Mugabe. Adesso, con l’inflazione, costerebbe diversi anni di stipendio. Ma avendo portato una scatola di libri a un villaggio – e ricorda che c’è un terribile scarsità di benzina – posso dirvi che la scatola è stata accolta con le lacrime agli occhi. La biblioteca può essere un’asse appoggiata su dei mattoni sotto un albero. E nel giro di una settimana si creeranno delle classi di studio – persone che sanno leggere che insegnano a persone che non sanno leggere, lezioni fra cittadini – e in un remoto villaggio, visto che non c’erano romanzi scritti in lingua Tonga, un paio di ragazzi si sono messi a scriverne. In Zimbabwe ci sono circa sei lingue ed in tutte e sei esistono romanzi: violenti, incestuosi, pieni di crimini e di omicidi.

Si dice che un popolo abbia il governo che merita, ma io non credo che sia vero dello Zimbabwe. E dobbiamo ricordarci che questo rispetto e e questa fame per i libri viene non dal regime di Mugabe, ma da quello precedente, quello dei bianchi. È un fenomeno sconvolgente, questa fame di libri, e lo si può osservare dal Kenya giù fino al capo di Buona Speranza.

Questo si collega in modo improbabile con un fatto: io sono cresciuta in quella che era virtualmente una capanna di fango, col tetto di paglia. Quel tipo di casa la si è sempre costruita ovunque ci fossero canne o erba, fango adatto, tronchi per le pareti – per esempio nell’Inghilterra sassone. Quella in cui sono cresciuta io aveva quattro stanze, una accanto all’altra, ed era piena di libri. Non solo i miei genitori li portavano dall’Inghilterra all’Africa, ma mia madre ne ordinava per posta dall’Inghilterra per i suoi figli. I libri arrivavano in grossi pacchi di carta marrone, ed erano la gioia della mia giovane vita. Una capanna di fango, ma piena di libri.

Perfino oggi ricevo lettere di persone che vivono in un villaggio che magari non ha l’elettricità o l’acqua corrente, proprio come la nostra famiglia in quella capanna di fango oblunga. “Anchio diventerò uno scrittore,” dicono, “perché ho lo stesso tipo di casa che ha avuto lei”.

Ma qui sta la difficoltà. La scrittura, gli scrittori, non vengono fuori da case senza libri.

Ho guardato i discorsi di alcuni dei recenti vincitori del premio Nobel. Prendete il vincitore dell’anno scorso, il magnifico Orhan Pamuk. Diceva che suo padre aveva 500 libri. Il suo talento non è venuto fuori dal nulla, lui era collegato con la grande tyradizione. Prendete VS Naipaul. Egli menziona che i veda indiani erano vicini alla memoria della sua famiglia. Suo padre lo incoraggiò a leggere, e quando andava in Inghilterra andava a visitare la British Library. Prendiamo John Coetzee. Non solo è stato vicino alla grande tradizione, lui era la tradizione: insegnava letteratura a Cape Town. E quanto mi dispiace di non aver mai partecipato a una delle sue lezioni; farsi insegnare da quella mente meravigliosamente coraggiosa e sfrontata. Per poter scrivere, per poter fare lettteratura, bisogna che ci sia una stretta connessione con le biblioteche, i libri, la tradizione.

Ho un amico in Zimbabwe, uno scrittore nero. Ha imparato a leggere da solo dalle etichette dei vasetti di marmellata, le etichette sulle lattine della frutta sciroppata. È cresciuto in una zona dove sono passata in macchina, una zona per neri di campagna. La terra è fatta di sabbia e ghiaia, ci sono sparsi cespugli bassi. Le capanne sono povere, niente a che vedere con quelle ben tenute di chi è più benestante. C’era una scuola, ma come quella che vi ho descritto prima. Ha trovato un’enciclopedia per bambini gettata via in cima a una pila di spazzatura e ha imparato da solo da lì.

All’indipendenza, nel 1980 in Zimbabwe, c’era un gruppo di buoni scrittori, davvero un nido di uccelli canori. Erano cresciuti nella vecchia Rhodesia del sud, sotto i bianchi – le scuole delle missioni, le scuole migliori. Gli scrittori in Zimbabwe non si fanno facilmente, non sotto Mugabe.

Tutti gli scrittori hanno percorso una strada difficile per farsi una cultura, figuriamoci per diventare scrittori. Direi che imparare a leggere dalle etichette stampate sui barattoli di marmellata e sulle enciclopedie buttate via non era insolito. E stiamo parlando di persone che hanno fame di standard di istruzione ben al di là della loro portata, che vivono in capanne con molti figli, di madri stanchissime, che lottano per trovare cibo e vestiti.

Eppure nonostante queste difficoltà, gli scrittori sono arrivati. E dovremmo anche ricordare che questo è lo Zimbabwe, conquistato meno di cento anni fa. I nonni di queste persone potrebbero essere stati cantastorie che lavoravano all’interno della tradizione orale. In una o due generazioni si è compiuta la transizione da quelle storie ricordate e trasmesse, alla stampa, ai libri.

I libri sono stati letteralmente strappati dai cumuli di immondizia e dai detriti del mondo dell’uomo bianco. Ma un foglio di carta è una cosa, un libro pubblicato è un’altra. Perfino in posti più privilegiati come il nord Africa, parlare di una scena editoriale è un sogno di possibilità.

Eccomi qui a parlare di libri mai scritti, di scrittori che non ce l’hanno fatta perché non c’erano editori. Voci inudite. Non è possibile fare una stima di questo grande spreco di talento, di potenziale. Ma perfino prima dello stadio della creazione di un libro che richiede un editore, un anticipo, un incoraggiamento, manca qualcos’altro.

Gli scrittori chiedono spesso: “Come scrivi? Con un computer? Con una macchina da scrivere elettrica? Con un pennino? A mano?”. Ma la domanda essenziale è: “tu hai trovato uno spazio, quello spazio vuoto che dovrebbe circondarti quando scrivi? In quello spazio, che è come una forma di ascolto, di attenzione, verranno le parole, el parole che pronuceranno i tuoi personaggi, le idee – l’ispirazione.” Se uno scrittore non riesce a trovare questo spazio, allora i poemi e le storie possono restare abortiti. Quando gli scrittori parlano fra di loro, quello di cui discutono ha sempre a che fare con questo spazio dell’immaginazione, questo altro tempo. “Lo hai trovato? Te lo stai tenendo stretto?”

Adesso saltiamo a una realtà completamente diversa. Siamo a Londra, una delle grandi città. C’è un nuovo scrittore o scrittrice. Cinicamente ci informiamo: “è carina?” e se si tratta di un uomo: “è carismatico? Di bell’aspetto?” Scherziamo ma non è uno scherzo.

Questa nuova scoperta viene acclamata, magari le danno un sacco di soldi. Nelle sue povere orecchie comincia il brusio della fama. Viene festeggiata, lodata, trasportata in giro per il mondo. A noi vecchi, che abbiamo visto tutto, dispiace per questo neofita, che non ha idea di quello che sta davvero succedendo. Lui o lei è lusingato, contento. Ma chiedetegli nel giro di un anno cosa sta pensando: “è la cosa peggiore che potesse succedermi”.

Alcuni nuovi scrittori molto pubblicizzati non hanno più scritto, o non hanno scritto quello che volevano o a cui erano destinati. E noi, i vecchi, vogliamo sussurrare a quelle orecchie innocenti: “Ce l’hai ancora quello spazio? La tua anima, quel luogo tuo e necessario dove le tue voci possono parlarti, a te solo, dove puoi sognare? Oh, tientelo stretto, non lasciarlo andare.”

La mia mente è piena di splendidi ricordi dell’Africa che posso riportare in vita e guardare ogni volta che voglio. Che dire di quei tramonti, d’oro e viola e arancio, che si allargano in cielo la sera? E delle farfalle e delle falene e delle api sui cespugli aromatici del Kalahari? Oppure, seduti sulle chiare rive erbose dello Zambesi, dell’acqua scura e lucida, con tutti gli uccelli d’Africa che sfrecciano intorno? Sì, elefanti, giraffe, leoni e tutto il resto, ce n’erano molti, ma cosa dire del cielo di notte, ancora non inquinato, nero e meraviglioso, pieno di irrequiete stelle?

Ci sono anche altri ricordi. Un giovane africano, forse di diciotto anni, in piedi in quella che sperava diventasse la sua “biblioteca”. Un americano in visita, vedendo che la sua biblioteca non aveva libri, ne aveva spedita una cassa. Il giovane aveva tirato fuori ogni libro, con reverenza, e lo aveva avvolto nella plastica. “Ma”, diciamo noi, “questi libri di sicuro sono stati spediti perché venissero letti?” “No”, risponde lui, “si sporcheranno, e allora dovrei potrei procuramente degli altri?”

Ho visto un insegnante in una scuola dove non c’erano libri di testo, nemmeno un gesso per la lavagna. Insegnava alla sua classe di allievi dai sei ai diciotto anni spostando dei sassi nella polvere, cantando: “due volte due fa…” e così via. Ho visto una ragazza – che avrà avuto non più di vent’anni, anche lei senza libri di testo, senza quaderni, senza penne – insegnare l’alfabeto tracciando le lettere nella terra con un bastoncino, sotto il sole che batteva e nella polvere che volava in mulinelli.

Vorrei che vi immaginaste da qualche parte in Africa meridionale, in un negozio indiano, in una zona povera, in un periodo di forte siccità. C’è una coda di gente, soprattutto donne, con ogni tipo di contenitore per l’acqua. Questo negozio riceve una cisterna di preziosa acqua ogni pomeriggio dalla città, e qui la gente aspetta.

L’indiano se ne sta con i palmi delle mani piantati sulla cassa, e sta guardando una donna nera che si piega su un blocco di carta che sembra strappato via da un libro. Sta leggendo Anna Karenina. Legge lentamente, seguendo le parole con le labbra. Sembra un libro difficile. È una giovane donna con due bambini piccoli attaccati alle gambe. È incinta. L’indiano è a disagio, perché la sciarpa della giovane, che dovrebbe essere bianca, è gialla di polvere. Ha polvere fra i seni, sulle braccia. L’uomo è a disagio per via delle code di persone, tutte assetate, ma non ha abbastanza acqua per tutti. È arrabbiato perché sa che là fuori c’è gente che muore, oltre le nubi di polvere.

Quest’uomo è curioso. Dice alla giovane: “cosa stai leggendo?”

“Parla della Russia,” dice la ragazza.

“Sai dov’è la Russsia?” neanche lui lo sa bene.

La giovane lo guarda dritto negli occhi, piena di dignità, anche se ha gli occhi rossi per la povere. “Io ero la migliore della mia classe. Il mio insegnante diceva che ero la migliore.”

La ragazza riprende a leggere. Vuole arrivare alla fine del paragrafo.

L’indiano guarda i due bambini piccoli e fa per prendere della Fanta, ma la madre dice: “la Fanta gli fa venire sete.”

L’indiano sa che non dovrebbe farlo, ma prende un grosso contenitore di plastica che ha accanto, dietro la cassa, e versa due tazze di plastica d’acqua che porge ai bambini. Guarda la ragazza che guarda i suoi bambini bere, la bocca che si muove. Le dà una tazza d’acqua. Gli fa male vederla bere, tanto è penosamente assetata.

Adesso lei gli porge un contenitore di pastica per l’acqua e lui lo riempie. La ragazza e i bambini lo osservano attentamente perché non ne versi fuori neanche un po’.
Lei si piega di nuovo sul libro, legge lentamente ma il paragrafo la affascina e lo rilegge.

“Varenka col suo fazzoletto bianco sui capelli neri, circondata da bambini, bonariamente e allegramente occupata di loro e, lo si vedeva, agitata dalla possibilità di una spiegazione con un uomo che le piaceva, era molto attraente. Sergej Ivanovic le camminava accanto e non cessava di ammirarla. Guardandola, ricordava tutti i simpatici discorsi che aveva sentito da lei, tutto quel che sapeva di buono sul suo conto, e riconosceva sempre di più che il sentimento che provava per lei era qualcosa di particolare, da lui sperimentato tanto tanto tempo fa e soltanto una volta, nella prima giovinezza. Il senso di gioia per la vicinanza a lei, aumentando sempre, giunse al punto che, tendendole nel cestino un enorme fungo prugnolo dalle estremità accartocciate col gambo sottile, la guardò negli occhi e, notato un colorito di gioiosa e spaventata agitazione che le aveva coperto il volto, si confuse egli stesso e le sorrise in silenzio con un sorriso tale, che diceva troppo.”

Questo frammento stampato è posato sulla cassa insieme a qualche vecchia copia di rivista, qualche pagina di giornale, ragazze in bikini.

È tempo per lei di lasciare il rifugio del negozio indiano, e di rimettersi in marcia sulle quattro miglia che portano al villaggio. Fuori le code di donne rumoreggiano e si lamentano.

Lui sa quanto costerà a questa ragazza tornare a casa con i due bambini appesi addosso. Le darebbe il frammento di prosa che la affascina tanto, ma non riesce a credere davvero che questa scheggia di ragazza con il suo pancione possa davvero capirlo.

Perché un terzo di Anna Karenina si trova piantato qui su questa cassa in un remoto negozio indiano? È andata così.

Un certo altro funzionario delle Nazioni Unite aveva comprato una copia di questo romanzo in libreria quando si era messo in viaggio per attraversare diversi oceani e mari. Sull’aereo, sistemato nel suo posto in business class, ha strappato il libro in tre parti. Mentre lo faceva si è guardato intorno, verso i compagni di viaggio, sapendo che avrebbe visto sguardi scioccati, curiosi, ma anche divertiti. Quando si è sistemato con la cintura allacciata ha detto ad alta voce per chiunque potesse sentire, “lo faccio sempre quando faccio un lungo viaggio. Non si vuol certo portarsi dietro un libro grosso e pesante.” Il romanzo era un tascabile, certo, ma è un libro lungo. Quest’uomo era abituato ad essere ascoltato quando parlava. Quando gli altri hanno guardato dalla sua parte, con curiosità o meno, lui ha confidato loro: “davvero, non c’è altro modo per viaggiare”.

Quando ha raggiunto la fine di una sezione del libro, ha chiamato la hostess e l’ha rimandato alla sua segretaria, che viaggiava nei posti più economici. Questo ha provocato molto interesse, condanna, certamente curiosità, ogni volta che arrivava una sezione del grande romanzo russo, mutilata ma leggibile, nella parte posteriore dell’aereo.

Nel frattempo, giù al negozio indiano, la giovane donna si sta reggendo alla casa, i piccoli appesi alle gonne. Porta i jeans perché è una donna moderna, ma sopra ci ha messo la pesante gonna di lana, parte della veste tradizionale della sua gente: i bambini possono appendersi facilmente alle sue fitte pieghe.

La ragazza manda uno sguardo rinoscente all’indiano, sa di piacergli e sa che gli dispiace per lei, e si incammina fuori nelle nubi di polvere che soffiano. I bambini sono ormai oltre il pianto, e comunque hanno la gola piena di polvere.

È faticoso, sì, molto faticoso, questo camminare mettendo un piede dopo l’altro, attraverso la polvere che cede in collinette soffici e ingannevoli sotto i suoi piedi. Faticoso, faticoso, ma lei è abituata alle diffcoltà, no? Il suo pensiero va alla storia che stava leggendo. Sta pensando: “lei è proprio come me, con la sciarpa bianca, e anche lei bada ai bambini. Potrei essere lei, quella ragazza russa. E quell’uomo, la ama e le chiederà di sposarlo (ha letto solo quel paragrafo). Sì, e un uomo arriverà per me, e mi porterà via da tutto questo, porterà via me e i miei bambini, mi amerà e si occuperà di me.”

Pensa. La mia insegnante diceva che c’è una biblioteca lì, più grande del supermercato, un grosso edificio, e che è piena di libri. La giovane sorride mentre procede, con la polvere che le soffia sul viso. Sono brava, pensa. L’insegnante ha detto che sono brava. La più brava di tutta la scuola. I miei figli saranno bravi come me. Li porterò alla biblioteca, il posto pieno di libri, e andranno a scuola, e diventeranno insegnanti – il mio insegnante mi ha detto che potrei insegnare. Abiteranno lontano da qui, guadagneranno. Vivranno vicino alla grande biblioteca e si godranno una bella vita.

Potreste chiedervi come sia finito quel pezzo di romanzo russo sulla cassa nel negozio indiano.

Sarebbe una bella storia, forse qualcuno la racconterà.

E così procede la povera ragazza, sostenuta dai pensieri dell’acqua che darà ai suoi bambini, e che berrà un po’ anche lei. Va avanti, attraverso le temute polveri di una siccità africana.

Siamo una massa satolla e logora, noi nel nostro mondo – il nostro mondo minacciato. Siamo bravi con l’ironia e anche col cinismo. Alcune parole e alcune idee le usiamo pochissimo, tanto sono diventate consunte. Ma potremmo voler restaurare alcune parole che hanno perduto la loro potenza.

Abbiamo una casa piena di tesori di letteratura, che risale agli egizi, ai greci, ai romani. È tutta là, la messe di letteratura, da riscoprire ogni volta da capo per chiunque sia così fortunato da incontrarla. Supponiamo che non esistesse. Quanto saremmo impoveriti, vuoti.

Abbiamo un’eredità di storie, racconti dei vecchi cantastorie, alcuni che conosciamo per nome, altri no. I cantastorie risalgono alla notte di tempi, a una radura nella foresta in cui brucia un grande fuoco, e i vecchi sciamani ballano e cantano, perché il nostro patrimonio di storie ha avuto principio nel fuoco, nella magia, nel mondo degli spiriti. Ed è la che viene mantenuta oggi.
Chiedete a qualunque moderno cantastorie e vi dirà che c’è sempre un momnento in cui si sente toccato dal fuoco, da quella che ci piace chiamare ispirazione, e questo risale al principio della razza umana, al fuoco e al ghiaccio e ai grandi venti che hanno dato forma a noi e al nostro mondo.

Il cantastorie è nel profondo di ciascuno di noi. Il creatore di storie è sempre con noi. Supponiamo che il nostro mondo sia attaccato dalla guerra, dagli orrori che tutti facilmente immaginiamo. Supponiamo che le città venissero invase dalle alluvioni, che i mari salissero… ma il cantastorie ci sarà sempre, perché è la nostra immaginazione ciò che ci modella, che ci mantiene, che ci crea – nel bene e nel male. Sono le nostre storie che ci ricreano quando siamo lacerati, feriti, perfino distrutti. È il cantastorie, il creatore di sogni, il creatore di miti, che è la nostra fenice, che ci rappresenta al nostro meglio e nella nostra forma più creativa.

Quella povera ragazza che si trascina nella polvere, sognando un’educazione per i suoi bambini, pensiamo di essere migliori di lei? Noi, satolli di cibo, gli armadi pieni di vestiti, che ammuffiamo fra i nostri oggetti superflui?

Quella ragazza e le donne che parlavano di libri e di istruzione quando non mangiavano da tre giorni, io penso che saranno loro a definirci.
DORIS LESSING (Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Letteratura 2007)

 

La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.
GANDHI

 

Quando sono andato a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho risposto “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io risposi che loro non avevano capito la vita.
JOHN LENNON

 

Frank Zappa si autocandidò a presidente degli Stati uniti. Preferirono Nixon. L’umanità è masochista.
DANIELE SEPE

 

Quando ci si crede autorizzati da una qualche causa superiore al dileggio, all’insulto, alla minaccia, minaccia e dileggio prendono la mano e cancellano la causa supposta superiore. Tanto più quando la causa si leghi ad un’ideologia che nobilita odio e violenza contro un nemico. Ma anche questo non basta: perché la stessa ideologia fa da pretesto e odio e violenza sanno, cadute le ideologie, farne a meno e banchettare lo stesso.
ADRIANO SOFRI

 

Vi fu un tempo in cui facevi domande perché cercavi risposte, ed eri felice quando le ottenevi. Torna bambino: chiedi ancora.
C.S. LEWIS

 

Non è rivo­lu­zio­na­rio sbat­tere comun­que la testa con­tro il muro senza valu­tare se si rompe la testa o si sbri­ciola il muro. Pre­ser­vare la testa non è un atto di viltà, ma di intelligenza. Almeno se si intende combattere ancora e non solo costruire un monu­mento ai martiri.
LUCIANA CASTELLINA

 

La gente è strana: si infastidisce sempre per cose banali, e poi dei problemi gravi come il totale spreco della propria esistenza, sembra accorgersene a stento.
CHARLES BUKOWSKI

 

Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza.
SOCRATE

 

Abbiamo bisogno di parole autentiche, credibili, vere, nude. Perché le parole non sono mai neutrali. Sono di parte, le parole. Per taluni sono solo l’indumento servile delle idee ma al contrario le parole sono la luce dei pensieri. Sono relazione. Sono ponti, le parole. Troppo spesso la parola è umiliata a rango di merce e venduta come schiava nel mercato della discussione. Usata e usurata dall’effetto e dal calcolo. Pallone per un dribbling contro l’imbarazzo o il torto marcio. Parole umiliate e sottomesse che servono a umiliare e sottomettere. Per questo attendo il giorno in cui le parole decideranno di ribellarsi e di trasformarsi in racconto e vita. Di riprendersi la propria dignità per accettare sì l’impegno del servizio, ma solo della verità. Il giorno in cui saranno le parole a guidare i pensieri oltre ogni diplomazia e dialettica, spoglie da camuffamenti, libere dalla finzione, si trasformeranno in mattoni da costruzione e non accetteranno più d’essere pietre scagliate dalla fionda della malevolenza. Né d’essere melliflue ed esili per nascondere come carta velina l’astio e l’ostilità, l’invidia o l’inimicizia. Parole nude, parole di parte, gravide di vita.
DON TONIO DELL’OLIO

 

Il problema è che le persone intelligenti sono piene di dubbi, mentre le persone stupide sono piene di sicurezze.
CHARLES BUKOWSKI

 

Noi pretendiamo che la vita debba avere un senso: ma la vita ha precisamente il senso che noi stessi siamo disposti ad attribuirle.
HERMANN HESSE

 

A volte la giustezza del principio conferisce correttezza formale alla più pura imbecillità…..
GIULIANO MANGILI

 

Non muoio perché non ho il tempo per farlo.
GIOVANNA BITTO

 

Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire.
ALDA MERINI

 

Ho imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare.
NORBERTO BOBBIO

 

Le scelte prima si fanno e poi ti fanno.
ROSSANA ROSSANDA

 

Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere.
JOSÉ SARAMAGO

 

Una società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo.
ZYGMUNT BAUMAN

 

La violenza è semplice, ma le alternative ad essa sono complesse. La violenza inoltre è il problema di cui ritiene di essere la soluzione.
FRIEDRICH HACKER

 

La vendetta è una specie di giustizia primitiva alla quale, quanto più la natura umana ricorre, tanto più la legge dovrebbe mettere fine.
FRANCIS BACON

 

Questa borghesia è illuminata finché qualcun altro paga la bolletta della luce.
VALENTINO PARLATO

 

Fare della competizione politica ed elettorale non principalmente un momento di affermazione di identità, quasi di professione di fede, ma piuttosto vedervi un’impresa politica, con obiettivi precisi in tempi definiti.
ALEX LANGER

 

La democrazia vive se c’è un buon livello di cultura diffusa. Se questo non c’è, le istituzioni democratiche sono forme vuote.
TULLIO DE MAURO

 

Ho provato e ho fallito; non importa, riproverò. Fallirò meglio.
SAMUEL BECKETT

 

Nella vita saremo quasi sempre perdenti; l’importante è non essere perduti.
PADRE DAVID MARIA TUROLDO (citato da Rosario Livatino)

 

Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz.
GEORG STEINER

 

Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso.
ANNE HERBERT

 

Mare nostro
Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola e del mondo,
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale, accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature, 
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli,
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva e di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati più di
qualunque età delle tempeste.
Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite,
le visite cadute come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire
ERRI DE LUCA

 

Vostra Maestà,

Illustri membri del Comitato Nobel norvegese,

Miei colleghi attivisti, qui e in tutto il mondo,

Signore e signori,

È un grande privilegio accettare questo premio, insieme a Beatrice, a nome di tutte le persone straordinarie che formano il movimento ICAN. Ognuno di voi mi dà la grandissima speranza che possiamo – e lo faremo – porre fine all’era delle armi nucleari.

Parlo come membro della famiglia degli hibakusha – quelli di noi che, per una miracolosa casualità, sono sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Da oltre settant’anni lavoriamo per la totale abolizione delle armi nucleari.

Ci siamo alzati solidalmente con coloro che sono stati danneggiati dalla produzione e dalla sperimentazione di queste orribili armi in tutto il mondo. Persone provenienti da luoghi con nomi a lungo dimenticati, come Moruroa, Ekker, Semipalatinsk, Maralinga, Bikini. Persone le cui terre e i cui mari sono stati irradiati, i cui corpi sono stati usati per esperimenti, le cui culture sono state per sempre sconvolte.

Non ci siamo accontentati di essere vittime. Ci siamo rifiutati di aspettare un’istantanea fine ardente o il lento avvelenamento del nostro mondo. Ci siamo rifiutati di sederci pigramente nel terrore perché le cosiddette grandi potenze ci hanno portato al passato crepuscolo nucleare e sconsideratamente vicini alla mezzanotte nucleare. Ci siamo alzati. Abbiamo condiviso le nostre storie di sopravvissuti. Abbiamo detto: l’umanità e le armi nucleari non possono coesistere.

Oggi, voglio che voi sentiate in questa sala la presenza di tutti coloro che sono morti a Hiroshima e a Nagasaki. Voglio che voi sentiate, sopra e attorno a noi, una grande nuvola di un quarto di milione di anime. Ogni persona aveva un nome. Ogni persona era amata da qualcuno. Facciamo in modo che la loro morte non sia stata vana.

Avevo solo 13 anni quando gli Stati Uniti hanno lanciato la prima bomba atomica sulla mia città, Hiroshima. Ricordo ancora vividamente quella mattina. Alle 8:15 ho visto un accecante flash bianco-bluastro dalla finestra. Ricordo di avere avuto la sensazione di galleggiare nell’aria.

Mentre riacquistavo coscienza nel silenzio e nelle tenebre, mi sono ritrovata immobilizzata dalle macerie dell’edificio crollato. Ho cominciato a sentire le deboli grida dei miei compagni di classe: “mamma, aiutami. Dio, aiutami”.

Poi, improvvisamente, ho sentito delle mani toccarmi la spalla sinistra, e un uomo dire: “Non arrenderti! Continua a spingere! Sto cercando di liberarti. Vedi la luce che passa attraverso quell’apertura? Muoviti in quella direzione il più velocemente possibile”. Appena sono strisciata fuori, le rovine hanno preso fuoco. La maggior parte dei miei compagni di classe sono morti bruciati vivi in quell’edificio. Ho visto tutto intorno a me una devastazione assoluta, inimmaginabile.

Processioni di figure spettrali che si trascinavano. Persone grottescamente ferite, sanguinanti, bruciate, annerite e gonfie. Pezzi dei loro corpi erano mancanti. Carne e pelle penzolavano dalle loro ossa. Alcuni avevano in mano i propri bulbi oculari. Qualcuno con il ventre esploso, aperto, con gli intestini che fuoriuscivano. Il disgustoso puzzo di carne umana bruciata riempiva l’aria.

Così, con una bomba la mia amata città è stata cancellata. La maggior parte dei suoi abitanti erano civili che sono stati inceneriti, vaporizzati, carbonizzati – tra questi, membri della mia famiglia e 351 miei compagni di scuola.

Nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi molte altre migliaia di persone sarebbero morte, spesso in modi arbitrari e misteriosi, a causa degli effetti a posteriori delle radiazioni. Ancora oggi le radiazioni uccidono i sopravvissuti.

Ogni volta che ricordo Hiroshima, la prima immagine che mi viene in mente è quella del mio nipotino di quattro anni, Eiji – il suo piccolo corpo trasformato in un irriconoscibile pezzo di carne fusa. Ha continuato a chiedere acqua con un filo di voce finchè la morte non lo ha liberato dall’agonia.

Per me, è diventato la rappresentazione di tutti i bambini innocenti del mondo, minacciati come sono, proprio in questo momento, dalle armi nucleari. Ogni secondo di ogni giorno, le armi nucleari mettono in pericolo tutti coloro che amiamo e tutto ciò che ci sta a cuore. Non dobbiamo più continuare a tollerare questa follia.

Attraverso la nostra agonia e alla lotta per la pura sopravvivenza – e per ricostruire la nostra vita dalle ceneri – noi hibakusha ci siamo convinti di dover mettere in guardia il mondo da queste armi apocalittiche. Ancora e ancora, abbiamo condiviso le nostre testimonianze.

Ma alcuni tuttavia rifiutavano di vedere Hiroshima e Nagasaki come delle atrocità – come crimini di guerra. Hanno accettato la propaganda secondo cui si trattava di “bombe buone” che avevano posto fine a una “guerra giusta”. È stato questo mito che ha portato alla disastrosa corsa agli armamenti nucleari, una corsa che continua ancora oggi.

Nove nazioni minacciano ancora di incenerire intere città, di distruggere la vita sulla terra, di rendere il nostro bel mondo inabitabile per le generazioni future. Lo sviluppo delle armi nucleari non significa l’elevazione di un paese alla grandezza, ma la sua discesa alle profondità più oscure della depravazione. Queste armi non sono un male necessario; sono il male ultimo.

Il sette luglio di quest’anno sono stata travolta dalla gioia, quando la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo ha votato a favore dell’adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Dopo essere stata testimone del peggio dell’umanità, quel giorno sono stata tesimone del suo meglio. Noi hibakusha abbiamo aspettato il bando per settantadue anni. Che questo sia l’inizio della fine delle armi nucleari.

Ogni leader responsabile firmerà questo trattato. E la storia giudicherà duramente coloro che lo respingeranno. Le loro astratte teorie non devono più mascherare la realtà genocida delle loro pratiche. Il “deterrente” non deve più essere considerato altro che un deterrente al disarmo. Non vivremo più sotto una nuvola di paura a forma di fungo.

Ai funzionari delle nazioni dotate di armi nucleari – e ai loro complici sotto il cosiddetto “ombrello nucleare” – dico questo: ascoltate la nostra testimonianza. Date retta al nostro avvertimento. E sappiate che le vostre azioni sono importanti. Ognuno di voi è parte integrante di un sistema di violenza che mette in pericolo il genere umano. Facciamo in modo di stare tutti all’erta sulla banalità del male.

A ogni presidente e primo ministro di ogni nazione del mondo, vi imploro: aderite a questo trattato; eliminate per sempre la minaccia dell’annientamento nucleare.

Quando ero una ragazzina di 13 anni, intrappolata nelle macerie, ho continuato a spingere. Ho continuato a muovermi verso la luce. E sono sopravvissuta. Ora la nostra luce è il trattato di divieto. A tutti in questa sala e a tutti quelli che nel mondo stanno ascoltando, ripeto quelle parole che ho sentito rivolgermi nelle rovine di Hiroshima: “Non mollate! Continuare a spingere! Vedete la luce? Muovetevi verso di essa”.

Stasera, mentre marciamo per le strade di Oslo con le torce accese, seguiamoci l’un l’altro fuori dalla notte buia del terrore nucleare. Non importa quali ostacoli dobbiamo affrontare, continueremo a muoverci e continueremo a spingere e a condividere questa luce con altri. Questa è la nostra passione e il nostro impegno affinché il nostro prezioso unico mondo sopravviva.

SETSUKO THURLOW (discorso per il ritiro del Premio Nobel per la Pace 2017 asswgnato ad ICAN – Traduzione dall’inglese di Matilde Mirabella)

 

Spero sempre di lavorare non solo per me.
VINCENT VAN GOGH

 

Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza.
STEPHEN HAWKING

 

La storia è maestra, ma gli uomini sono cattivi allievi.
ANTONIO GRAMSCI

 

Gli strumenti musicali sono armi di costruzione di massa.
CESC GELABERT

 

A furia di lasciare le cose a metà, finiremo per
VOX POPULI riportata da NICOLA BOTTA

 

Detto nr il numero di revisioni del testo, l la lunghezza del testo ed ne il numero di errori, per l sufficientemente grande, il limite di ne per nr che tende all’infinito è un numero finito maggiore di zero il cui valore è funzione di l.
PRINCIPIO DI POLI REITANO

 

La musica ci insegna la cosa più importante: ad ascoltare, ad ascoltarci; un grande musicista non è chi suona più forte, ma chi ascolta più degli altri. Così i problemi diventano opportunità.
EZIO BOSSO

 

La vigliaccheria chiede: è sicuro? L’opportunità chiede: è conveniente? La vanagloria: è popolare? Ma la coscienza chiede: è giusto? Prima o poi bisogna prendere una posizione che non è né sicura,  né conveniente o popolare; ma bisogna prenderla, perché è giusta.
MARTIN LUTHER KING

 

Restiamo umani.
VITTORIO ARRIGONI

 

La fisica senza filosofia sarebbe pura e facile ingegneria.
ALBERT EINSTEIN (Cit. da pag. 198 de “L’incredibile cena dei fisici quantistici” di Gabriella Greison)

 

Il fascismo non è solo una dottrina o un partito, una camicia nera o un saluto romano. Il fascismo è un modo di vivere, un modo di concepire l’esistenza che è sempre in agguato, dentro e fuori di noi. È un modo di vivere nel quale ci si piega a falsi servilismi per amore di quieto vivere e di carriera. È una mentalità nella quale teniamo più all’apparenza che all’essere.
MONSIGNOR GIOVANNI BARBARESCHI

 

Si sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona. [...] Amo piangere commuovendomi per emozioni forti, sia belle sia brutte ma soprattutto amo reagire alle avversità. Amo stringere i denti ed essere una testa più dura della durezza della vita. Amo con profonda gratitudine l’aver avuto l’opportunità di vivere.
SILVIA ROMANO

 

Nessuna persona torturata, nessuna, rimane senza macchia, lo so perfettamente e non chiedermi perché. Non potrai mai più parlare di innocenza, al massimo di sopravvivenza.
IMRE KERTESZ

 

È la bellezza di un gesto, non la vittoria, a cambiarci la vita.
MAURO BERRUTO (CT ItalVolley 2010-2015)

 

Quando si sceglie il male minore non bisogna mai dimenticare che si sta scegliendo comunque il male.
HANNAH ARENDT

 

Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore.
DESMOND TUTU

 

Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro e, se possibile, dire qualche parola ragionevole.
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE

 

Volevo cambiare il mondo e non l’ho cambiato, ma il mondo non ha cambiato me.
GIANFRANCO BARGAGLI

 

Si dice che “partire è un po’ morire” ma ancor di più lo è arrivare al luogo di destinazione.
FOSCO MARAINI

 

La natura è prima dell’uomo, ma l’uomo è prima della scienza (legge) naturale.
CARL FRIEDRICH VON WEIZSÄCKER (GIUSEPPE GUERNICA REITANO)

 

Si un hombre nunca se contradice, sera porque nunca dice nada.
MIGUEL DE UNAMUNO

 

E alla fine, molta gente ci ha sostenuto in questi anni, una ventina d’anni, e devo essere molto grato a queste persone, quelle che – anonime – decidono nel grembo del popolo. In politica non esiste la successione, ci sono le cause: uomini e donne passiamo. Alcune cause resistono e si trasformano perché l’unica cosa certa che resta è il cambiamento. La biologia influisce sul cambiamento però allo stesso modo deve esistere la predisposizione al cambiamento per dare opportunità alle nuove generazioni, aiutare a costruire il futuro dal momento che la vita se ne va e le cause restano.
Mi è successo di tutto nella vita. Sono rimasto per sei mesi con le mani legate con un filo di ferro dietro la schiena. Non riuscire più a trattenerla e quindi defecare in un camion nel quale ero rinchiuso da due o tre giorni. Restare due anni senza che mi permettessero di lavarmi, riuscire a lavarmi con una tazza d’acqua e un panno. Mi è successo di tutto. Però non odio nessuno. E vi chiedo di trasmettere ai giovani di dire sempre grazie alla vita, perché avere successo nella vita non è vincere ma alzarsi in piedi e riprendere dopo ogni caduta.
Grazie, molte grazie
JOSÉ “PEPE” MUJICA (Discorso d’addio al Senato, Montevideo, 20.10.2020)

 

Ora il senso dell’identità si fonda sull’odio, sull’odio per chi non è identico. Il nemico è l’amico dei popoli.
Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria.
UMBERTO ECO

 

Non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale.
PROGETTO ZEBRA / MATTIA R.

 

Voglio inventare la sedia a dondolo elettrica che culli il condannato solo fino al sonno, con grazia. Voglio che la giustizia non giustizi mai più.
ALESSANDRO BERGONZONI

 

Volevo dirvi che la sofferenza è grande, eppure mi capita spesso, la sera, quando il giorno ormai trascorso si è inabissato dietro di me, di costeggiare con passo leggero le recinzioni, e sentire salire dal mio cuore – non ci posso fare niente, è così, nasce da una forza elementare – lo stesso incanto: la vita è una cosa meravigliosa e grande. Dopo la guerra dovremo costruire un mondo interamente nuovo e, a ogni misfatto, a ogni nuova crudeltà, dovremo opporre un supplemento d’amore e di bontà da conquistare in noi stessi. Abbiamo il diritto di soffrire, ma non di soccombere alla sofferenza. E se sopravviviamo a quest’epoca, indenni nel corpo e nello spirito, soprattutto nello spirito, senza amarezza, senza odio, anche noi avremo una parola da dire dopo la guerra. Forse sono una donna ambiziosa: mi piacerebbe avere una piccola parola da dire.
ETTY HILLESUM (Campo di Westerbork, 3 luglio 1943)

 

Sire, in matematica non esistono scorciatoie, nemmeno per i sovrani.
ARCHIMEDE (al tiranno Gerone di Siracusa) O EUCLIDE (al Faraone Tolomeo di Alessandria)

 

Quando si chiude una porta, la si può aprire di nuovo; perché è così che di solito funzionano le porte.
ALBERT EINSTEIN

 

Non è possibile conoscere il passato, ma solo il suo racconto.
ENRIQUE de HÉRIZ

 

Tu mi suicidi, così docilmente.
Eppure ti morirò un giorno.
Io conosceremo questa donna ideale
E lentamente nevicherò sulla sua bocca.
E forse pioverò anche se faccio tardi, anche se volgo al sereno.
Noi amate così poco i nostri occhi
E crollerò questa lacrima senza
Ragione ben inteso e senza tristezza.
Senza.
ROBERT DESNOS

 

Fermezza e forza sono discepole della morte; indecisione e debolezza sono discepole della vita.
LAO TZU

 

Riconoscete la differenza e raggiungerete l’unità.
RABINDRANATH TAGORE

 

Cos’è mai la pace, chi l’ha mai vista la pace? Dal vivo intendo, non nei discorsi, non nelle visioni, non nei documenti.
Starsene in pace, conoscete qualcuno che sa dirmi senza arrossire che se ne sta in santa pace? Senza aberrare, senza traviare, senza pervertire quella santa parola. Pace. Vorrei avere il tempo per fare una grande ricerca negli archivi dell’universale storia umana, ma sarebbe solo constatare quello che già so per certo, che pace è la parola preferita di chi intende guerra, dissidio, rovina, sulla bocca e sulle carte dei generali, dei presidenti, dei dittatori, dei fomentatori, degli armieri. Io non sono in pace, non sto in pace e non trovo pace, e per questo non mi do mai pace. Ed evito di pronunciare la parola, si conta in decenni l’ultima volta che mi è uscita di bocca. Ho conosciuto un prete al tempo della guerra di Kossovo, guerra di pace, che mi ha confessato di non sentirsela più di concludere la messa con il rituale “andate in pace” perché non vedeva in che modo potessero farlo, preferiva implorarli con “andate a cercare la pace”. C’è forse tra loro qualcuno che l’ha trovata? La pace è legame, la sua remota radice è nel sanscrito pak, che è corda e stringimento, quindi unire e quindi pattuire; i latini tenevano pax nella famiglia di pangere, piantare. E sì, la pace dovrebbe essere questo, unire e piantare, seminare assieme. Stringere pace tra noi e stringerla tra me e me, come mettere a dimora una pianta che cresce, che cresce, che cresce e dura più di me, più di noi. Ed è ancora un discorso, una visione.
MAURIZIO MAGGIANI

 

Se le elezioni cambiassero davvero qualcosa, sarebbero bandite.
KURT TUCHOLSKY

 

L’ambientalismo senza anticapitalismo è solo giardinaggio.
GRAFFITO URBANO (Roma Via Ostiense Ex Mercati Generali)

In tempi di distruzione della democrazia, le elezioni sono un metro del tutto sbagliato per 

misurare i rapporti di forza.
IGNAZIO SILONE

 

La dottrina cristiana dichiara peccato originale l’atto di Eva e poi di Adamo di attingere al frutto della conoscenza di bene e di male, malgrado il divieto divino.
Da lettore ho l’impressione opposta, che non di peccato si tratta, ma di virtù originale.
Compiuta la trasgressione si manifestano due effetti immediati: occhi spalancati, dunque un’espansione della percezione e l’inaudita scoperta di essere nudi, sconosciuta a ogni specie animale. Da lettore leggo in questi fenomeni un affrancamento dalla natura stessa.
Il recinto del giardino di nome Eden è improvvisamente scaduto, non può più contenere la coppia modificata dalla conoscenza.
La definizione di paradiso terrestre, sconosciuta al testo che si limita a giardino Eden, è uno stadio iniziale dell’evoluzione.
Conoscere, distinguere, sperimentare bene e male (senza articoli davanti, esclusi dall’originale) è passaggio obbligato della specie umana, rinnovato in ogni generazione.
Senza il gesto di Eva si dovrebbe immaginare l’indefinita prolunga dentro un giardino d’infanzia.
La narrazione affida alla donna la forzatura del divieto. Lei sa di rischiare la vita, perché tale è la conseguenza minacciata. Eppure forza il limite e s’inoltra nell’ignoto delle conseguenze, spalancando così la via della coscienza.
Spetta alla figura femminile inaugurare la storia della libertà, la cui conquista richiede un atto di disobbedienza, rischiosa virtù originale della specie umana.
ERRI DE LUCA (Virtù originale 26/10/2021 dal Blog dell’autore)

 

Che niente di ciò che si fa nella vita si distrugge, ogni atto di senso, lascia un segno.
VANJA PASSERINI

 

Quando il bestiame entra a palazzo, non diventa re: il palazzo diventa un fienile.

Proverbio turco citato da SEDEF KABAS (citazione che le è valso l'arresto per oltraggio a Erdogan)

 

Non sai bene se la vita è viaggio,

se è sogno, se è attesa, se è un piano

che si svolge giorno

dopo giorno e non te ne accorgi

se non guardando all’indietro.

Non sai se ha senso.

In certi momenti il senso non conta.

Contano i legami.

JORGE LUIS BORGES

 

"Papà chi resta quando avremo ucciso tutti i nostri nemici?" Risposta: "Gli assassini".
DIALOGO TRA ELENA OSIPOVA E SUO PADRE

 

"Io sono questo/Io non sono quello, però..." Non esiste però, o si è o non si è; quanto possono essere misere una morale o un'idea che si fermano davanti a una parola così piccina?

GIUSEPPE GUERNICA REITANO

 

Nato colpevole, diventato colpevole, diventato innocente.

CARMELO MUSUMECI

 

Solo andata

Siamo gli innumerevoli, raddoppia ogni casella di scacchiera

lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra.

Non potete contarci, se contati aumentiamo

figli dell’orizzonte che ci rovescia a sacco.

Nessuna polizia può farci prepotenza

più di quanto già siamo stati offesi.

Faremo i servi, i figli che non fate,

le nostre vite saranno i vostri libri di avventura.

Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,

l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

Da qualunque distanza arriveremo a milioni di passi

noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso.

Spaliamo neve, pettiniamo prati,

battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro e l’insulto,

Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo

noi siamo il rosso e il nero della terra,

Un oltremare di sandali sfondati,

il polline e la polvere nel vento di stasera.

Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: “Non vi sbarazzerete di me.

Va bene, muoio,

ma in tre giorni resuscito e ritorno”.

ERRI DE LUCA

 

Di fronte alla strage di vite e di sogni, le lacrime hanno lo stesso sapore salato dell'acqua del mare. E non ho pensiero se non per le donne mancate il cui respiro è stato strozzato in fondo al mare come una rosa strappata alle sue radici. Sono bambine che si fidavano del mondo, di un padre, una madre, una barca, un destino per emergere appena con la bocca dalla disperazione. Bambine che non hanno avuto il tempo di conoscere i giochi nel quartiere e tantomeno di sognare gli amori sognati. Donne di domani seminate nel mare da due fanatismi solo apparentemente opposti. Quello d'origine e quello di approdo. Uno che schiaccia e l'altro che respinge. E le lacrime di una madre nascoste nel burqa si sentono senza vedersi e hanno il sapore salato del mare. E del male. E dell'amore. Trafiggono l'anima. Per questo bisogna partire e fidarsi. Ma chi l'ha detto che i semi nel mare non germogliano?

TONIO DELL'OLIO

 

La memoria è un presente che non finisce.

OCTAVIO PAZ

 

Chiunque combatta i mostri, dovrebbe stare attento nel farlo a non diventare egli stesso un mostro.
FRIEDERICH NIETZCHE

 

Io ho vissuto silenzi di tutti i tipi, ne ho intere collezioni. e ho imparato a starci dentro. L'uomo di oggi invece ne è spaventato, ha paura dell'imbarazzo che avverte nel silenzio. E questo perché qualcuno gli ha messo in testa il mito della superiorità della forza. Ma è una menzogna: viviamo  in un creato che ci dimostra quanto siamo piccoli. La nostra potenza non è nella forza, nel tentativo costante di affermare noi stessi. C'è una potenza che nasce dalla fragilità, nel non avere sempre le parole. Da quell'imbarazzo che avvertiamo davanti a noi stessi. Perché ci obbliga a trascendere, ad andare oltre. A stabilire nuove connessioni.

EZIO BOSSO

 

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito (e il furbo, il dito, te lo mette...)
PROVERBIO (GIUSEPPE GUERNICA REITANO)

 

Forse un mondo onesto non esisterà mai. Ma chi ci impedisce di sognare? Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.

RITA ATRIA

 

È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s'illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.

SOCRATE

 

Fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza

ULISSE (DANTE ALIGHIERI)

 

La pratica della violenza, come ogni azione, cambia il mondo. Ma il cambiamento più probabile è verso un mondo più violento.

HANNAH ARENDT ("Sulla violenza")

 

Il giovane aviatore su in cielo non è guidato solo dalle voci degli altoparlanti e dei politici; è guidato da voci che ha dentro di sé, istinti incoraggiati e nutriti dall’educazione e dalla tradizione. Dobbiamo aiutare i giovani uomini inglesi a strapparsi dal cuore l’amore delle medaglie e delle decorazioni. Dobbiamo creare attività più onorevoli per chi cerca di dominare in sé stesso l’istinto al combattimento, l’inconscio hitlerismo. […] Dobbiamo fare felicità. Dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigione, all’aperto.

VIRGINIA WOLF (scritto sotto un bombardamento nazista)

 

Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione, e la competizione è l'inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione e per offrirci l'un l'altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace.

MARIA MONTESSORI

 

Il sangue non è indio, polinesiano o inglese. Nessuno ha mai visto sangue ebreo, sangue cristiano, sangue musulmano, sangue buddista. Il sangue non è ricco, povero o benestante. Il sangue è rosso. Disumano è chi lo versa, non chi lo porta.

NDJOCK NGANA

 

È inutile voler cambiare il mondo, serve invece cambiare dentro di sé ciò che si vuole vedere cambiare nel mondo: vuoi la pace? Falla dove sei, nella riunione di condominio. Fare la pace è fare qualcosa che rende integro un pezzetto di mondo, fare la guerra è disintegrarlo.

ALESSANDRO D'AVENIA


[...] chi ha sparato non è un mostro. Oh, come vorremmo che fosse un mostro, per poter scaricare unicamente sul parossismo della sua barbarie le responsabilità di questo assassinio! Ma chi ha sparato non è un mostro, e neppure un pazzo e forse neppure un criminale nel senso classico del termine. 'Non è un mostro. È un nostro!' Un nostro concittadino, che, come ultima miccia, ha dato fuoco alle polveri di cui, almeno un granello, ce lo portiamo tutti nell'anima.

DON TONINO BELLO


Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.

Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.

Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana).

Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley).

Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina).

Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette).

Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucia).

Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l'alcool nel sangue.

Ti diranno che era giusto, che ero da sola.

Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.

Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.

Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.

Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.

Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.

Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.

Ma, per carità, non legare mia sorella.

Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.

Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.

Sono loro, saranno sempre loro.

Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.

Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.

Combatti perché possano urlare più forte di me.

Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.

Mamma, non piangere le mie ceneri.

Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.

Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.

CRISTINA TORRES CACERES


Rivoltati ora, non nella tomba.

GRAFFITO METROPOLITANO

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,

non dimenticare le briciole per il piccione.

Mentre litighi e fai la tua guerra, pensa agli altri,

non dimenticare chi chiede la pace sulla terra.

Mentre consumi l'acqua senza regole, pensa agli altri,

a chi per bere munge le nuvole.

Mentre torni a casa, la casa che ti attende, pensa agli altri,

non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi e conti gli astri, pensa agli altri,

a chi non ha un posto per riposarsi.

Mentre ti esprimi con belle parole, pensa agli altri,

a chi ha perso il diritto di parlare.

Mentre pensi agli altri, a chi è lontano, pensa e te stesso

e dì: magari fossi una candela nel buio.

MAHMUD DARWISH


Non c'è bisogno di una religione che ti dica cosa sia giusto o cosa sbagliato fare. Se non sai distinguere il bene dal male non è la religione che ti manca, ma la coscienza.
MARGHERITA HACK


Dio mi sta bene, e anche la patria e la famiglia; ma il trilogismo Dio-Patria-Famiglia non mi sta più bene.

Dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue.

Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico.

ADRIANA ZARRI

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